una nuova recensione del collega Maurizio Dania 

 

 

 

Fidelio

Teatro Regio,

Venerdì 9 Dicembre 2011
Domenica 18 Dicembre 2011

Locandina
Opera in due atti
Libretto di Joseph Ferdinand Sonnleithner
e Georg Friedrich Treitschke dal dramma
Léonore (ou L’Amour conjugal)
di Jean-Nicolas Bouilly

Musica di Ludwig van Beethoven

Personaggi Interpreti

Leonore, moglie di Florestan 
sotto il nome di Fidelio soprano Ricarda Merbeth
Miranda Keys (10, 14, 17)

Florestan, un prigioniero tenore Ian Storey
Kor-Jan Dusseljee (10, 14, 17)

Don Pizzarro, governatore di una
prigione di stato baritono Lucio Gallo
Thomas Gazheli (10, 14, 17)
Rocco, capocarceriere basso Franz Hawlata
Steven Humes (10, 14, 17)

Marzelline, sua figlia soprano Talia Or
Barbara Bargnesi (10, 14, 17)
Jaquino, portinaio tenore Alexander Kaimbacher

Don Fernando, ministro basso Robert Holzer
Primo prigioniero tenore Matthew Pena
Secondo prigioniero basso Vladimir Jurlin
Enrico Bava (10, 13, 15, 18)

Direttore d'orchestra Gianandrea Noseda

Regia Mario Martone

Scene Sergio Tramonti

Costumi Ursula Patzak

Luci Nicolas Bovey
Assistente alla regia Paola Rota
Assistente alle scene Luigi Ferrigno
Assistente ai costumi Sara Marcucci
Maestro del coro Claudio Fenoglio

Orchestra e Coro del Teatro Regio

Nuovo allestimento in coproduzione con
Opéra Royal de Wallonie (Liegi)

 


 

 

 

 

 

 


 

 

Credo che la differenza tra una "prima scaligera" ed un "prima torinese" risieda nell'alto valore dell'orchestra milanese che supera in precisione, concretezza e concentrazione, quella del Teatro Regio. Tranne che in certe, non rare occasioni. E' anche una questione di denaro e di pubblicità mass-mediatica. Fidelio ha una storia semplice, commovente, idealmente l'opera che tutti vorrebbero ascoltare. Non muore nessuno, c'è il dramma, la sofferenza, l'amore, la virtù, la cattiveria, il senso di libertà, una morale attualissima. C'è chi viene punito per le sue colpe, Pizarro, e chi amato da Leonora, che è Fidelio, viene liberato e così Florestano si ricongiunge alla sua sposa, tra le lacrime di Marcellina, disperatissima. Era innamorata di Fidelio, non pensando che fosse una donna. C'è la giustizia che trionfa. C'è il coro dei prigionieri, ingiustamente incarcerati, per via della politica tiranna. C'è il giusto, acclamato dai popolani.
E' l'unica opera composta da Beethoven e ne vengono esaltate le parti tipicamente sinfoniche anche se ricca di pezzi sublimi e di geniali intuizioni musicali, potrebbe non essere considerata drammaticamente coerente. Però il significato intimo del dramma emerge: la visione etica di Leonora è quella di Beethoven, ella vive una vicenda tesissima e vola verso alti valori civili.
Una discutibile scelta invece tra una delle due "prime" per me si coglie nell fatto che alla Scala occorre stupire. A Torino invece si racconta con eleganza. Con ciò insisto nel ritenere quella del Don Giovanni del 7 dicembre, una messa in scena geniale; pur considerando nella sua semplicità intellettualmente di altissimo rango, quella di Martone, per il Fidelio, più studiata, appassionante e che serve l'Autore, con rispetto per la musica e per i cantanti.
Se il Fidelio è stata un'opera che ha fatto soffrire Beethoven, nella cui musica si possono udire i temi di alcuni brani, seppure accennati di chiara impronta mozartiana, Martone interpreta le frasi dello stesso Autore che la sottolinea come un lavoro per il futuro, per scienza e per l'arte. Martone, i costumisti, lo scenografo, l'addetto alle luci, fanno apparire questa sofferenza. Con candore, con forza, ma anche con stile.
Non mi pronuncio sui direttori e sui concertatori, affermo solo che Noseda è un grande direttore e sa concertare come pochi al mondo. Per tutti valga ciò che è un inno alla libertà: impossibile non commuoversi davanti a pagine come «O welche Lust», il coro del primo atto nel quale i prigionieri, dal buio, possono finalmente vedere la luce del cortile: «O qual piacere, all’aria aperta respirare in libertà».
Sa anche accompagnare l'opera e gi artisti amalgamando le qualità della partitura, con le qualità ed i difetti dei protagonisti.
Questa sera ho comunque apprezzato l'insieme, che non mi farei sfuggire per una Salome specie per quel che riguarda il soprano Ricarda Merbeth. (Forse in leggera difficoltà nella grande aria del Primo atto, ma intensa nell'interpretazione: " Abscheulicher! Wo eist du hin?"). Ha cantato con grande bravura; in scena fin dall'inizio ha saputo modulare la voce, giocando tra i toni più drammatici a quelli più elegiaci, con uno scatto timbrico degno di una grande artista.
Splendida la Marcellina nel suo iniziale "O war isch ahon mit dir vereint". Agile nella voce e nella figura è stata molto applaudita.
Con qualche piccolo problema su cui sorvolo è stato apprezzato Lucio Gallo, Pizzarro; bravo interprete e dotato di buona tecnica Rocco, capocarceriere, con la voce di Franz Hawlata. Eccellente Florestano: Ian Storey è un buon tenore, certo non alle prime armi.
Tutti cmq si sono espressi con un risultato più che apprezzabile: il pubblico della "prima" al Regio, contrariamente alla tradizione ha applaudito lungamente, con molti "bravo" provenienti dalla platea.
Per sintetizzare, sugli scudi Noseda, il coro guidato da Claudio Fenoglio, e la Regia di Martone.
Chi possiede l'edizione in vinile della DGG diretta da Bernstein, può vedere a pagina 11 una foto che dona l'idea che Martone ha sviluppato grazie ai suoi splendidi collaboratori.


Maurizio Dania

 

Mia recensione per Japan travel on line - Carreras and musica in the world(Tokyo) e L'orecchio di Dioniso. (A disposizione di Repubblica). Ovviamente anche di chi volesse pubblicarlo sui blog o sui loro quotidiani e mensili. O trarne spunti.

 

 

 

 

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