Alcuni mesi fa abbiamo parlato delle spinose vicende di alcune migliaia di esodati (interpretando pro domo sua gli scavalcamenti dell'anno di esodo a causa dello spostamento delle finestre di uscita), cui Intesasanpaolo ha addebitato le quote di pertinenza della banca (un'annotazione di Antonio: "Il Fondo Sanitario dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello della precedente finestra toglie l'accesso e le prestazioni riattivandole solo dopo che l'interessato ha effettuato il bonifico per la quota aziendale (attualmente di circa 950 euro) e ovviamente intenda proseguire con l'assistenza".
A parte la dimostrazione di scarsa comprensione dei problemi del personale in esodo, questione certamente di poco conto in un contesto più ampio e contingente (come noto l'Abi ha disdetto il contratto e quindi anche il Fondo di solidarietà), non è possibile fornire giustificazioni di facciata e attribuirsi al proprio modo di operare correttezza e coerenza avendo presente altre vicende, una per tutte il mantenimento negli organici  di Cucchiani regolarmente retribuito per altri 6 mesi e senza poteri.

Ecco quanto ha replicato ad Intesasanpaolo (visualizza la lettera) Antonio De Rosa, che ha nuovamente diffidato la banca ad addebitargli le quote del FSI:

 

Oggetto: Esodati addebito quota aziendale - Rispetto dell'accordo sindacale del 22-07 -2008

             Replica alla lettera dell'6/5/2013 di Intesa Sanpaolo     

 

Analizzata con attenzione la lettera aziendale del 6/5/2013, inviatami in risposta alla mia del 25/04/2013, anche se con un po di ritardo ritengo procedere con una ulteriore replica. Va da se che ad una lettera farcita di dati generici con ovvie disquisizioni in una dichiarata atmosfera di correttezza della Banca, avendo presente le mie evidenze, non era pensabile ritenere che l'argomento potesse essere considerato chiuso.

 

Leggendo quanto ricevuto, dopo una superflua puntualizzazione sulla correttezza e buona fede circa l'interpretazione dei contratti quale regola generale dell'ordinamento giuridico italiano (solo italiano?), apprendo che "per determinare la comune volontà delle parti si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione dei contratti", che tradotto, se ho ben compreso, sarebbe a dire che è stato comunque tutto concordato con le OO.SS. cioè con quelle organizzazioni che dovrebbero rappresentare i lavoratori nelle trattative.

 

Quindi con la premessa "non possiamo non rilevare" vengono elencate tutte le già chiare e scontate fasi cronologiche e tecniche relative all'accordo sindacale del 22 luglio 2008 (evidenziando peraltro la mia svista nell'indicare agosto). Viene puntualizzato che la realizzazione degli obiettivi aziendali, cioè la riduzione del costo del lavoro, si sarebbe raggiunta solo con la permanenza nel Fondo di Solidarietà così come stabilito dalle parti. In tale ambito a conferma di un comportamento aziendale "corretto" si richiama la richiesta presentata congiuntamente dalle parti sociali al Governo (nds. la richiesta di un incontro all'allora Ministri Sacconi del Lavoro e Tremonti dell'Economia del 21-01-2010 e sollecito del 28-07-2010) che ha riconosciuto la legittimità della posizione relativa alla non accollabilità ai datori di lavoro dei maggiori oneri derivanti dalle modifiche legislative, tant'è che il costo del periodo vecchia finestra-nuova finestra (mobile) è stato posto a carico della collettività. Solo per chiarezza la richiesta di cui si parla è stata presentata dall'Abi con proprio protocollo e sottoscritta anche dalle OO.SS..

 

Il Governo pertanto con DM n. 63655 del 5/1/2012, si precisa, ha individuato le somme necessarie alla copertura del prolungamento della finestra prevedendo lo stanziamento anno per anno con specifici decreti. A proposito di quest'ultimo problema forse il Sig. xxxxxxxx non è al corrente che per l'anno 2012 il decreto è stato emanato il 2/10/2012 (n. 68225) e per quest'anno sembrerebbe sia stato firmato in questi giorni. Conseguentemente alcuni "esodati" sono rimasti  senza sostegno per quasi un anno. Ovviamente nell'ambito della "correttezza aziendale" la Banca non ha ritenuto intervenire per i propri ex dipendenti se non con una semplice e apparente disponibilità (probabilmente con una eventuale a.p.c.) "da esaminare caso per caso".

Viene quindi riaffermato che le disposizioni attuative dell'accordo di costituzione del "Fondo Sanitario" del 2 ottobre 2012, non sono altro che "la coerente attuazione della volontà espressa dalle parti sottoscrittrici degli accordi" di esodo. Accordi che, si rinverdisce, "non potevano necessariamente che fare riferimento alle regole previdenziali applicabili al momento della risoluzione dei rapporti di lavoro" altrimenti, si puntualizza con chiarezza, "non sarebbero stati rispettati gli obiettivi di riduzione del costo del lavoro concordati tra le parti".

Si conclude nel ribadirmi "per l'ennesima volta" la validità delle indicazioni contenute nella lettera del 27 settembre 2011 (ribaltamento della quota aziendale sull'esodato relativa al Fondo Sanitario).

 

Appare necessario esaminare l'argomento sotto un duplice aspetto. Il primo è quello economico puro e semplice, che è poi in sintesi la vera ragione dell'iniziativa aziendale, cioè "non avere alcun aggravio di costi" indicando, quale motivazione, il mancato raggiungimento della riduzione del costo del lavoro previsto con l'operazione "esodo". Il secondo aspetto riguarda la correttezza e coerenza aziendale che vengono più volte richiamate ma senza considerare le posizioni, totalmente diverse, degli esodati e della Banca (tralascio le OO.SS. che come si è visto sono quasi inesistenti nelle trattative).

 

Quanto affermato dalla Banca o meglio dal Sig. xxxxxxxxx avrebbe avuto credibilità se fosse stato supportato dai numeri e dai dati puntuali. L'aver spostato l'argomento sulla circostanza che il Governo si è fatto carico del maggior onere derivato dal decreto Sacconi (finestre mobili) appare come un maldestro tentativo di dare copertura al proprio operato ed ottenere su basi tecniche un beneplacito alla correttezza comportamentale aziendale.

Il mantenimento degli esodati con lo status di Personale in servizio nel Fondo Sanitario fino al mese prima di quello del ricevimento della pensione, come riportato nell'accordo di esodo e nella lettera di chiusura del rapporto di lavoro, faceva parte del pacchetto di incentivi all'esodo (come le condizioni agevolate di conto corrente, l'una tantum, ecc) e nulla ha a che vedere con l'assegno del Fondo di Solidarietà su cui il Responsabile delle Politiche del Lavoro ha ampiamente disquisito per giustificare la decisione di porre la propria quota Fondo Sanitario a debito dell'esodato .

E' da evidenziare peraltro che l'argomento riguarda solo gli esodati del 2007 e 2008 e solo quelli che per effetto delle nuove norme superano l'anno solare ed infine solo per un anno, quindi un numero che si ritiene esiguo con un conseguente impatto economico minimo, i cui dati però non sono stati opportunamente forniti. Il fatto poi che l'assegno del Fondo di Solidarietà per il periodo vecchia-nuova finestra è stato posto a carico della collettività non fa che accentuare la perplessità dell'operato aziendale nel ribaltare sull'esodato l'una tantum annuale di propria competenza del Fondo Sanitario. Perplessità che deriva dalla circostanza che la Banca è stata esonerata completamente dall'onere del pagamento dell'assegno per il periodo indicato non accollandosi alcun altro costo. Vantaggio che è stato raggiunto verosimilmente in virtù della propria posizione dominante con l'ovvia conseguenza, qualora il Governo non si fosse fatto carico dell'incombenza, di operare nel futuro con licenziamenti collettivi, non certo quale conferma della correttezza dell'operato aziendale che xxxxxxxxxx arbitrariamente si attribuisce.

Superfluo ribadire l'inutile ruolo delle OO.SS. sulla vicenda.

 

La coerenza e la correttezza sarebbero state obiettivamente quelle di dar seguito a quanto esplicitamente indicato nell'accordo di esodo e sottoscritto dall'Azienda nella lettera di risoluzione del rapporto di lavoro, mantenendo l'impegno preso anche perché lo spirito del Fondo di Solidarietà sarebbe quello di accompagnare il dipendente-esodato alla pensione.

 

Inevitabile poi un collegamento con liquidazione elargita a Enrico Tommaso Cucchiani, al cui confronto la quota aziendale del Fondo Sanitario per gli esodati 2007-2008 dovrebbe apparire come un dettaglio insignificante e su cui vorrei richiamare l'attenzione del Sig. xxxxxxxxx circa il raggiungimento degli obiettivi economici. Qual'é l'impatto dell'una tantum in argomento su 480 milioni di euro di risparmio previsti dalle operazioni esodo 2007-2008 di cui alle lettere aziendali 9 aprile 2008 e 14 luglio 2008 (avvio procedura licenziamento collettivi) dove peraltro il conseguente accordo 22 luglio 2008 ha stabilito l'uscita obbligatoria del personale in possesso dei requisiti pensionistici. Per quest'ultima evidenza peraltro non posso far a meno di rilevare che forse Elsa Fornero e Corrado Passera, allora nei vertici aziendali, erano probabilmente di parere opposto alle decisioni prese in qualità di ministri, in particolare da Elsa Fornero, di modificare il sistema previdenziale prolungando la maturazione del diritto a pensione.

 

Per quanto riguarda poi la coerenza e correttezza xxxxxxxx dovrebbe argomentare, con la stessa dovizia di particolari e con lo stesso stile riscontrato nella lettera aziendale del 6/5/2013, la decisione di mantenere negli organici aziendali senza poteri, ma con lauta retribuzione per altri sei mesi Tommaso Cucchiani.

 

Pertanto, alla luce di quanto sopra,  ribadisco "per l'ennesima volta" la diffida a porre a mio carico la quota del Fondo Sanitario Integrativo di competenza Aziendale.

Distinti saluti.
 

Antonio De Rosa  
                                                                            

Roma, 18 novembre  2013                                                                                   

                                                                                                         

 

 

 

 

 

 

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