Achille Luciano Mauzan,
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Grande Guerra Cartolina che reca
sul retro i riferimenti |
Grande Guerra Una cartolina
disegnata da Barchi |
Lo scoppio della Prima guerra mondiale nell’agosto 1914 colpì
direttamente la Banca Commerciale Italiana che, ritenuta erroneamente una
banca tedesca per le sue origini, fu oggetto di una violenta campagna di
stampa dei nazionalisti. Costoro, infatti, ritenevano ancora la Comit uno
strumento di penetrazione economica della Germania e addirittura un covo di
spie.
Invece la Banca Commerciale, la cui dirigenza era in effetti da sempre
filogiolittiana e quindi tendenzialmente neutralista, aveva da tempo una
maggioranza azionaria italiana ed era diventata concorrente dell’Austria e
della Germania nei Balcani e in Sudamerica.
La campagna di stampa (attraverso giornali, riviste e libri) costrinse i due
fondatori di origine tedesca, Otto Joel e Federico Weil, a dimettersi tra il
1914 e il 1915 dalla carica di amministratore delegato, mentre il 2 febbraio
1915 si dimisero 13 consiglieri di origine straniera (austriaci, tedeschi e
francesi) e rimasero solo tre svizzeri.
Fu così soppresso un prezioso strumento di controllo sulla gestione
dell’Istituto, molto utile nei suoi primi anni di vita, perché i membri
stranieri avevano la maggioranza nel Consiglio ed erano indipendenti dalla
dirigenza della Banca. Il 5 giugno 1915, pochi giorni dopo l’entrata in
guerra dell’Italia, furono licenziati gli ultimi 22 dipendenti di origine
tedesca e austriaca (l’anno prima erano ancora 45), tra i quali il direttore
della filiale di Londra, Siegfried Bieber [vedi News n.11, novembre 2011] e
il direttore centrale Arthur Reitler (responsabile di borsa e cambi).
La Comit fu subito pesantemente coinvolta nell’economia di guerra sia a
sostegno della grande industria sia promuovendo, tra la fine del 1914 e il
1917, cinque prestiti di guerra per cui raccolse oltre due miliardi di lire;
di questi prestiti l’Archivio conserva alcuni manifesti di pregevole
fattura. La Banca Commerciale elargì inoltre venti milioni di lire a
sostegno del personale richiamato e altri sette per finanziare varie
“oblazioni patriottiche”, compreso un ospedale per feriti creato a nome
della Banca a Milano (descritto da Hemingway in Addio alle armi); una parte
dei locali di Piazza della Scala furono messi a disposizione del Comitato di
Assistenza Civile e tutte le filiali prestarono opera gratuita alla Croce
Rossa Italiana per la trasmissione di somme ai prigionieri di guerra
italiani.
I dipendenti richiamati furono oltre 1700, rimpiazzati da più di 1300 donne
assunte temporaneamente.
La Comit annoverò 96 caduti, tutti elencati nel volumetto commemorativo La
Banca Commerciale ed il suo contributo alla guerra (Milano, BCI - Bertieri e
Vanzetti, 1919). Sono qui raccontate con il tipico linguaggio dell’epoca le
gesta dei 106 dipendenti che meritarono una medaglia al valore. L’unica
medaglia d’oro, Giovanni Lipella, impiegato della sede di Brescia,
mitragliere aspirante ufficiale, morto sul Monte Asolone il 15 giugno 1918,
viene commemorato così: “Irredento e volontario di guerra portò e comunicò
fede ed entusiasmo nei suoi mitraglieri. Durante l’infuriare del
bombardamento nemico, corse da un’arma all’altra, tutti incitando con la
parola e con l’esempio alla resistenza ed alla fiducia nelle sorti del
combattimento. Rimasta un’arma senza tiratore e senza serventi e in una
posizione ormai insostenibile, noncurante del violento fuoco avversario, se
la caricò sulle spalle, e, portandola in altro luogo, riaperse da solo il
fuoco sulle ondate nemiche. Ferito una prima volta e una seconda volta,
continuava a tirare, fino a che, colpito ripetutamente al petto, cadde
offrendo in olocausto alla Patria la sua bella esistenza”.
L’elenco dei 96 caduti è anche riprodotto in una targa di bronzo
all’ingresso di Piazza Scala 6.
Guido Montanari
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Piazza Scala - novembre 2014