Francesco era dotato di una tempra notevole: aveva affrontato e superato quattro anni di esodo, era sfuggito agli insidiosi dardi della Riforma Fornero, era stato dichiarato “salvaguardato”, aveva raggiunto l’agognata pensione e i sei mesi di “vuoto reddituale” (quando non becchi né pensione né assegno di solidarietà) erano stati, seppure tardivamente e senza ratei di tredicesima, colmati.
Insomma era un vero pentatleta dal piglio e dal nerbo d’acciaio, forgiato
dalle vicissitudini del periodo post bancario e pronto ad entrare a grandi
falcate nel nuovo capitolo della vita da pensionato.
Pensava che fosse giunto il momento della tranquillità, ma qualcosa non gli
quadrava e, quando la sua Cassa sanitaria (quella alla quale aveva
puntualmente versato fior di contributi negli anni giovanili, quando l’età
gli consentiva di ricorrere scarsamente ai suoi servizi) gli aveva inoltrato
le carte per il passaggio da esodato a quiescente, aveva notato la bizzarria
che fra queste carte era compreso anche il modulo di recesso dalla Cassa.
“Che cosa strana” aveva pensato Francesco “deve trattarsi sicuramente di un
errore; ma vuoi che proprio adesso, quando gli acciacchi aumentano e la
necessità di ricorre alle cure mediche si fa più alta inesorabilmente per
tutti, la Cassa, quasi quasi sembra che mi voglia congedare?”. In quella
direzione sembravano andare anche gli onerosi aumenti dell’iscrizione e il
peggioramento delle prestazioni fornite.
“Ma non, non può essere così” pensò Francesco “vuoi mai che per la Cassa
vado bene quando sono in servizio, sono giovane e c’è il contributo annuale
della Banca e poi da pensionato divento un ferrovecchio da buttare via in
discarica?”. Così Francesco aveva proseguito fiducioso e, come in passato
aveva accantonato il glaciale atteggiamento della Banca che, nei momenti
scabrosi dell’esodo, non si era fatta viva neanche per sbaglio, proseguì nel
suo ottimismo, nella speranza che non fosse panglossiano.
“La Cassa sanitaria non mi tratterà come la Banca, anche perchè qui siedono
anche i Sindacati, le Organizzazioni alle quali diamo sostegno finanziario
in cambio della difesa dei nostri diritti e della tutela dei più deboli”.
Vagando su internet, però, gli era sorto qualche dubbio, leggendo i
comunicati di alcune associazioni di pensionati che segnalavano delle
iniquità. Fra questi organismi spiccava “piazzagrande”, un sito di bancari
pensionati che erano appartenuti ad una rinomata banca di interesse
nazionale che oggi non esiste più; i loro toni erano aggressivi e
battaglieri e ciò non faceva che aumentare i suoi dubbi.
Questi masnadieri erano arrivati al punto di segnalare una cosa abominevole:
la Cassa sanitaria al coniuge superstite (in genere una vedova) calcolava il
tributo annuo da pagare non sulla falcidiata pensione di reversibilità, ma
sulla pensione percepita in vita dal defunto, opportunamente rivalutata!!!
“Ma no” sbottò Francesco “non ci credo. Questi tipi devono essere degli
“agitprop” al soldo di chissà chi e vogliono seminare zizzania e calunnie
nei confronti della Cassa e dei Sindacati!”
Francesco da moltissimi anni era iscritto al suo sindacato, l’IBAF
(Impiegati Bancari Associati Forever) e, quindi, pensò bene di segnalare
l’immonda diceria, in modo che si potesse provvedere alle sacrosante
smentite. Si mise in contatto con un alto funzionario dell’IBAF, del quale
in questa sede non si possono fornire le generalità, in quanto, da numerosi
anni vive in clandestinità sotto mentite spoglie, a seguito della grossa
taglia posta sul suo capo dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) per la
sua indefessa e incisiva attività di guerriglia, schierato sempre dalla
parte dei più deboli (vedove e orfani in primis).
Dopo alcuni tentativi riuscì a parlargli, ma il suo sconcerto si accrebbe
quando il sindacalista in un primo tempo gli disse che non sapeva un’acca
della incresciosa vicenda e poi, soavemente, gli aggiunse che, a conti
fatti, il differenziale a carico delle vedove era solo di qualche decina di
euro al mese e che, insomma, per il coniuge superstite la scelta era facile:
o pagare o uscire dalla Cassa e affidarsi alle solide e grandi braccia del
Servizio Sanitario Nazionale. E poi per lui, impegnato nel progetto di
cambiare il mondo, non c’era tempo per seguire queste quisquilie che
riguardano i pensionati.
Dopodichè la conversazione si interruppe bruscamente perché il sindacalista
aveva notato dei ceffi che sembravano degli sgherri dell’ABI e, pertanto,
doveva fuggire per difendere la sua incolumità.
Mille pensieri si affacciarono come neri corvi alla mente del povero
Francesco.
“Ma vuoi vedere che avevano ragione quelli di “piazza grande” che a gran
voce invitavano tutti a disdettare l’iscrizione al Sindacato, perché
complice della Banca o, quanto meno, da anni non fa altro che adeguarsi
supinamente ai desiderata padronali?”.
Alla fine uscì a fare una passeggiata. Non era solo: un turbine di dubbi gli
faceva compagnia.
Francesco Saverio Indelicato (FSI)
Piazza Scala - marzo 2014