Che cosa pensi della mente traspostone cinematografica delle due opere di Mozart, il Flauto magico realizzato da Ingmar Bergman e il Don Giovanni da Losey? Secondo te, rappresentano una evoluzione del gusto del pubblico verso spettacoli musicali?

Non credo che la realizzazione dei due film sia dovuta alla crescente richiesta di musica da parte del pubblico, quanto piuttosto al desiderio di due registi di grande levatura di cimentarsi nella trasposizione di due opere con alto valore simbolico e spettacolare.

Ti sembrano buoni film e spettacoli musicali accettabili?

Il Flauto magico mi ha un po’ deluso perché mi sarei aspettato che il regista realizzasse l’opera di Mozart <en plein air>, nei paesaggi nordici piuttosto che sul palcoscenico, come in passato; il Don Giovanni invece è imo splendido film interpretato da eccellenti cantanti che il regista è riuscito a rendere accettabili anche come attori. L’unica riserva è, nel secondo caso, sulla interpretazione del personaggio da parte del regista.

Perché i due registi hanno scelto due opere di Mozart con un elevato messaggio simbolico?

Sia Bergman che Losey non si sono mai distinti per film di carattere veristico-descrittivo; evidentemente entrambi hanno percepito nelle opere di Mozart l’opportunità di spaziare in una grande gamma di dimensioni simboliche, il Flauto magico per la sua componente fiabesca, e il Don Giovanni per il suo messaggio esistenziale, pienamente recepito da Losey.

Che cosa rappresenta il Don Giovanni nelle opere di Mozart?

Il Don Giovanni è l’opera di maggior impeto di Mozart, dove il musicista è andato al di là di sé stesso e del suo stile abituale. Il mito del personaggio e la sua vicenda drammatica hanno trascinato il grande musicista verso orizzonti preromantici con una intensità espressiva e scenica unica in tutta la sua produzione. L’opera infatti riesce a rendere con molta efficacia il conflitto del protagonista con le convenzioni sociali, mentre il Flauto magico scritta successivamente rappresenta un messaggio di riconciliazione cosmica.

E ’ riuscito il regista a rendere testo e musica?

Il Don Giovanni è stato reso con molta efficacia perché Losey è riuscito a portare l’opera al di fuori della scena angusta del teatro in un adeguato campo d’azione; mi pare anzi che la spettacolarità di film può distrarre lo spettatore dal messaggio musicale e simbolico.

La figura di Don Giovanni ha attirato parecchi pensatori: quale interpretazione ha seguito il regista?

Losey non segue nessuna delle interpretazioni classiche del <mito di Don Giovanni>, il protagonista dell’opera è reso da Losey come una figura livida, astiosa e nevrotica (Don Giovanni vuole e non riesce), senza quella tragica grandezza al limite della tracotanza del personaggio mozartiano.

La nevrosi di Don Giovanni è di natura esistenziale; il protagonista dell’opera è una figura malinconica perché non riesce a realizzare, tramite la continua seduzione delle donne che incontra, il suo desiderio d’amore che non è puramente fisico. Il personaggio è pervaso da un desiderio di autodistruzione e tutta la sua vicenda ruota intorno all’incontro finale con la statua del commendatore dove Don Giovanni mostra di accettare, sia pure con tracotanza, il suo tragico destino; nel film invece il protagonista è reso come un uomo spigoloso e meschino che ha paura della morte e del confronto finale e del <redde rationem> con il commendatore.

Avrei infine due riserve da avanzare che, a mio parere, sviano il senso dell’opera. I critici hanno voluto vedere nel Don Giovanni di Losey un industriale che trova la morte nella fucina di una vetreria roso dalla sua sete di denaro e potere, di cui anche la continua seduzione di donne è un aspetto; tale interpretazione volutamente sociologica mi sembra riduttiva; l’occhio fiammeggiante della fucina intorno alla quale all’inizio dell’opera, durante la ouverture, i personaggi compiono una metaforica passerella, sembra essere in verità l’occhio dell’inferno che magnetizza Don Giovanni ed entro il quale le presenze femminili sembrano sospingerlo quasi volessero anticipare la fine dell’opera. Losey inoltre ha ambientato il film nelle ville venete. Tale scelta, felice su un piano spettacolare, rende peraltro il protagonista un personaggio freddo, levigato e <di maniera>, ben lontano dalla solare tracotanza del personaggio mitico al quale meglio si addicono, a mio parere, delle architetture barocche meridionali.

 

Perché Don Giovanni è un uomo malinconico?

Perché ha una personalità dissociata che cerca costantemente di sanare con i suoi rituali di seduzione femminile. Egli in realtà non ama le donne ma l’atto di seduzione in sé, perché tramite questo gli sembra di riconciliare il proprio io diviso.

Giuseppe Bardone - Milano

 

 

Paolo Fenoglio

Dopo essersi dedicato agli studi classici e filosofici, Paolo Fenoglio svolge dal '73 un'intensa attività di saggista e conferenziere nel campo dell'estetica della musica, senza tralasciare occasionali interventi anche nel campo della filosofia e della storia della cultura. In particolare, ha tenuto oltre seicento conferenze in centri culturali, conservatori, università, licei e istituzioni musicali di numerosissime città italiane e talvolta anche in Svizzera.
Oltre ad aver firmato estese introduzioni storiche di parecchi dischi, ha pubblicato un centinaio di articoli e saggi (taluni anche di argomento letterario) sia su riviste specializzate e quotidiani, sia come presentazioni di importanti stagioni di concerti.
Nel '77 è uscito il suo volume Il pensiero filosofico e la musica (ed. Morcelliana, Brescia) e nell'80 -in collaborazione con Gianfranco Zàccaro- Le due strade di Schoenberg (ed. Lerici, Roma).
In tempi più recenti sono apparsi i due brevi ma densi saggi La musica come immagine del mondo (2006 CLUEB Bologna) e La Tetralogia wagneriana come profezia di un destino tedesco (2011, Bologna, Edizioni Ogni Uomo E Tutti Gli Uomini).
Dal '78 al '93 ha lavorato assiduamente con la RAI, per le cui tre reti radiofoniche ha realizzato, con vivo successo di pubblico, oltre trenta cicli serali e pomeridiani, anche in diretta, per un totale di circa cinquecento trasmissioni.

Occasionalmente Paolo Fenoglio è apparso anche in televisione (Rai Tre) per presentare alcuni concerti sinfonici e ha realizzato alcuni cicli di trasmissioni per la Radio della Svizzera Italiana e per la Radio Vaticana, collaborando ripetutamente anche con il settore culturale dei Servizi per l'Estero della RAI.
Dal 1979 è docente di Storia ed estetica della musica presso Milano Civica Scuola di Musica.

 

 

 

 

 

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Piazza Scala - settembre 2014