In un momento in cui quasi tutte le piante hanno bisogno di un severo trattamento chimico per
poter crescere e dare frutto, esistono ancora dei frutti che non tollerano gli additivi. Fra questi c’è il fico d’India, più volte citato prevalentemente come pianta ornamentale o come …frizzo per vari
motivi, in primis pensando a qualche paracadutista sfortunato che ci finisce sopra dopo il lancio…
Eppure, in un mondo in cui tutto, o quasi, si sta adattando grazie anche alla bontà di madre natura,
io lancio un idea, non prima di aver raccolto da internet e trascritte qui di seguito alcune
informazioni su questa pianta.
Importato in Italia in tempi lontani, il fico d’India è, forse, l’unico frutto non trattato con additivi
chimici. Cresce facilmente nelle zone calde ed aride ed è un ottimo frutto estivo dagli effetti
depurativi e rinfrescanti. I fichi d’India o fichidindia (opuntia ficus indica) appartengono alla
famiglia delle Cactaceae, quella, per intenderci, del cactus e sono giunti in Italia dopo un viaggio
lunghissimo. Originaria del Sud dell’America, infatti, questa pianta vive rigogliosa nella
Cordigliera delle Ande e nelle Serre messicane. Fece la sua prima apparizione in Europa grazie a
Cristoforo Colombo che l’aveva portata in Spagna, ma sembra siano stati i Saraceni ad introdurre i
fichi d’India in Italia allorquando, nell’827, sbarcarono a Mazara, in Sicilia, da cui partì la
conquista musulmana di quel territorio, e da qui attraverso Sardegna e Corsica giunsero in
Provenza, per poi espandere la conquista su tutta l'attuale Liguria.

Sia da un punto di vista estetico che prettamente botanico, questa pianta si presenta quasi come un unicum. Le sue radici altro non sono che le pale (cladodi), ossia le foglie carnose e piene di spine, che si sovrappongono generando in tal modo un arbusto senza tronco e senza rami. I suoi fiori sono di colore giallo ed i frutti, di forma ovoidale, crescono in cima alle pale e sono coperti di
spine mentre la loro polpa, assai succosa e ricca di vitamine, contiene numerosissimi semi legnosi.
La pianta cresce molto rapidamente, senza particolari cure nei territori aridi raggiungendo i 3-5
metri di altezza e non ha bisogno di acqua, ad eccezione della fase iniziale quando una pala,
meglio due pale, della pianta madre viene interrata per circa due terzi per permetterne la
riproduzione. Per il resto attecchisce ovunque e con grande facilità tranne che alle basse
temperature.
E’ fondamentale ricordare che il fico d’India non necessita di interventi chimici per potersi
sviluppare ed è, quindi, una delle rarissime varietà di frutta che non subisce manomissioni da parte
dell’uomo. Si tratta, perciò, di un prodotto che andrebbe meglio diffuso e consigliato per le nostre
tavole e per la dieta mediterranea, nella quale entra a pieno titolo per la sua quantità di vitamine e
di acqua. Se ne distinguono quattro varietà: a frutto giallo, bianco, rosso e senza semi.
I fichi d’India hanno una funzione depurativa anche a livello epatico e sono raccomandati nei casi
di calcolosi renale in quanto favoriscono la diuresi, vengono impiegati come rimedio alle scottature e come analgesico. Nelle giuste quantità hanno un effetto blandamente lassativo anche se i semi legnosi contenuti nella polpa possono provocare stitichezza.
Inoltre le pale vengono utilizzate per curare diverse patologie quali angine, tonsilliti, tossi, febbri,
suppurazioni ed ascessi. Una curiosità è che anticamente esse venivano addirittura usate per
levigare il legno. Uno studio più avanzato sul fico d'India aggiunge a queste proprietà quelle di
combattere i parassiti del sistema digestivo, di essere utilizzata nel trattamento del diabete e del
colesterolo. La raccolta dei fichi d’India richiede una tecnica ancora a livello non meccanizzato in
quanto a tutt’oggi viene adoperato il caratteristico “coppo”, una sorta di contenitore a forma di
tronco di cono sulla punta di un bastone, oppure bisogna munirsi di appositi robusti guanti, insensibili alle spine.
Come si sbuccia il fico d'India ?
Tenendolo fermo con la forchetta; con un coltello ben affilato si tagliano le due estremità e si
incide per la lunghezza.... poi si fa "rotolare" sulla sua stessa buccia.


Detto questo, atteso che ormai certi frutti esotici e non, sono diventati di casa come, tanto per
citare i primi che mi vengono in mente, ananas, banana, dattero, mango, noce di cocco, papaia,
tamarindo ecc.ecc., perché non si valorizza anche il fico d’India (già presente nel mediterraneo)
allo scopo di creare un nuovo mercato ? Stante le sue favolose proprietà alimentari e sanitarie ?
Non saranno mica le spine un deterrente alla commercializzazione, visto che le noci che coltiviamo
noi in Italia hanno un involucro molto più spinoso ?
Vuoi vedere che, fra non molto, fiorirà un nuovo mercato

 

ARNALDO DE PORTI
Feltre (Belluno)

 

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Piazza Scala - settembre 2012