Non
ho ancora letto il nuovo libro di Giampaolo Pansa, in uscita in
questi giorni da Rizzoli, ma mi ha interessato, per il momento, la
puntuale recensione di Mario Molinaroli, come l'estratto del libro
dello stesso autore Pansa, pubblicati nei giorni scorsi da
"Libertà". Dirò che ho
subito rilevato la consueta tecnica di Pansa di estrarre dai fatti
storici, veri in massima parte, la sua tesi che invece rivela spesso
forzature e interpretazioni estreme non condivisibili da chi si
interessa di storia, per non parlare degli storici "veri". Era il caso
dei vari libri sulla Resistenza e sulle vendette di gruppi o
gruppuscoli di partigiani nei confronti dei repubblichini nei giorni
della Liberazione, attribuite sbrigativamente a tutta la Resistenza
o almeno a tutte le formazioni di stampo comunista. In questo
nuovo lavoro, l'autore cerca di spiegare i motivi dell'avvento del
Fascismo nel 1922 partendo da fatti storici effettivamente avvenuti
e da lui riportati
correttamente, ma poi, come nelle altre occasioni, forza i fatti e
ne trae conclusioni che non mi sento di condividere, anche perchè
ormai abituato a leggere libri di storia scritti con criteri
scientifici da studiosi italiani e stranieri, quelli che Molinaroli
chiama "mitici", cioè da sfatare, da ridimensionare, e finalmente
chiariti dal romanziere/storico Pansa. Nella
recensione e nell'estratto pubblicati sul giornale non ho potuto
fare a meno dal rilevare, insieme ad affermazioni, ripeto,
corrette e condivisibili su ciò che accadde in quei tre anni
fatali per il nostro paese, affermazioni un po' semplicistiche e per
molti versi affrettate, se non addirittura di parte. Farò
brevemente qualche esempio. Si dice che a partire del 1919 le
sinistre agitarono violentemente lo spettro della rivoluzione
bolscevica e che proprio ciò indusse i "moderati"
a reagire, ma si afferma anche che né i dirigenti socialisti né
quelli comunisti la volevano. Gli altri non se n'erano allora
accorti? Fu una reazione alle parole e alla propaganda? Giusto
affermare che le sinistre erano profondamente divise e che la
scissione di Livorno dei comunisti fu devastante per la sinistra e
che questo favorì la reazione di quelli che vengono definiti
"moderati". Giusta anche l'affermazione che oltre alla reazione
violenta dei fascisti vi fu, determinante, la repressione legale
della polizia, dei carabinieri, della guardia civica e dei prefetti,
a senso unico contro le sinistre. Ma come ciò si concilia con la
tesi che l'avvento del fascismo fu colpa soprattutto dei socialisti,
nel 1922 divisi in tre tronconi? Va ricordato
che i primi due anni del dopoguerra furono caratterizzati dalla
grave crisi sociale, con milioni di disoccupati, soldati smobilitati
senza assistenza, senza lavoro, in un società in cui molti
industriali, agrari, imboscati, speculatori si erano arricchiti con
la guerra caricata sulle spalle delle masse, in tre terribili anni
nelle trincee. L'azione
delle sinistre, si afferma, "bastò a provocare la reazione dei
moderati". Bastò? E bastò la violenza dei fascisti, finanziata
dall'establishment agrario/industriale/finanziario, contro gli altri
partiti, i sindacati, le cooperative, i giornali, i municipi, le
persone indicate come avversarie? Non bastò certo. La cosiddetta
rivoluzione fascista sarebbe stata facilmente sconfitta se le
istituzioni non l'avessero fiancheggiata e, alla fine, non ci fosse
stato l'intervento eversivo della monarchia. "Mussolini e
le sue certezze". Mussolini estremista massimalista e poi,
improvvisamente, reazionario?
L'affermazione che "tutti gli italiani erano fascisti" non è pure
accettabile. A parte che in una dittatura, sorretta da diverse
polizie, da persecuzioni sul lavoro, dalla stampa di regime, mi pare
ben difficile misurare il consenso popolare che indubbiamente in
parte ci fu fino al cosiddetto "impero" e che svanì rapidamente già
prima dell'infausto intervento nella II guerra mondiale, vi fu se
mai una "zona grigia", come l'ha chiamata lo storico revisionista De
Felice, composta da masse indifferenti, rassegnate, mugugnanti,
passivamente resistenti alle vessazioni, alle leggi ridicole, alle
imposizioni poco credibili, alla propaganda. Forse i cittadini
dell'Unione Sovietica erano tutti convinti comunisti? Su una cosa
mi dichiaro d'accordo con Pansa. E' verissimo (e vergognoso) che
pochi italiani abbiano reagito, fra il 1938 e il 1943, alla
persecuzione degli ebrei. E' vero che pochi li aiutarono o
compresero la loro tragedia e addirittura molti ne approfittarono,
ma non fu adesione o approvazione delle leggi razziali e complicità
con i nazisti. Fu semplice (e colpevole) indifferenza. Zona grigia,
appunto.
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Piazza Scala - ottobre 2014