Un articolo di Massimo Messa comparso sul notiziario Comit 1982 e presente sul sito del collega
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Massimo Messa |
Vita segreta (ma non tanto) del grillo campestre
La vita di un Insetto si
rivela inaspettatamente complessa a varia all'occhio di chi amando la
natura,
anche nelle sue espressioni minori, voglia seguirla In tutte le sue
manifestazioni.
Qualche tempo fa, quando cominciai a coltivare la passione per gli insetti
allevando a scopo di studio alcune coppie di grilli, pensai che sarebbe
stato interessante parlarne sul Notiziario. Rischiavo, è vero, di essere poi
additato come «quello dei grilli», soprannome che non mi sarebbe garbato
troppo, ma il piacere di raccontare ciò che ho appreso dalle mie esperienze
ha fatto passare in secondo piano il timore di qualche risolino non proprio
amichevole.
Qualcuno potrebbe chiedersi: «Perché proprio il grillo campestre?». Perché
fra le tante specie di insetti è quella che più si presta allo studio da
parte di chi, come me, è un neofita in materia e non dispone di adeguati
strumenti di osservazione.
Il maschio con II suo canto si tradisce, e così è molto facile individuarne
la tana, infilarvi una pagliuzza e. agitandola, costringerlo ad uscire per
catturarlo. In questo modo riuscii a ottenerne, poco più di un anno fa, in
numero sufficiente allo studio: tre maschi e tre femmine. E si era a maggio.
Li chiusi In una vaschetta di plastica trasparente, sul cui fondo avevo
raccolto uno strato abbastanza spesso di terra, e da quel giorno iniziai ad
osservarne il comportamento. traendone conclusioni che potevo confrontare
con un testo di entomologia che mi ero procurato. Ma molti dei particolari
più interessanti e anche curiosi del loro comportamento ho potuto scoprirli
per osservazione diretta.
Il mio libro diceva: ordine degli «Ortotteri», famiglia dei «Grillidi»,
lunghezza corporea da 20 a 26 mm. Diceva anche che i grilli posseggono
organi uditivi: I musicisti devono purè avere orecchie se devono ascoltare i
suoni che producono! Era vero: Infatti avevo già notato due fessure, i loro
timpani, dove non avrei mai immaginato, sotto il « ginocchio » di ognuna
delle due zampe anteriori! Tutte le specie di insetti silenziose, invece,
sono prive dell'organo dell' udito.
Intanto avevo potuto constatare che nella vaschetta I grilli si erano
adattati assai bene perché non davano segno di voler fuggire, anzi avevano
già cominciato a costruire ciascuno la propria galleria scavando nella terra
(che avevo provveduto ad indurire con una abbondante innaffiatura prima di
collocarceli. proprio per facilitare la costruzione delle tane). Ed era
passata soltanto una notte.
In quella successiva il canto dei miei grilli si era fatto così assordante
che cominciai a temere desse fastidio ai vicini, dato che avevo collocato la
vaschetta sul terrazzo.
Per il grillo II canto non ò solo segno di benessere, ò anche un mezzo di
attrazione che il maschio usa per corteggiare e avvicinare le femmine, mute,
e anche per rivaleggiare con gli altri maschi.
Il mio libro diceva che I grilli sono particolarmente sensibili alla
temperatura ambientale durante il canto, per cui, a mano a mano che quella
aumenta, accelerano II trillo. Per alcuni grilli del Nordamerica ciò avviene
con tale precisione che è possibile calcolare con esattezza la temperatura
In gradi Fahrenheit contando il numero dei trilli durante 15 secondi e
aggiungendo il numero fisso 39. Viceversa moltiplicando la temperatura per 4
e sottraendo 160 è possibile prevedere il numero dei trilli al minuto con
cui I grilli moduleranno il loro canto In un determinato ambiente.
Notai che diversi tipi di suoni venivano, emessi nelle diverse fasi
dell’accoppiamento. Ci sono infatti canti di approccio, richiami di
accoppiamento vero e proprio e gridi indicanti rivaliti.
Quando II maschio incontrava la femmina, dava subito inizio ad un suono
dolce di corteggiamento, alzando le ali al di sopra del dorso con
un'inclinazione di 45* circa, e ne sfregava insieme le basi energicamente.
Il canto si faceva poi sempre più rapido, come se il maschio fosse preso da
un'emozione sempre maggiore. Così aveva inizio l'accoppiamento. Il maschio
distendeva l'addome tremando leggermente. senza mai emettere di cantare, ma
era la femmina ad avvicinarsi e a montare su di lui. Lui, sempre distendendo
l'addome, smetteva di cantare ed appoggiava la sua parte posteriore sulla
coda della partner (questa è una spada detta «ovodeposltore» che la femmina
infila nel terreno a un centimetro circa di profondità proprio nel momento
in cui semina le uova) e ve la lasciava fino a trasmetterlo una pallina
gialla: il seme avvolto in un involucro protettivo.
La femmina allora si allontanava dimenticandosi completamente del maschio;
sulla coda però conservava ancora incollato il seme del compagno. Si piegava
su se stessa distendendo il dorso sul terreno e. non senza sforzi, riusciva
ad inghiottire la pallina. Soltanto allora II coito era terminato. Poco
tempo dopo già infilava la sua spada In più punti del terreno. Era venuto II
momento di deporre le uova. Durante la fase della deposizione, che durava
quasi mezz' ora, essa non poteva accettare la vicinanza del maschio che,
anzi, allontanava rabbiosamente digrignando le mandibole, minacciose di
terribili morsi.
Smuovendo il terriccio potei constatare che dopo ogni accoppiamento venivano
deposte decine di uova di forma cilindrica, simili alle capsule
farmacologiche oggi largamente diffuse in sostituzione della tradizionale
pasticca, ma assai più piccole. Potei constatare, con sorpresa, che dopo i
primi rapporti le femmine a poco a poco abbandonavano le proprie dimore.
lasciandole cadere in disfacimento, per trasferirsi nella tana del compagno
che aiutavano a tener pulita, espellendone I sassolini fastidiosi e
rifornendola del cibo che io provvedevo a sistemare giornalmente davanti ad
ogni buca (piccole porzioni di mela, Insalata, finocchi e ortaggi vari).
Da quel momento i canti si fecero sempre meno frequenti: potevo ormai non
preoccuparmi più per la tranquillità dei vicini. Il motivo era chiaro: i
maschi, vivendo in simbiosi con le femmine, perdevano lo scopo di emettere
suoni di adescamento e qualche grido lanciavano solo se altri grilli
disturbavano la famigliola. Qualche settimana più tardi (eravamo già in
estate inoltrata) si dischiusero le uova e con mia sorpresa vidi affiorare
alla superficie del terriccio centinaia di larve di grilli, piccole come
formiche ma in tutto somiglianti all'insetto adulto benché prive delle ali e
del sesso. Il grillo è insetto a metamorfosi incompleta, ciò vuol dire che
dalle uova si schiude subito un individuo finito, non destinato a passare
attraverso la fase di pupa (crisalide) come ad esempio accade per le
farfalle; però il suo corpo, costituito di una sostanza dura detta « chitina
». non è molto elastico. Per svilupparsi dovrà compiere delle «mute», e ad
ogni muta la larva si toglierà per intero il rivestimento esterno fino a
raggiungere le dimensioni dell'insetto adulto. Per pervenire a tale stadio
sono necessarie dieci mute distribuite nell'arco di circa dieci mesi. Notai
che le larve si nutrivano con avidità, tanto da far letteralmente scomparire
una foglia di insalata in breve tempo. Il rapporto genitori-figli era di
completa indifferenza, cosicché mi decisi a separarli e sistemai la nuova
generazione in un'altra vaschetta.
Ora la mia attenzione era concentrata quasi completamente sulle larve.
Vivevano tutte insieme sulla superficie del terriccio non aven¬do ancora la
forza di scavare gallerie. ma senza disturbarsi.
A mano a mano che gii insetti andavano ingrossandosi, il processo della muta
diventava sempre più laborioso, tanto che dopo il suo compimento le larve
davano l'impressione di essere spossate. Tremanti, si tenevano nascoste
sotto qualche foglia di lattuga, non curandosi assolutamente della pelle di
cui si erano spogliate e restando come in attesa che la nuova perdesse il
colore rossiccio originario: ciò che avviene dopo poche ore.
Verso la fine di settembre. esaurito il compito della procreazione, la
vecchia generazione morì ed io potei imbalsamarne gli esemplari più
interessanti. Dopo circa sette mute, le larve ormai cresciute avrebbero
dovuto prepararsi per il letargo invernale, dal quale si sarebbero
risvegliate nel marzo successivo per completare le rimanenti due o tre mute.
Lasciai allora in libertà gli abitanti della seconda vaschetta,
sparpagliandoli in un praticello vicino alla mia casa: fu cosi che a
primavera, con mia grande sorpresa, potei udire il canto caratteristico dei
grilli che mai si era udito da quelle parti.
Massirno Messa
Piazza Scala - febbraio 2011