Incastonata,  quasi soffocata, dal centro storico urbano, a Genova si sa, lo spazio tra il  mare e  le colline è limitato: all’apice orientale di Piazza Cavour si trova una piccola casetta in pietra risalente all’epoca tra  XI e XII secolo  come attesta la particolare architettura di quel tempo. Durante i lavori di preparazione alla costruzione della strada Soprelevata, nel 1964, fu trovata in sito, una targa in marmo intitolata a Marco V. Agrippa primo ammiraglio di Augusto.

Per ciò venne chiamata Casa di Agrippa ma per tutti è ritenuta e romanticamente  identificata come la  Casa del Boia, colui che eseguiva le pene capitali al tempo della Repubblica di Genova.

Tuttavia gli studiosi sono orientati a considerare la costruzione come casa civile ; la lapide pare fosse utilizzata come parte della  zavorra per le navi (qui i moli sono veramente a pochi metri).

I condannati giudicati ed imprigionati nelle segrete di Palazzo Ducale, erano accompagnati attraverso Via Canneto il Lungo fino al molo dove venivano giustiziati.

Questa parte di centro storico a pochi metri da Calata Mandraccio, sotto le mura di Malapaga, di fronte al mercato del pesce, pare fosse, in tempi romani, anfiteatro e sede del palazzo pretorio; qui avvennero  le esecuzioni sia di persone condannate che di bestiame: fu  infatti anche la sede dei macelli.

In realtà, almeno fino al 1809, il boia di Genova aveva la sua dimora nell’edificio posto tra le due torri della Porta Soprana o Porta di S.Andrea le cui  torri medioevali, costruite per fronteggiare le armate del Barbarossa (1150), risultano essere le più grandi mai costruite in quel periodo  (31 metri d’altezza).

Qui  esercitò la sua ‘arte’ anche Monsieur Samson,  il boia di Parigi quello, per intenderci, che nel 1793, nel corso della Rivoluzione, ghigliottinò i reali francesi.

L’origine della parola boia, dal greco boietai , fu sinonimo delle strisce di cuoio utilizzate per la fabbricazione delle  fruste dei carnefici. Più tardi, in epoca romana, il termine  identificava il giogo con cui

i prigionieri venivano  immobilizzati durante la tortura, per passare poi ad  indicare direttamente  il ruolo del  ‘professionista’.

La tradizione vuole il boia rigorosamente di sesso maschile, anche se nella storia non mancano eccezioni,  e la sua  ‘attività’  tramandata da padre in  figlio;  veniva coadiuvato da un ‘tirapiedi’ di fiducia e,  alla loro dipartita, sepolti  molto in disparte nei cimiteri.

La  tenace casupola, utilizzata prima come magazzino e  successivamente come laboratorio di  un fabbro, fu  a lungo dimenticata  fino a quando, nel 1990,  i Beni Culturali l’affidarono alla neonata (1987) associazione, storico culturale Compagnia dei Balestrieri del Mandraccio  la quale autotassandosi  ne provvide il restauro  arredandola in  perfetto stile medioevale.

La Compagnia dei Balestrieri del Mandraccio  é entrata a far parte del  C.E.R.S.( Consorzio Europeo delle rivendicazioni Storiche) ;  oggi si può visitare ogni prima  domenica del mese ( orario 15,00 – 18,30) o su appuntamento per comitive e  scolaresche.( Tel.  3385757068)

 

                                                                      

 

 

 

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Piazza Scala - gennaio 2013