un racconto breve di Giovannino Noera (Modena)

 

Nel sonno leggero dell’alba incombente , rividi come uscisse dalla nebbia il volto di una donna incontrata molti anni fa…

Nel dormiveglia , allo stupore fece seguito la nitidezza di un ricordo obliato per tanto tempo. Poi capii. Da qualche cellula cerebrale, ove era annidata, era affiorato nel sonno una storia tanto affascinante forse perché vissuta fra sogno e realtà.

Mi trovavo in un paesino sul lago di Garda per una breve vacanza  dopo un periodo  difficile.

Era un inverno non freddo . Intorno silenzio e solitudine assecondavano il dondolio sulle acque del lago di ochette e cigni.

Era circa la metà del mattino , quando mi incamminai lungo la passeggiata che lambiva il lago . Ad un tratto scorsi una figuretta femminile procedere nel mio stesso senso di marcia. Tutto avvenne con la velocità di un batter di palpebre. Un individuo sbucato come dal nulla si avventò sulla donna  gettandola a terra tentando di strapparle la borsetta. La resistenza imprevista fece esplodere la violenza dell’uomo che continuò a strattonarla. A questo punto mi lanciai sull’uomo assestandogli due poderosi pugni ed urlandogli di andarsene cosa che lo sconosciuto fece subito per mia fortuna.Infatti avevo agito d’istinto senza tener conto della evidente maggior robustezza dell’aggressore.

Offrii la mano alla donna per aiutarla ad alzarsi. Aveva fattezze quasi adolescenziali . Mentre si alzava incrociai due grandi neri occhi ancora spaventati che luccicavano sotto neri riccioli ribelli sulla fronte. Mi ringraziò.  La piacevolezza della voce completò quanto avevo colto subito di lei: bellezza, gentilezza nel portamento garbatamente distaccato.

Acconsentì al mio invito ad entrare nel vicino bar ove ordinai due caffè molto caldi. Si stabilì una conversazione senza imbarazzi da ambo le parti. Seppi che si chiamava Irene . Abilmente riuscì a non dire di più tranne che di essere di passaggio e che avrebbe lasciato l’albergo a Gardone l’indomani. Stavo per chiederle di rivederla ancora. Era sul punto di acconsentire dicendomi che desiderava conoscermi meglio. Era evidente la simpatia ricambiata, ma giunse trafelata e ansiosa una signora :”Altezza la prego, ho l’ordine di non lasciarla mai sola….”.  Altezza?

Scese una specie di sipario. Ero sconcertato e confuso. “La signora le si era rivolta chiamandola con quel titolo nobiliare. Dunque era fuggita dalle convenzioni, dai convenevoli artefatti come narrato in tante storie.? La fantasia si mise a galoppare. Una principessa di sangue reale in incognito? Di quale stato?    Capii subito che comunque quella storia innocente, nostro malgrado stava finendo. Nel congedo che seguì colsi nello sguardo di Irene  una possibile conferma: malinconia e rammarico per l’addio imminente  ad ore serene e sopratutto libere. L’incidente dell’aggressione era stato completamente dimenticato.

Nei giorni seguenti cercai di sapere qualcosa di lei senza riuscirvi forse senza veramente volerlo.

Rimase “tutto solo” il ricordo.\

Il ricordo di una fiaba?

 

Giovannino Noera - marzo 2013

 

 

 

 

 

 

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Piazza Scala - marzo 2013