Percorrendo la ‘sopraelevata’ strada panoramica genovese che costeggia il
vecchio porto, si scorge
nello ‘skyline’ del centro storico ergersi una torre merlata medioevale: la
Torre degli Embriaci situata nella contrada in collina di S.ta Maria di
Castello.
La torre fu costruita intorno ai primi anni del XII secolo non si sa se per
dimora protetta o più
semplicemente come aggiunta alle mura di difesa della ‘Superba’.
Essa misura 165 palmi, vale a dire 41 metri ed è una delle poche rimaste
dato che le altre ‐ circa una
sessantina fino al 1200 ‐ o furono dimezzate dall’editto ‘ Drudo Marcellino’
del 1196 (il quale stabiliva in 80 palmi ‐ 20 mt, l’altezza massima delle
torri) o abbattute per far posto a nuove costruzioni.
Gli Embriaci ‘rampante’ schiatta di mercanti, consoli, ambasciatori e
ammiragli genovesi divenne famosa per le gesta del capostipite Guglielmo,
detto ‘testa di maglio’ che mercé il suo impeto battagliero, si procurò
onori e fama al tempo della prima crociata (1099); la sua famiglia diede poi
lustro alla città partecipando per decenni al governo cittadino e
contribuendo alla crescita del libero Comune.
L’Embriaco nacque a Genova intorno al 1070, fu condottiero indomito,
valoroso nonché architetto e progettista di ottime macchine da guerra. A
seguito della chiamata di Goffredo di Buglione partecipò alla crociata in
Terrasanta assieme a molti valorosi genovesi.
Fu così che Guglielmo si imbarcò a Genova su due galee, assieme al fratello
Primo Castello per raggiungere Giaffa dove, così ci racconta il
Caffaro, per evitare che le navi cadessero in mano mussulmana le smontò e
grazie al suo ingegno bellico, ne utilizzo i pezzi per la costruzione di una
torre da guerra che posizionata sotto le mura di Gerusalemme contribuì non
poco alla caduta della città santa. Tanto fu grande e valorosa l’impresa di
Guglielmo e dei suoi seguaci che l’ammirato Goffredo fece scolpire sulla
porta del Santo Sepolcro la seguente frase: Praepotens Genuensium Praesidium.
Dopo aver partecipato alla conquista di Cesarea, Guglielmo ritorna a Genova,
signore di Biblos, portando con se oltre ad un cospicuo bottino, un reperto
che unitamente agli altri meriti, gli valse la nomina a console (1102) e che
ancora oggi è conservato nel tesoro della cattedrale di S. Lorenzo.
Si tratta di un calice di pietra verde ritenuto a quei tempi il ‘Sacro
Graal’. Più recentemente venne
considerato come il piatto usato da Gesù nell’ultima cena fino a quando la
datazione al carbonio rivelò trattarsi di un manufatto islamico per giunta
di epoca posteriore.
La torre tuttavia intatta, quasi millenaria, resta a testimonianza delle
ardue e valorose imprese di
Guglielmo.
Vincenzo Graziano
Piazza Scala - novembre 2012