Intesa Sanpaolo: ancora un piano industriale con un impressionante numero
di esuberi.
Il collega Leo Marchetti di Ravenna ci ha segnalato una notizia (comparsa
alcuni giorni fa sul Sole 24Ore) che segnala ultima brutale decurtazione dei
dipendenti della banca.
“Considerate le eccedenze di personale di oltre 10mila unità»: ecco come
inizia una lettera indirizzata il 30 maggio 2011 da Marco Vernieri, capo del
personale, alle OO.SS. Finalmente Le sigle sindacali (toh chi si
rivede!) – dopo aver so(u)pportato per anni le imposizioni del duo Bazoli/Passera
– non hanno chinato supinamente la testa come in passato ed hanno avuto una
reazione piuttosto violenta.
In realtà il piano industriale presentato ad aprile era basato su 8.000
“efficientamenti” dont 5.000 dipendenti da trasformare in “forza”
commerciale (dopo corsi di un giorno?): la chiave di lettura dei dati era
già allora allarmante in quanto era previsto un calo occupazionale da
101.000 (dont 70.660 in Italia) a 98.000 per fine 2013 determinato dal
blocco del “turnover” (ma quando mai!). In tale contesto le filiali dovevano
passare da 5.500 a 5.200/5.100, mentre i tagli di costi erano preventivati
in ca. 770/mln. di euro per la gioia degli azionisti.
Questo il precedente: come mai la comunicazione del 30 maggio ha segnalato
un maggior numero di tagli ed ha scitto che «la riduzione strutturale del
costo del lavoro» deve raggiungere «almeno 300 milioni di euro con effetto
dal primo gennaio 2014» (ex 257)?
I Sindacati hanno emanato una nota che stigmatizza il fatto che «l'azienda
fornisce oggi una nuova e preoccupante interpretazione delle linee di
intervento tracciate al momento della presentazione del piano d'impresa.
Spicca come una smaccata contraddizione, rispetto alle posizioni assunte
dall'Abi (l'ex di Intesa Micheli) nel confronto nazionale, il possibile
ricorso al Fondo di solidarietà per gestire l'uscita di personale in caso di
mancata riqualificazione dei 5.000 addetti». Le OO.SS. segnalano le continue
«provocazioni che giungono dalla controparte» che si configurano come «un
segnale gravissimo per le lavoratrici e i lavoratori di Intesa Sanpaolo» e
hanno ritornato al mittente la lettera perché «unico dato certo è che la
banca intende raggiungere gli obiettivi del Piano d'Impresa attraverso la
riduzione del costo del lavoro confermando quindi la tesi degli analisti,
che gli obiettivi di crescita, contenuti nel piano, sono troppo ambiziosi»
(siamo alla solita solfa: l’utile preventivato nei vari piani industriali
viene sempre raggiunto con una cifra di quadratura mai basata sulla reale
possibilità di ottenerlo se non a scapito di una diminuita efficienza
determinata da tagli, di solito lineari, di personale)..
In questo contesto segnaliamo il segretario nazionale della Fabi ha definito
«sconcertante e socialmente "vergognoso" che il gruppo Intesa, in un momento
così difficile per il Paese e per il mondo del lavoro, dichiari 10mila
esuberi, a maggior ragione per un gruppo che ha l'ambizione di porsi come la
banca "di riferimento" della nazione», ed ha richiesto l'intervento del
Governo. Per quanto ovvio la Banca ha avuto a sua volta una reazione
indignata in quanto «le affermazioni della Fabi, che sconcertano nel tratto
e sorprendono nei contenuti, sono destituite di fondamento. Intesa Sanpaolo
precisa che restano ovviamente confermati gli obiettivi del Piano d'Impresa
in materia di riorganizzazione e di riqualificazione delle risorse,
obiettivi peraltro apprezzati anche dalla Fabi», parole vuote di contenuto
(e con una preoccupante assenza di numeri) alle quali la FABI ha replicato
«Banca Intesa mente sapendo di mentire e smentisce solamente la Fabi. È una
vergogna».
A questo punto lo scontro sembra inevitabile e viene da chiedersi a cosa
serve veramente l’aumento di capitale di 5 miliardi se poi Banca Intesa
trova necessario risparmiare, sulla pelle del personale e dell’INPS (dati i
sicuri prepensionamenti che scaturiranno da questi atteggiamenti arroganti),
circa 300 milioni l’anno.
Un’ultima annotazione: a suo tempo le OO.SS. hanno accettato qualsiasi cosa
(ne sanno qualcosa soprattutto gli ex Comit ed ex Cariplo), anche sulla
pelle dei pensionati, ai quali per evitare maggiori spese a carico
dell’Istituto è stato recentemente negato un meccanismo di solidarietà
adeguato sul Fondo Sanitario di Gruppo. I Sindacati devono quindi meditare
sui propri errori del passato(anche recentissimo) che li ha posti un
una posizione subalterna e subordinata dei confronti di Intesa Sanpaolo.
Piazza Scala – giugno 2011