L’altra sera, in TV, con ospiti giornalisti di riguardo, fra cui il
Presidente Gianluca Amadori dell’Ordine del Veneto, si è parlato molto di
WEB e di carta stampata.
Ma il giornalista serve ancora? , era l’oggetto del
dibattito.
Domanda provocatoria questa, che si sono posti appunto su
Telechiara, condotta da Alberto Feltrin ed Elena Mattiuzzo, i giornalisti
Giovanni Coviello, il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Veneto,
Gianluca Amadori, Francesca Anzalone di Netlife, da anni impegnata nella
ricerca di nuove strategie di comunicazione, lo psicologo e studioso del web
2.0, Andrea Sales, e il co-fondatore di Youreporter.it Angelo Cimarosti.
Punti di vista diversi e complementari per cercare di capire attraverso
esperienze innovative come stia cambiando l'informazione nell'era del web
2.0 (interazione fra Web ed utenza), dei videofonini e tablet, della
televisione digitale e della grande crisi economica: le prospettive che si
aprono ma anche le preoccupazioni per una qualità dell'informazione non
sempre in linea con la sua moltiplicazione quantitativa, fanno pensare ad un
futuro piuttosto complesso, forse per ora ancora alla stato embrionale, ma
esplosivo nel breve.
Le riflessioni sono state molte ed interessanti, anche se non tutte
accessibili alle fasce culturalmente deboli che, in Italia, sono almeno la
metà, con riferimento a queste specifiche problematiche; in particolare mi
riferisco alle precedenti generazioni che non hanno voluto aggiornarsi,
rinunciando così ad uno dei più innovativi ed interessanti strumenti di
crescita, anche soggettiva. Spesso infatti mi capita di incontrare persone,
anche molto più giovani di me, che non ne sanno niente di informatica ed
alle quali, sono solito dire loro a mo’ di stimolo “interattivo”, che oggi
internet le farebbe ringiovanire di almeno 20 anni…
Fatto questo preambolo introduttivo, vorrei fare delle considerazioni,
peraltro già fatte parecchie volte sulla stampa on-line. Dico subito che
sono assolutamente convinto che la carta stampata non morirà mai e che non
subirà forti contraccolpi per via degli strumenti innovativi in atto, ma per
altre motivazioni ben precise e definite.
La prima. E’ cambiato il modo di far notizia. In genere la si fa non più
scavando sulla notizia come facevano certi nostri bravi predecessori, ma
ripetendo ciò che dicono Ansa, Adnkronos e quant’altro, trasformando
l’essenza della notizia stessa secondo i desiderata della linea editoriale a
cui il giornalista appartiene, per cui detta notizia diventa un…olio per
quattro stagioni, come si direbbe in un’officina per automobili. Di
conseguenza, non esiste più una notizia attendibile e l’utente, alias chi
compera il giornale, è costretto a ricavarsela approssimativamente da se
attraverso la lettura di diversi giornali. Questo aspetto, anche se a prima
vista potrebbe far pensare alla moltiplicazione quantitativa dei giornali,
produce invece un risultato contrario: la gente si stanca e non compera i
giornali, preferendo informarsi attraverso internet, lasciando l’ acquisto
degli stessi a quelle fasce culturalmente deboli che non sanno avvalersi
degli strumenti moderni e che “scoprono” ora il gusto della carta stampata,
con lo stesso spirito con cui i nostri nonni comperavano il giornale una
volta alla settimana, quando uscivano da Messa….
La seconda. Oggi, diciamocelo chiaramente, non è il giornalista o la
redazione di un giornale che fa opinione, ma è la gente che fa opinione
presso i giornalisti e le loro redazioni, anche attraverso i sistemi
interativi dei blog, delle lettere ai giornali, degli interventi in TV e
quant’altro
(era del Web 2 docet !), non sottacendo - come detto dianzi - che l’utente
della carta stampata di ieri preferisce oggi informarsi sul web, conoscendo
la notizia un giorno prima rispetto all’uscita dei quotidiani, peraltro
diventati costosi in un momento di crisi economica. Non per niente le copie
dei quotidiani vendute sono calate, mi pare da 6 milioni a 4 milioni….
Vorrei concludere, senza peraltro offendere nessuno dei colleghi. Spesso
essi scrivono (quando sanno scrivere) perché devono scrivere (scusate il
bisticcio dialettico), ma il contenuto non è certo sempre da giornalisti
veri perché , oggi come oggi, fatte salve le eccezioni, anche il giornalista
è diventato una merce da comperare da parte di questo o quest’altro editore,
a seconda del gradimento politico-economico, legato anche ai contributi di
stato.
Ecco perché, come da titolo, io penso che il giornalista non può scomparire
per via degli strumenti web 2 e 3, semmai perché egli ha completamente perso
la sua fisionomia, scrivendo cose che il lettore ha letto il giorno prima su
internet, ed anche perché non è più lui a fare pubblica opinione, ma spesso
l’utente, alias lettore. Grazie anche soprattutto alle nuove tecnologie
informatiche.
E di questo le redazioni non si sono ancora rese conto. Ma c’è il posto di
lavoro di mezzo…e con esso, lo stipendio.
ARNALDO DE PORTI