Piazza Scala

 

    c'era una volta la Banca Commerciale Italiana   
    la vignetta è stata realizzata dal "maestro" Greg Cerra   

 

Non me l'ero mai così spassata come in quella estate del 1971. Con un paio di amici ed una tenda comprata al mercato degli Americani a Portici avevo battuto, in lungo e largo, le coste ioniche e il Cilento. All’ovile domestico ero ritornato solo per frettolosi passaggi, giusto per i cambi della biancheria. Agosto stava ormai per finire quando, nero come un tizzone, aprii la porta di casa per un’ennesima comparsata. Mi venne incontro un perplesso genitore per dirmi che, da giorni, si registravano misteriose telefonate da Milano. Beh, chi mi ha cercato, gli chiesi giustamente curioso. Mio padre, uomo laconico, non mi degnò di risposta. Dopo un pò ritornai alla carica: ma, insomma, ti avranno detto un nome, fà uno sforzo... Mi pare si chiamasse Amelia, sarà una di quelle scombinate che conosci in vacanza. Cribbio, pensai, ma sarà stato il dott. Ameli della Comit (avevo avuto un colloquio di lavoro con lui qualche mese prima). Mi precipito a chiamare e con tono asciutto quel dirigente mi domanda a bruciapelo se sono sempre interessato all'assunzione, visto che mi cercava invano e nessuno sapeva dargli notizie sul mio conto. Quando devo venire? Lunedì si comincia. Tre giorni appena di margine, un delirio. Preparo un valigione tra lo stupore generale (i miei poco sapevano dei miei maneggi) e parto la domenica mattina con un treno dell'alba. Approdo nella metropoli che è ancora chiaro. Irrequieto, vado subito in ricognizione in piazza Scala, per imprimermi in mente il percorso e non arrivare in ritardo il giorno appresso.  Tutto a posto, domani farò un figurone. Eccoci al lunedì mattina: dopo quattro chiacchiere con il dottore, vengo consegnato nelle mani di una certa signorina Silvana. E che diamine: quintali di carte da firmare, e questa è la circolare del 1956, e  lei non deve fare debiti e non firmare cambiali e mantenere un comportamento dignitoso nella vita privata, eccetera, eccetera. Insomma, un paiolo così, a me e all'Aldino Rossi assunto nella medesima data. Quest'ultimo, che viene dalle Marche, sfoggiava una camicia con un collettone esagerato che neanche l'Equipe 84 avrebbe osato indossare. Sguardo di malcelato disprezzo della Silvana al reprobo e 1 a 0 per me. All’improvviso ci vien detto: per la matricola occorrono due foto formato tessera, le avete  portate? Oh mamma, non le abbiamo…beh, andate alla macchinetta della metropolitana e provvedete subito. Mi muovo con l'Aldino (abbiamo fatto amicizia) e, ormai nel pallone, ci portiamo affannati in Piazza Duomo. Per strada, faccio sparire la cravatta che mi stringeva il collo e tolgo finalmente l’insopportabile giacca. Non sono mica abituato a tante manfrine, almeno per ora! Scendiamo i gradini della metro come Totò e Peppino; un'anima buona ci indica il gabbiotto. Prova prima tu, ma prego, sei tu il più vecchio. Mi siedo e l'obiettivo impietoso riflette il viso saraceno e i flessuosi riccioli  che spuntano come serpenti dalla camicia aperta. Come son venuto? Benissimo, mi conferma quel delinquente del collega. Provvede anche lui a ritrarsi e ritorniamo dalla arcigna signorina. La partita tra me ed il Rossi a tal punto cambia tragicamente di segno: la sua foto supera brillantemente l'esame e viene ritirata. Quando Silvana (con la quale entrai poi in confidenza e ricordava sempre con gusto quell’episodio) vede invece il mio ritratto non riesce a celare una smorfia di disgusto, specie alla vista del villoso petto del maschio del sud. Deve fare ricorso a tutto il galateo aziendale per confidarmi, con voce agra, che forse non ero venuto gran che bene e che sarebbe stato opportuno immortalarmi ancora, questa volta con giacca e cravatta…e senza peli in vista.  Signore, che figuraccia! Altra corsa, altre 200 lirette, altra anticamera dinanzi alla porta del Personale. Aldino ormai non c'era più, avviato ad un'agenzia comoda e vicina, in virtù del principio che chi prima arriva, meglio si sistema. Ecco le foto, sono a posto? Sorriso di compatimento, come per dire: accontentiamoci, ma impara immediatamente che qui servono impiegati compunti e non pretesi play boy nu' poco terroncielli. Chissà dove mi manda adesso per punizione questa severa signora,  pensai tra me e me, con apprensione. Dove abiterà a Milano, mi chiede impassibile. In via Solferino, le dico, ho trovato una comoda pensione. E allora comodo sia pure il suo inizio in banca. La mando in uno sportello vicino, in Via Garibaldi, così può andare al lavoro senza prendere mezzi pubblici. Ah, Silvanona, a prima vista così burbera eppure così tenerona! Ti meriti un bacio adesso per allora!

 

Enzo Barone - dicembre 2012

 

 

 

 

 

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Commenti:

- 13 dicembre 2012 - Da Arnaldo De Porti: Caro Enzo,mi sono immedesimato capendo tutto anche nei... sospiri. Mi hai invogliato, e lo farò appena possibile, a raccontare come è avvenuta la mia assunzione con un'altra... Silvanona.

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Piazza Scala - dicembre 2012