Di Giacomo Morandi

 

Leggo su Libertà del 26 agosto un intervento di Gianluca Tortora sul tema dei recenti provvedimenti introdotti dal governo per combattere l’evasione fiscale in Italia, molto più elevata rispetto ai nostri partner europei e agli altri paesi industrializzati, tanto che una sua riduzione anche solo del 50% produrrebbe introiti pari ad alcune manovre finanziarie.
L’intervento di Tortora mi è parso un po’ ottimistico circa l’efficacia risolutiva, sia pure parziale, di alcune misure introdotte dall’attuale governo. E’ pur vero che ogni provvedimento preso per contrastare il fenomeno risulta sulla giusta strada. “Meglio che niente”, si dovrebbe dire nel nostro caso, più che “meglio tardi che mai”.
Ripristinare la tracciabilità degli assegni e dei pagamenti introdotta a suo tempo dal governo Prodi, abolita dal governo Berlusconi con atto d’urgenza subito dopo la vittoria elettorale è un atto che va (o meglio torna) sulla direzione giusta, ma perché si è voluto raddoppiare la soglia a €5000? A me sembra che tale soglia consenta sempre l’occultamento della maggior parte dei pagamenti.
Introdurre l’aliquota “secca” del 20% sui redditi da locazione, a parte l’iniqua perequazione dei redditi bassi a quelli più alti (la stessa aliquota fiscale verrebbe applicata a chi possiede uno o due appartamenti e a chi ne possiede venti o trenta) alla faccia del principio della progressività delle imposte, non è detto che un’aliquota inferiore induca gli attuali evasori a mettersi in regola. Meglio sarebbe consentire agli inquilini di dedurre parte dell’affitto dalle proprie tasse e rendere quindi a loro conveniente l’ufficializzazione del contratto..
Il redditometro, come gli studi di settore per gli autonomi, è uno strumento in teoria efficace, ma di difficile applicazione o può risultare in indebite coercizioni nei confronti di qualcuno e di via libera per altri, i più grandi o i più furbi o i meglio assistiti da consulenti specializzati.
A me non pare che il governo abbia affrontato o abbia intenzione di affrontare il problema seriamente e con la necessaria severità. Non vorrei dire che il governo riservi un occhio di riguardo a un certo suo elettorato fedele, ma viene da pensarlo. Bisogna riconoscere, del resto, che nessun governo italiano, negli ultimi sessant’anni, si è impegnato con convinzione su tale tema.
A mio parere non servono molte regole. Non basta dire genericamente, come fa Tortora, che il governo ha intenzione di sveltire la conclusione dei controlli e l’incasso di quanto accertato. E’ noto che le indagini fiscali sono complicate ed è giusto che il cittadino abbia gli strumenti per difendersi dall’amministrazione finanziaria che può sbagliare e i tempi sono necessariamente lunghi anche per gli accertamenti e le indagini da parte di quest’ultima, senza parlare dei diversi gradi di giudizio per arrivare ad una conclusione definitiva.
Credo che il Fisco debba avere più strumenti d’indagine, oltre al Redditometro e ai controlli incrociati sull’abitazione in cui si vive (bilocale, attico con vista, villa con piscina, castello) comparato al reddito dichiarato e al patrimonio posseduto, e sulle “utilities”, acqua, luce, gas. Il fisco dovrebbe effettuare l’analisi del tenore di vita, delle spese familiari, come avviene, ad esempio, in America. Quando accerta un’evasione importante dovrebbe picchiare sodo, non strizzare un occhio, non concedere condoni o transazioni, addirittura scudi fiscali o leggi ad hoc, come effettuato recentemente dal governo per consentire alla Mondadori (una società della galassia Berlusconi) di transare un contenzioso pagando il 5% (cioè pochi milioni di Euro) di quanto accertato dal fisco, in pendenza di una decisione finale nell’ultimo grado di giudizio. Non sono necessari accertamenti a tappeto. Basta essere inflessibili quando si scopre l’evasione.
In Italia la maggioranza dei cittadini paga le tasse fino all’ultimo Euro (perché sono trattenute alla fonte o incorporate nel prezzo delle merci o anche per adempiere ad un dovere sociale), ma è accertato che almeno un quarto dell’economia naviga in nero. Non è un’iniquità a carico degli onesti che pagano anche per gli altri?

Giacomo Morandi - settembre 2010

 

 

 

 

 

 

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