A tre anni di distanza dall'ultimo recital scaligero è tornato sul
palco del Piermarini il tenore peruviano, star della lirica
mondiale, adorato dalla critica.
La stampa internazionale l'ha definito "Il tenore della nostra
epoca", "il maestro cantore", "uno dei migliori tenori di tutti i
tempi". Tornerà poi in Italia a fine ottobre (nuovamente alla Scala,
il 26 ottobre per la Donna del lago) performance per la quale c'è
già un'enorme attesa. Nel recital di domenica Flórez è stato
accompagnato al pianoforte da Vincenzo Scalera ed ha eseguito brani
rari e ricercati, spaziando da Bononcini a Ciampi a Piccinni, fino
ad Offenbach, Lalo, senza che possa mancare un ampio omaggio a
Rossini. Specie nei bis.
Giovanni Battista Bononcini
Da Griselda
Per la gloria d'adorarvi
Vincenzo Legrenzio Ciampi
Da Gli tre cicisbei ridicoli
Tre giorni son che Nina
Niccolò Piccinni
Da Roland
En butte aux fureurs de l'orage
Gioachino Rossini
Da Soirées musicales
La promessa
Da Péchés de vieillesse, vol. III "Morceaux réservés"
Le sylvain
Da Péchés de vieillesse, vol. I "Album italiano"
Tirana alla spagnola rossinizzata
Da Otello
Che ascolto, ohimé. Che dici?
François-Adrien Boieldieu
Da La dame blanche
Viens, gentille dame
Edouard Lalo
Da Le Roi D'Ys
Vainement ma bien aimée
Jacques Offenbach
Da La belle Hélène
Au mont Ida
José Padilla Sánchez
Princesita
Joseph La Calle
Amapola
Tomás Barrera Saavedra
Da Los emigrantes
Adiós Granada
Gaetano Donizetti
Da Rita
Allegro io son
Questo il programma ufficiale, a cui non sono mancati,
richiesti a furor di "teatro" arie famosissime tra cui "Mes
Amis!", da "La fille du Regiment, una commovente e
straordinariamente creatrice di emozioni "Una furtiva
lacrima", ed il rondò dal Barbiere di Siviglia.
Che dire, dopo la prima parte, mi è venuto in mente che non
avevo parole per esprimere una vera autentica gioia
nell'ascoltare uno tra i più importanti tenori del nostro
tempo, ed una voce straordinaria, tra le più rilevanti di
sempre. Tra l'altro l'ammirazione sconfinata che qualche
ingenuo scambia per partigianeria, non risiede solo nello
stile del porgere arie inconsuete od affrontate in teatro
per la seconda volta, (Parigi, a parte l'aria dal Mose), ma
nella continua innegabile ricerca che non è di tutti e da
tutti, con una volontà ed una professionalità che distingue
il grande cantante, e uomo eccezionale, dal cantante che è
grande per alcuni anni, ma che esaurisce in quel periodo la
propria volontà nel migliorarsi e nella ricerca del nuovo,
che a volte piace a lui e che sovente è bello per tutti.
Certo occorrono volontà e talento.
Per anni abbiamo auspicato che Florez affrontasse il
repertorio francese. Ora lo fa con grazia e stile, anche se
è indubbio che non è ancora perfetto; forse non lo sarà mai
per via del fatto che non è un francese e che se anche canta
benissimo la lingua d'oltralpe, non riuscirà ad arrotondare
certe note e cantare vocali seguite o precedute dalla r,
come potrebbe fare Alagna se fosse all'altezza di Florez,
però sopperisce a questa piccola mancanza, con un magistero
stilistico e tecnico, impeccabili.
In Rossini poi è superlativo: io che ebbi la fortuna di
seguirlo a Pesaro nell'Otello, sono rimasto incantato dalla
sapienza con la quale ha offerto una perfetta esecuzione di
"Che ascolto, ohimé. Che dici?", decisamente migliore
rispetto a Pesaro e tra le perle di una serata
straordinaria. Il tenore peruviano è al massimo della sua
formidabile ascesa: a mio giudizio, continuando a seguire
l'istinto e le indicazioni di chi lo segui, avrà la
possibilità di giungere ai 40 anni, con la leggerezza dei
grandi e di raggiungere i 50 al massimo delle sue
possibilità che, a mio avviso sono ancora in parte da
sviluppare, non sul piano stilistico, ma
dell'approfondimento e delle variazioni che egli stesso
saprà aggiungere a quel che lo spartito richiede, ma che
lascia liberi di inventare. (Ed arricchire il repertorio).
Comprendo che quando appare una stella dell'opera, già
segnalata da pochi, ma da attenti ascoltatori e critici, al
suo apparire, il continuare a scriverne anche con entusiasmo
possa sembrare ripetitivo; il fatto è che Florez non è
ripetitivo. Quasi mai. Non si accontenta, come un buon
Capricorno sa e mantiene nel suo DNA.
Non mi soffermo sui bis, straordinari; non voglio tediare
analizzando le arie francesi che solo qualche isolato
signore, definisce canzonette, prima cosa perchè le ho
godute con stupore, secondo perchè non le conoscevo, e di
alcune non ho letto lo spartito.
Che importa? Mille parole meriterebbe anche Scalera. Un
grande accompagnatore. Anzi un grande pianista. Uno che ha
saputo seguire con entusiasmo e bravura tutti i cantanti
importanti del secolo scorso (verso la fine), e tutti quelli
che in questo secolo, volevano un professionista con
personalità che sapesse. Punto. Che sapesse e basta. Ed in
questo verbo c'è tutto.
2 ore e 15 minuti ininterrotti di canto signorile, squisito,
con 5 bis, ed un intervallo di 20 minuti che porta lo
spettacolo Florez a 2 ore e 30 minuti. Che si voleva di più.
Pubblico in piedi. Applausi da curva sud. Due maglie del
Perù. Molti spagnoli. Loggione in estasi. Platea in piedi.
Tantissimi italiani. Non solo fans dichiarati.
Non si trattava di assistere ad un incontro di calcio, ma
alla lezione di canto di uno dei più importanti tenori di
sempre.
Per finire, non per apparire saggio, ma neppure partigiano,
sciocco, posso aggiungere che a me è sembrato uno dei più
straordinari concerti di Jdf. Al pari di quello di Parigi e
per quanto sia precisa la memoria, a quello formidabile di
Salisburgo. Per sottolineare ciò che ho ascoltato di
recente; senza contare Pesaro di due anni fa e delle arie
del Guglielmo Tell che insisterò fino a che avrò modo di
scrivere, con la Damerau e con i bassi, uno a caso, o un
baritono, scelto, (Ildar Abdrazakov e Paolo Bordogna ad
esempio), con Mariotti a capo dell'Orchestra e Coro di
Bologna, Florez dovrebbe incidere per la storia ed i
posteri.
Grandissima serata.
Maurizio Dania - ottobre 2011