Era
sempre chiuso nel suo ufficio, lo sguardo severo, non mai
accennato ad un sorriso, salvo le poche volte in cui un
aumento sensibile delle quotazioni di borsa gli davano la
netta percezione di un aumento percentuale del suo
patrimonio.
Conosceva bene il suo mestiere: sapeva dare a tutti qualcosa
da risolvere. Il suo autografo era pertanto ambitissimo e si
poteva rinvenire in calce, con un largo svolazzo iniziale,
sui foglietti di autorizzazione delle ferie. Sembrava sempre
arrabbiato col suo prossimo e diceva sempre poche parole,
per cui era debilitante andargli a chiedere qualcosa: un
permesso, per esempio, un rico-noscimento, il che voleva di
solito dire un avanzamento per merito o per anzianità.
Gli avanzamenti significavano quei passaggi di qualifica per
cui uno che non è predestinato arranca nel giro di lunghi
lustri per alcuni piccoli riconoscimenti che talvolta sente
il diritto di avere e che basterebbero a calmare l’innato
desiderio di una se pur minima distinzione. In questi casi
molto può fare il Direttore della Filiale.
Quando gli fu presentata un giorno tale richiesta motivata,
stette a lungo a fissare in silenzio l’ingrato, forse
rivedendo nella sua mente anni ed anni di monotona vita
bancaria.
Aprì poi una Bibbia scritta in antichi caratteri, con la
fettuccia rossa che sporgeva per essere tirata alla pagina
giusta, Bibbia che faceva bella mostra di sè sul tavolo
direzionale impressionando non poco con la sua serietà i
visitatori d’ogni ceto.
Tirò dunque la fettuccina e lesse quel brano
dell'Ecclesiastico che conosceva a memoria: « Sta scritto:
ogni cosa ha il suo tempo e c’è il momento adatto per ogni
cosa sotto il Cielo... » E così l’interlocutore capiva
l’antifona, capiva che il tutto, cerimonia compresa,
significava che già altri avevano avuto occasione di
meditare sul Vecchio Testamento in cui ogni frase è
fatidica, ogni indicazione parola divina che deve essere
tradotta nella realtà della vita.
Cosa facesse in Ufficio lo sapevano tutti: lavorava. Le
pratiche che arrivavano sul suo tavolo erano diligentemente
e meticolosamente setacciate ed ogni piccola discrepanza era
posta in rilievo, ogni errore della macchina da scrivere
segnato con piccoli puntini rossi, fatti con quella penna a
sfera dal cappuccio d’oro che gli era stata regalata anni
prima quand’era divenuto Funzionario con la fatidica frase:
« Ora può firmare per conto della Banca stessa ». Ma era
passato così tanto tempo che quella frase, e chi può
ricordare tutto? se l’era dimenticata. La pratica, che
risultava sempre piena di correzioni da apporre veniva
rinviata al mittente della Segreteria per le debite
correzioni, dopo di che la « facesse firmare da un
funzionario e spedire pure... »
Usciva di solito dall’Ufficio all’ora di chiusura della
Banca e si piazzava in salone per vedere chi se ne andava a
casa con la massima puntualità, ricevendo il loro saluto con
lo sguardo incagnato ed un mugolio conforme, senza fare
osservazioni, senza dire una parola, ma dando l’impressione
di tutto vedere, di tutto osser-vare, la dedizione,
l’interessamento, l’attaccamento.
Forse viveva ancora troppo del suo buon tempo antico. Quando
l’impiegatuccio pivellino si lasciò crescere i basettoni
disdegnando altresì la tradizionale cravatta sulla inamidata
camicia bianca, ne rimase letteralmente esterrefatto. Era
già sua con-vinzione che nessuno lavorasse, quella era
un’aperta sfida alla tradizionale compostezza dell’impiegato
bancario, fatto in serie, manichino modello, segno di una
potenza, di austerità, di serietà a tutta prova. Era un
impero che vacillava, era la contestazione che tentava di
travolgere la saggezza antica, le tradizioni del Vecchio
Testamento, la inappuntabilità della notoria grande
famiglia...
Tutte cose che gli si
leggevano in volto tanto che un arguto cliente si era
azzardato a dirgli: « Eh, si! Lei direttore è uomo di grande
e lunga esperienza: forse ricorda ancora i tempi in cui i
giovani avevan voglia di lavorare...!! »
« È vero » — ribatteva di solito — e poi con aria di una
tristezza sconfinata mormorava: « Sperano sempre e solo
nella fortuna: un po’ più di volontà, un po’ più
d’entusiasmo, un po’ più di lavoro: questa sì è la fortuna!!
»
Ed era una frase che faceva sempre colpo, che lasciava
am-mirati, che rispecchiavano un intimo convincimento.
In Banca comunque era un po’ un’ossessione, era un ceppo che
pesava per la sua sola presenza fisica, per quel suo
silenzio impenetrabile con cui esaminava le cose e le
persone e che potevi sempre interpretare nel modo più
diverso, ma quasi sempre come osservazione o
disapprovazione.
Oppure sarà stata, e per un laico religiosamente colto era
una grande probabilità, la conoscenza e l’applicazione
integrale della nota frase della ‘imitazione’: « Ti pentirai
di parlare ma non mai di tacere » — specialmente in
occasione di qualsivoglia richiesta.
Aveva una vita sua? v’era da dubitarne. Aveva altri
interessi fuori dall'Ufficio? V’era da dubitarne. E come
sudava il Segretario quando stava scrivendo una lettera e
lui si piazzava dietro a seguire parola per parola le
battute della macchina da scrivere con le dita che
stentavano ora a trovare gli usati tasti...
In sostanza il Commesso di Direzione poteva sempre dire,
come diceva: « La cosa che mi infastidisce di più di due
mesi senza il Direttore è... due giorni con il Direttore!! »
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