Piazza Scala

 

 

Come noto, la questione "esodati" è di fondamentale importanza nel panorama previdenziale dei nostri giorni. La responsabilità del provvedimento, certamente iniquo in quanto viene a stravolgere accordi presi in sede ministeriale (Elsa Fornero - già presente nel Consiglio di Sorveglianza di Intesasanpaolo - e Corrado Passera - già Amministratore Delegato della stessa banca - dovevano conoscerne le conseguenze in quanto avevano "spinto" la corsa agli esodi dei dipendenti come preliminari alla pensione e con tutte le conseguenze del caso). Ora Elsa Fornero ha stravolto tutto il panorama preesistente e non ci sembra etico affermare "per ora noi tuteliamo 65.000 persone (cui potrebbero aggiungersene altre 55.000): per gli altri (l'INPS - che dovrebbe essere la fonte più accreditata - parla di ben 390.000 "esodati") si arrangino i prossimi governi".

Nel silenzio assordante degli istituti di credito pubblichiamo una nota per FAPCREDITO di Michele Jacoviello, preparato giuslavorista di Torino e legale di fiducia della stessa FAPCREDITO.

Piazza Scala - 22 giugno 2012

 

 

Oggetto: La Riforma previdenziale Fornero – Monti e la questione degli “esodati”
 

A seguito di richieste pervenute da più parti, con il presente parere vorrei illustrare la complessa normativa sulla questione dei cd. “esodati” a seguito della Riforma Fornero / Monti, in riferimento al settore dei Bancari.

1. Il Decreto Legge 6/12/2011 n. 201, convertito nella Legge 22/12/2011 n. 214
Il suddetto Decreto Legge ha introdotto da un lato un differimento della data di accesso alla pensione, dall’altro una serie di deroghe per venire incontro ad alcune categorie, fra cui i cd. “esodati” ovvero coloro che rischiano concretamente di trovarsi senza lavoro e senza pensione.
Il Ministro Fornero così ha definito in Parlamento il 19 giugno la categoria: “quella di lavoratori che meritano, pur con costi per la collettività, di essere salvaguardati dagli effetti del recente inasprimento dei requisiti per il pensionamento. E lo meritano in quanto, rimasti privi di lavoro, avrebbero avuto, in un arco temporale ridotto, accesso alla pensione secondo le regole
previgenti”.
Le norme che ci riguardano sono contenute all’art. 24 del Decreto Legge, e precisamente ai commi 14 e 14 che trascriviamo in calce.
Le deroghe sono indicate al comma 14.

La deroga che più di tutte ci interessa è quella contenuta nella lettera c), in tema di “Fondo di solidarietà”.
Così recita la lettera c) del comma 14:
“c) ai lavoratori che, alla data del 4 dicembre 2011, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonché ai lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro la medesima data il diritto di accesso ai predetti fondi di solidarietà; in tale secondo caso gli interessati restano tuttavia a carico dei fondi medesimi fino al compimento di almeno 60 anni di età, ancorché maturino prima del compimento della predetta età i requisiti per l’accesso al pensionamento previsti prima della data di entrata in vigore del presente decreto;”

Senonchè tali requisiti di legge non fanno sorgere automaticamente diritto alla pensione.

Infatti il diritto alla pensione è concesso non a tutti gli aventi diritto, ma soltanto nei limiti delle risorse economiche esistenti.
In un lontano passato, invece, il Governo Amato del 1992, pur differendo la maturazione delle pensioni di anzianità, introdusse una deroga generale per una serie di persone (che corrisponderebbero all’ incirca all’ attuale categoria degli esodati).
Nell’ occasione, cioè, la legge individuò alcune fattispecie ritenute meritevoli, e tutti coloro che ne facevano parte beneficiarono della deroga e si videro riconoscere la pensione di anzianità.
Trascriviamo in nota quella antica norma (1).
Oggi i Sindacati (e soprattutto la CGIL tramite la Camusso) chiedono sostanzialmente l’introduzione di una norma analoga, di carattere generale e senza altre condizioni (“decreti e decretini”).
Invece oggi il Governo, pur riconoscendo l’esistenza di situazioni meritevoli di tutela sul piano sociale, e pur riconoscendo per legge tale diritto, tuttavia lo ha condizionato alla possibilità economica da parte dello Stato di sostenerne il costo.
A tal fine il successivo comma 15 così esplicitamente espone:

“Gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria provvedono al monitoraggio, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro o dell’inizio del periodo di esonero di cui alla lettera e) del comma 14, delle domande di pensionamento presentate dai lavoratori di cui al comma 14 che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto. Qualora dal predetto monitoraggio risulti il raggiungimento
del limite numerico delle domande di pensione determinato ai sensi del primo periodo del presente comma, i predetti enti non prenderanno in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefìci previsti dalla disposizione di cui al comma 14.”
Il limite di spesa disponibile viene individuato in € 240 milioni.

Per stabilire le “modalità di attuazione” del suddetto limite, il comma 15 fa espresso rinvio ad un Decreto Ministeriale, da emanarsi dal Ministro del Lavoro (Fornero) di concerto con il Ministro dell’Economia (Monti).
Il termine per l’emanazione del Decreto Ministeriale suddetto era stato stabilito dal comma 15 in mesi tre (ovvero entro il marzo 2012).
Senonchè tale termine è stato successivamente prorogato al 30 giugno 2012.
Tale proroga è avvenuta in forza del Decreto Legge c.d. “mille proroghe”, ovvero dal D.L. 29/12/2011 n. 216, convertito nella l. 24/2/2012 n. 14, all’art.6.
Tale art. 6, al comma 2 - ter, non si limitò a prorogare il termine per l’emanazione del Decreto Ministeriale, ma inserì nel Decreto Legge alcune modifiche sostanziali che riportiamo in nota (2).
In particolare, per quanto attiene al Fondo di Solidarietà, il successivo comma 2 - quater dispose sotto il profilo sostanziale che la permanenza a carico del Fondo venisse prorogata da “almeno 59 anni”, ad “almeno 60 anni”.

 

2. La preparazione del Decreto Ministeriale
Successivamente, verso la fine di maggio, venne diffuso il testo del Decreto Ministeriale predisposto dal Ministro Fornero, che individuava gli aventi diritto al pensionamento (in forza della deroga al differimento di legge) nel numero di 65.000 lavoratori, il cui costo presumibile per la spesa pubblica poteva stimarsi nei 240 mil di € stabiliti dal Decreto Legge 201/11 (art. 24 co. 15), poi lievitati a 245 mil di € in base al D.L. 216/2011 “Milleproroghe” (art. 6, comma 2 – septies, lett. b).
Il testo del Ministro Fornero suscitò vivaci polemiche, soprattutto per quanto riguardava l’individuazione del numero degli interessati.
Il testo venne poi inviato al Ministro Monti, che ricevette anche una relazione tecnica dall’INPS sul possibile numero degli interessati, individuati in 390.200 anziché 65.000 (di cui 17.710 a carico del Fondo di Solidarietà).

Va precisato però che l’INPS nella sua relazione metteva in evidenza anche altre categorie, fra cui il gran numero di coloro che sono stati autorizzati al versamento dei contributi volontari (circa 133.000 persone).
Il Ministro dell’Economia Monti sottoscrisse il Decreto Ministeriale, con alcune modeste modifiche, ma emanò un comunicato ufficiale con cui precisava che il Governo era consapevole che il Decreto Ministeriale non tutelava la generalità dei soggetti coinvolti in questo dramma sociale.
Il Decreto Ministeriale Fornero / Monti non è ancora - per quanto consta - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, e quindi non è ancora ufficialmente in vigore.
In proposito va però tenuto conto che il termine di legge è fissato al 30 giugno.

 

3. L’ analisi del Decreto Ministeriale
Il suddetto Decreto Ministeriale presenta numerosi e complicati problemi interpretativi.
In pratica il Decreto Ministeriale ribadisce che il solo possesso dei requisiti richiesti dalla legge non è più sufficiente, poiché occorre confrontarsi con un doppio limite:
a. il limite numerico dei 65.000 soggetti;
b. il limite economico dei 245 mil di €
Oltre tali limiti le domande di pensionamento non saranno più prese in esame.
Per il settore dei Bancari la norma che ci interessa è contenuta nella lettera c).
Tale lettera, per la verità, presenta due differenti versioni, se confrontiamo il testo del Decreto legge con quello del Decreto Ministeriale:

Tale modifica suscita serie perplessità se si considera che il Decreto Ministeriale aveva solo il compito di stabilire le “modalità di attuazione” della legge, e non certo quello di modificarla.
Si pone quindi il problema di stabilire in quali casi i lavoratori pur in possesso dei requisiti di cui alla lett c), potranno altresì considerarsi tra i “privilegiati” che potranno vedersi riconoscere il loro vero e proprio diritto, quasi si fosse in presenza di una triste e sinistra lotteria.
La legge infatti non stabilisce alcun criterio di priorità o prelazione fra soggetti con gli stessi requisiti, se non quello (3) “della data di cessazione del rapporto di lavoro”.
Tale criterio è chiaramente inapplicabile nel caso di accesso al Fondo di Solidarietà, poiché in questi casi il criterio significativo non è la data di cessazione del rapporto di lavoro, ma quello ben diverso della cessazione della permanenza al Fondo di Solidarietà, sia pure con la proroga fino all’ età di 62 anni.
E’ quindi ragionevole invece interpretare tale espressione “data di cessazione del rapporto di lavoro”, come data in cui termina la permanenza nel Fondo di solidarietà.
Né si potrà pensare che l’ INPS potrebbe “congelare” una serie di domande di pensione, per mantenere dei posti di riserva ad altre eventuali domande successive.

La novità di questo problema giuridico consiste nel fatto che normalmente la legge individua i requisiti per la maturazione del diritto (magari anche in termini restrittivi o ingiusti, ma non è questo il punto), e a quel punto chi possiede questi requisiti (ovvero gli “elementi costitutivi della fattispecie”) avrà sicuramente diritto a quanto previsto.
Invece qui, con una tecnica legislativa che non pare avere precedenti, non è più sufficiente avere i requisiti stabiliti dalla legge, ma occorre ulteriormente sperare di essere tra i “fortunati” che rientrano nel “plafond” stanziato.

Si pone quindi anche un serio problema di costituzionalità, poiché l’ art. 38 della Cost. garantisce la pensione a “tutti i cittadini” e non solo ad alcuni.
Si potrebbe obiettare che qui non è in questione un diritto al pensionamento, ma solo la possibilità di un suo anticipo in via di deroga eccezionale.
Resta però certamente un problema di costituzionalità sotto il profilo del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza, poiché non tutte le persone nelle stesse condizioni avrebbero gli stessi diritti, ed inoltre il criterio adottato (la cessazione del rapporto) è privo di ragionevolezza nel caso del Fondo di Solidarietà.
Ci si chiede cosa avverrà se una sede INPS sarà più lenta delle altre ad istruire la domanda di pensione.
Si dovrà forse revocare la pensione già concessa ad un lavoratore poiché nel frattempo è sopravvenuta la domanda di qualche altro la cui “data di cessazione del rapporto di lavoro” era maturata in precedenza ?

Chi dei due dovrà perdere la sua pensione, quando sulla carta entrambi avrebbero i requisiti di legge ?

 

4. Il diritto al pensionamento per coloro che sono (o saranno) collocati nel Fondo di Solidarietà
In base alla lett. c) avranno diritto al pensionamento con i vecchi criteri e le vecchie decorrenze, coloro che:
1) sono già attualmente titolari dell’assegno straordinario;
2) che saranno in futuro (dopo il dopo il 4 dicembre 2011) titolari dell’assegno straordinario purchè l’ assegno “risulti autorizzato dall’INPS”.
Naturalmente tale diritto vale solo nei limiti dei 65.000 soggetti ammessi, e quindi è un diritto condizionato alla disponibilità della posizione presso l’ INPS.
Qui si apre un altro enorme problema, ovvero quello delle implicazioni dell’autorizzazione dell’INPS per l’ accesso al Fondo di Solidarietà.

Va premesso che, come noto, l’assegno straordinario è finalizzato direttamente alla pensione (alla quale, tra l’altro, è commisurato).
Questo lo differenzia ad esempio dall’indennità di mobilità per il settore dell’Industria, dove magari un trentenne licenziato può usufruire della mobilità in attesa della ricerca di altre occupazioni.
Tenuto conto dello stretto nesso intercorrente fra l’assegno straordinario e la pensione, si è ritenuto che l’uno implichi l’altra, ovvero che in pratica non si può essere ammessi all’assegno straordinario se non si è certi poi di conseguire la pensione.

Sul punto l’INPS è intervenuto con il Messaggio n. 7223 del 27 aprile 2012, proprio a seguito del Decreto Legge Fornero / Monti.
Nel suddetto Messaggio l’INPS muove dalla premessa secondo cui “il diritto all’assegno straordinario è, infatti, subordinato al conseguimento della prestazione pensionistica al momento della cessazione della prestazione straordinaria”.
Ciò premesso, l’ INPS ha precisato ufficialmente che le sedi “non possono definire le richieste di liquidazione dell’assegno straordinario”.
Infatti mi sono state segnalate da più parti (ad esempio da Bartolozzi per la CR Firenze) delle lettere dell’INPS che rifiutano di prendere posizione sulla domanda di assegno del lavoratore.
Nello stesso messaggio l’INPS “fa riserva di successive istruzioni” dopo l’emanazione del Decreto Ministeriale.
Al momento non vi sono nuove istruzioni dell’INPS, ma d’altra parte neppure è ancora in vigore il Decreto Ministeriale.
Senonché in questo modo si finisce nella situazione del cane che si morde la coda, poiché il diritto alla pensione “in deroga” presuppone l’ammissione dell’assegno, ma a sua volta il diritto all’assegno presuppone la possibilità di maturare il successivo diritto alla pensione.
L’unica interpretazione ragionevole sarebbe quella secondo cui coloro che in base ai requisiti maturati avrebbero diritto all’accesso al Fondo di Solidarietà devono quantomeno essere automaticamente ammessi dall’INPS dal Fondo, e tutt’al più il problema si porrà successivamente, ovvero al momento del pensionamento, se fosse superato il limite dei 17.710 aventi diritto alla pensione.
Si dovrà tener conto altresì dell’innalzamento dell’età di permanenza nel Fondo fino a 62 anni di età (art. 2 lett. c) del D.M.).

Il Ministro Fornero, nel suo intervento in Parlamento del 19 giugno, ha precisato (pag. 6) con riferimento alla “nuova platea di lavoratori da salvaguardare”, che “potrebbero rientrare nello status di salvaguardato coloro che maturano i requisiti per la pensione entro la fine del periodo di mobilità”, aggiungendo poi che si sono individuati con l’ INPS “1.600 lavoratori del settore finanziario, aventi diritto ad accedere a fondi di solidarietà, che, per il necessario allineamento delle condizioni di salvaguardia tra settore industriale/servizi e settore finanziario e mantenendo il vincolo dei 62 anni,sono riferibili ad accordi stipulati tra il 4 e il 31 dicembre 2011”

 

5. I lavoratori incentivati entro il 31/12/11 senza passaggio per il Fondo di Solidarietà
Vengo ad un altro punto: l’ipotesi in cui, al di fuori dell’accesso al Fondo di Solidarietà, i lavoratori si siano dimessi entro il 31/12/2011 “in ragione di accordi individuale” (lett. g), oppure “in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative” (lett. h).
Questi lavoratori, di cui alle lettere g) e h) debbono seguire una particolare procedura, prevista dal Decreto Ministeriale.
Questa procedura è stabilita nell’art. 4 (commi 5, 6 e 7) e nell’art.5 del Decreto Ministeriale, attraverso delle apposite

Commissioni presso le Direzioni Territoriali del Lavoro.

 

6. Le Commissioni presso le Direzioni Territoriali del Lavoro
Le Commissioni presso le Direzioni Territoriali del Lavoro non sono competenti per tutte le ipotesi di “pensionamento in deroga alla proroga di legge” ma solo per alcune di esse, ovvero le lettere e), f), g) e h).
Tali ipotesi riguardano principalmente i lavoratori che hanno risolto il loro rapporto di lavoro entro il 31/12/11, in forza di accordi individuali (lett. g), o di accordi collettivi di incentivo all’esodo (lett. h).

In questi casi la Istanza alle Commissioni andrà presentata entro gg. 120 dalla pubblicazione del Decreto Ministeriale sulla Gazzetta Ufficiale.
Non rientrano invece in queste ipotesi di obbligo di istanza alle Commissione le situazioni relative al Fondo di Solidarietà (di cui alla lett. c).
La normativa sugli incentivati prevede sul punto che:
1. è necessaria un’istanza apposita presso la Direzione Territoriale del Lavoro, e rivolta alla specifica Commissione;
2. il termine di decadenza della suddetta istanza è di 120 giorni dalla pubblicazione del Decreto Ministeriale sulla Gazzetta Ufficiale (non ancora avvenuta);
3. le decisioni della Commissione di accoglimento vengono “comunicate con tempestività all’INPS, anche con modalità telematica” (art. 5 comma. 1);
4. avverso le decisioni di rigetto delle Commissioni è possibile “presentare istanza di riesame, entro 30 giorni dalla data di ricevimento dello stesso, innanzi alla Direzione Territoriale del Lavoro”.
Questa normativa sull’istanza alla apposita Commissione fa sorgere numerosi e difficili problemi, che possiamo così al momento enunciare.
1. Le Commissioni non possono concedere direttamente la pensione, ma si limitano ad accertare la sussistenza dei requisiti (ovvero la risoluzione del rapporto al 31/12/2011 con modalità sopra indicate);
2. la pensione andrà poi riconosciuta solo dall’INPS, che dovrà tener conto dei limiti (numerici e di spesa) di cui al Decreto Ministeriale;
3. le Commissioni non sono competenti per le altre ipotesi di deroga alla nuova normativa sul differimento della data della pensione: ad esempio non sono competenti per i lavoratori che transitano per il Fondo di Solidarietà, come già osservato, poiché tale ipotesi è menzionata dalla lett. c) e non dalle lettere g) e h);
4. non è chiaro a chi ci si possa rivolgere nell’ipotesi di rigetto dell’istanza: il Decreto Ministeriale non ne parla ma è di ritenere che sia il Giudice del Lavoro, anziché il TAR;
5. non è chiaro che cosa avvenga nel caso di rigetto illegittimo dell’istanza, poiché in caso di impugnativa giudiziale il lavoratore si potrebbe trovare comunque in ritardo presso l’INPS, che magari ha già esaurito il “plafond” delle risorse disponibili.

 

7. La possibile revoca delle dimissioni
Un ultimo problema si potrà porre presto, ovvero quello della possibilità per il lavoratore di rientrare in Banca, se non potesse conseguire il diritto all’assegno straordinario o alla pensione.
Si discute, ovvero, se in questo caso il lavoratore possa chiedere un “annullamento” o comunque la caducazione giuridica delle sue dimissioni (o della risoluzione consensuale del rapporto), qualora non sia stato pattuito nulla fra le due parti per l’ ipotesi di impossibilità di accesso alla pensione o al Fondo di Solidarietà.
Se le parti (lavoratore e Banca) avessero previsto per iscritto tale eventualità, allora è chiaro che i loro rapporti sarebbero regolati dagli accordi sottoscritti.
Esaminiamo però l’ ipotesi normale in cui le parti hanno agito da un lato dando come scontato un certo quadro normativo in tema di accesso alla pensione e al Fondo di Solidarietà, e dall’ altro senza menzionarlo esplicitamente nelle loro dichiarazioni.
In tal caso, se si verificasse un mutamento di questo quadro normativo, si porrebbe un serio problema giuridico di validità delle dimissioni (o della risoluzione consensuale del rapporto).
Il problema è ben noto ai giuristi da tempo assai risalente, e addirittura dalla fine dell’800, quando lo studioso tedesco Windscheid nel 1892 formulò la teoria giuridica della “presupposizione” (in tedesco “voraussetzung”).
Nonostante molti dubbi e divergenze, questa teoria giuridica è ormai accolta dalla Cassazione, e può essere così definita:
“il verificarsi di una determinata situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) la quale possa ritenersi tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso – pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali – come presupposto condizionante il negozio”.
Per fare un esempio pratico, secondo questa teoria, se Tizio acquista un terreno edificabile da Caio, pagandolo un prezzo assai elevato, e successivamente viene modificato il piano regolatore ed il suddetto terreno diventa agricolo perdendo quasi tutto il suo valore, allora Tizio potrebbe far valere il fatto che i due contraenti hanno negoziato sul presupposto (comune ad entrambi) secondo cui il terreno era edificabile.

Anche se le due parti non avevano esplicitamente previsto tale eventualità, secondo la teoria della presupposizione, Tizio potrebbe chiedere lo scioglimento del contratto di compravendita del terreno.
Venendo al nostro caso, è evidente che nel corso delle procedure di riduzione di personale (con collocazione dei lavoratori in esubero dapprima a carico del Fondo di Solidarietà e poi in pensione) le Banche e i sindacati, e poi anche i singoli lavoratori, hanno agito sul presupposto comune che i lavoratori che accettavano di risolvere il loro rapporto di lavoro avrebbero usufruito dapprima dell’assegno straordinario e poi della pensione.

Tale situazione di fatto e di diritto era certamente data come scontata da entrambe le parti, ed anzi era spesso perfino menzionata negli atti della procedura di riduzione di personale.
È evidente che alla luce di ciò, di fronte ad un completo stravolgimento del quadro normativo in tema di accesso all’assegno straordinario ed alla pensione, potrebbe porsi seriamente il problema dell’annullamento delle dimissioni (o della risoluzione consensuale del rapporto).
Sul punto si debbono fornire ancora due precisazioni.

In un passato lontano (circa 20 anni fa) il problema venne già posto in giudizio in occasione del primo blocco delle pensioni di anzianità operato nel settembre 1992 dall’allora Governo Amato (Decreto Legge 19 settembre 1992, n. 384).
In quell’occasione vi furono lavoratori dimissionari dalla Fiat che impugnarono le loro dimissioni alla luce del fatto che non potevano più accedere alla pensione di anzianità.
La domanda venne respinta dalla sentenza 23/6/1995 della Pretura di Torino (Cengarle /Fiat Auto).
La sentenza suddetta, pur ammettendo la sussistenza giuridica del principio della presupposizione, tuttavia nel caso concreto della Fiat non ravvisò la prova che il lavoratore e l’azienda avessero risolto il rapporto di lavoro proprio a causa del conseguimento della pensione di anzianità, e non per altri motivi.
Questa conclusione, nel caso della Fiat, era rafforzata dal fatto che l’indennità di mobilità non è affatto finalizzata alla pensione, potendo essere conseguita – come abbiamo visto - anche da lavoratori trentenni in cerca di nuova occupazione.

Al contrario, venendo al caso delle Banche, la collocazione nel Fondo di Solidarietà è proprio finalizzata alla pensione, e quindi la situazione giuridica si presenta ben diversa.
La seconda precisazione consiste nella doverosa menzione della lontana sentenza di Cassazione 23/1/1992 n. 728, con la quale venne escluso che la presupposizione potesse applicarsi alle dimissioni, in quanto atto unilaterale, e non contratto bilaterale.
Si tratta di orientamento lontano e non condivisibile, ed in ogni caso va tenuto conto del fatto che nell’ipotesi di lavoratori bancari in esubero, a monte delle dimissioni dei lavoratori, vi sono sempre degli accordi sindacali o delle “offerte al pubblico” da parte delle Banche.
Questi sono alcuni dei problemi (e nemmeno tutti) che si pongono dopo l’esame del Decreto Fornero-Monti.
Sicuramente la complessa situazione è in fase di sviluppo ed occorrerà seguirne l’evoluzione.

 

8. Le indicazioni operative
I Sindacati hanno consigliato di aspettare a firmare gli accordi individuali di risoluzione del rapporto di lavoro (v. Comunicato delle OO.SS. dell’ Unicredito del 24 maggio).
Al momento si possono dare alle Associazioni le seguenti indicazioni operative:
1. controllare la pubblicazione del Decreto Ministeriale sulla Gazzetta Ufficiale;
2. controllare l’emanazione di nuovi messaggi o circolari da parte dell’INPS;

3. sollecitare l’INPS a riprendere in esame tutte le domande oggi sospese di accesso al Fondo di Solidarietà, impugnando giudizialmente l’eventuale diniego o silenzio o sospensione della risposta;
4. per coloro che non sono interessati al Fondo di Solidarietà e si sono dimessi entro il 31/12/2011, presentare subito (e comunque entro i 120 giorni dall’ entrata in vigore del Decreto Ministeriale) l’istanza alla apposita Commissione presso la Direzione Territoriale del Lavoro.
5. Condividere le informazioni in nostro possesso, in modo da poter dare indicazioni comuni.


Da parte mia resto aperto ai contributi di tutti, in una materia tanto difficile e incerta.
Vi terrò informati sugli sviluppi, e resto a disposizione per ogni chiarimento.
Cordiali saluti.


Avv. Michele IACOVIELLO

 

Note:

 

 

 


Allegati (cliccare sulle icone per visualizzarli):

Testo dei commi 14 e 15 dell’ art. 24 del Decreto Legge, nel testo ad oggi vigente
Testo del Decreto Ministeriale Fornero Monti
Testo del messaggio INPS n. 7223 del 27 aprile 2012


 

 

 

 

 

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Piazza Scala - giugno 2012