Musica operistica. 2013: 200 anni dalla nascita di Giuseppe Verdi

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Tutto il repertorio che molti anni fa venne pubblicato dalla Philips, con il Maestro Gardelli ed alcuni cantanti dello star system non ebbe una grande eco tra gli appassionati e gli studiosi d'opera che s'interessarono all'argomento sospinti dal fatto che per la prima volta venivano registrate in studio quei capolavori intellettuali e musicali che forse lo stesso Autore, tra qualche eccezione, non amava alla follia.Fu un'operazione anche commerciale, ma non priva di rilevanza.Oggi si può ripetere, ricominciare da capo quel progetto, con rinnovato entusiasmo. Con giovanile baldanza. A 200 anni dalla nascita.
Erano gli anni della Rossini-renaissance; ci fu un tentativo di trovare un Philip Gossett per le opere di Donizetti ed anche di Bellini, ma non ricordo che la ricerca venisse coronata da successo. Nel corso degli ultimi quaranta anni  il consumo musicale italiano e straniero è stato soggetto a profonde modifiche; il gusto del pubblico è mutato; la sua età anagrafica; lo studio, la presenza di molti giovani cantanti, hanno permesso di presentare titoli di punta del tradizionale repertorio operistico, anche quelli che hanno subito una progressiva erosione, (come spiega sempre Gossett nel suo libro "Dive e maestri", mentre opere ineseguite da decenni e talvolta da secoli, anche verdiane, sono state riproposte al pubblico con frequenza sempre maggiore. Sovente questi esperimenti, compiuti in Italia, ma soprattutto negli Stati Uniti e nei Paesi del nord-est europeo, hanno avuto una fortuna episodica, essendo originati da una curiosità mal riposta. Poco preparati, mal studiati, non rivisitati adeguatamente attraverso la ricerca delle fonti e la comparazione tra diverse trascrizioni, molti lavori sono stati abbandonati, anche per la mancanza di denari, di un mercato che fosse anche solo intellettuale, e quindi dimenticati. Si dice che manchino i soldi: si è certi che i CD sono costosissimi e che non si possono più registrare se non in teatro, durante una rappresentazione dal vivo. Ma i denari per le case dei politici e per le speculazioni finanziarie ci sono, per strapagare registi ormai sul viale del tramonto o ripetitivi, si trovano.
 Progressivamente, invece, all'interno della lenta metamorfosi del repertorio (se questo può ancora essere così chiamato), la rinascita rossiniana, più che non quella verdiana appare come il fenomeno probabilmente più sbalorditivo e importante che si sia verificato nel consumo musicale italiano, e di riflesso mondiale, negli ultimi decenni. Arrigo Quattrocchi scrive qualcosa di simile e le sue frasi sono il preludio ad uno studio sul fenomeno che ha interessato il pesarese.
Tornando a Verdi dopo Nabucco e i Lombardi iniziò per l'Autore un periodo difficile. Gli anni di galera, come vennero definiti. A Masi egli scrisse:
"A Masi
5 novembre 1845
Grazie delle notizie dell’Alzira, ma più ti ringrazio della memoria che conservi del tuo povero amico, imprigionato continuamente a scribacchiare note, delle quali Iddio scampi le orecchie di ogni buon Cristiano. Maledettissime note! Come sto di fisico e d’anima? Di fisico sto bene, ma l’anima è nera, sempre nera, e sarà sempre cosi finché non avrò finito questa carriera che aborro. E dopo? E’ inutile illudersi. Sarà sempre nera cosi! La felicità non esiste per me"

Dal 1844 al 1851 il nostro amato Giuseppe per poco non impazzì. Eppure aveva prodotto Nabucco, I Lombardi, Attila, il Macbeth, Luisa Miller e prima di Rigoletto moltissime sono le pagine straordinarie che hanno caratterizzato sovente più le melodie che i personaggi. Compose musiche che costituiscono gli anelli di una catena, o di una collana ineguagliata per la sua drammatica bellezza, che porta verso la maturità, verso la composizione di capolavori di valore assoluto. Chi può dimmenticare la sinfonia de' "Il giorno di Regno", oppure le voci della Caballè e della Norman nel Corsaro.
Oggi, pur in un periodo triste per i continui attacchi alla cultura italiana, alla musica, al nostro patrimonio nazionale, (anche se obbiettivamente mai come in questo frangente si è prodotta tanta offerta non solo operistica, di gran livello, in tutto il Paese), uno straordinario gruppo di interpreti potrebbe ricominciare dall'inizio, a ripresentare il giovane Verdi, a cominciare dall'Oberto, conte di San Bonifacio.
Non so se ci saranno gli studiosi che avranno il coraggio, la bravura e la pazienza di Gossett e di Zedda come di Mariotti padre e di altri per offrire al pubblico del mondo, che ama la musica e soprattutto quella italiana, una revisione critica delle opere giovanili di Verdi; o che continui e termini un lavoro monumentale uomini e ricercatori capaci di mettere insieme gli infiniti pezzi della poetica, oserei dire, dell'evoluzione filosofica, musicale del Maestro di Roncole. Anche se va ricordato che da oltre un secolo appassionati e professionisti del settore vedono nel catalogo di Casa Ricordi un punto di riferimento per iniziative di grande impegno editoriale per la musica vocale e strumentale.
So invece, soprattutto dopo aver ascoltato la non più giovanissima Antonacci, bravissima, e Alessandra Marianelli, Paolo Bordogna, Guido Loconsolo, Ivan Magrì, il 29 gennaio a Parma, ne' "Un giorno di Regno", ma anche conoscendo le caratteristiche vocali riscoperte, volute e cesellate da Alessandro Cammarano, Cinzia Forte, Carlo Colombara, Francesco Meli, della già conosciutissima Marianna Pizzolato, Micaela Carosi, Serena Gamberoni, Cinzia Forte con l'aiuto e la passione di chi è nella storia della vocalità italiana, come Daniela Dessì o Patrizia Ciofi e molti altri ancora che dimentico ed ai quali chiedo scusa, per non poterli citare tutti, che si possono riscrivere e ripresentare quelle opere verdiane che nonostante i Domingo e le Caballè, non sono decollate, forse anche perchè mancavano della naturale freschezza, dono impagabile dell'entusiasmo che regalano al loro lavoro i giovani interpreti.
La stessa Rancatore, non sara' brava come la signora Deutekom, però perchè non affidarle il ruolo di Odabella nell'Attila?
Ci vogliono tanti denari?  Certo occorre lavorare parecchio, ma il giovane direttore dell'orchestra di Bologna, oppure un teatro come il Regio di Torino, o il San Carlo di Napoli, non potrebbero raccogliere l'invito, scommettere sul futuro, avendo già molte certezze nel presente?
Aprendo quest'area tutta da riscoprire, probabilmente anche i giovani, potrebbero avvicinarsi all'opera lirica e dimostrare come avviene quando a Venaria o in teatro  si presentano ad un concerto di Allevi, o per ascoltare la Sonnambula, oppure la IXa di Beethoven, che un'operazione culturale impegnativa, ma seria e soprattutto sostenuta con entusiasmo, può essere un'indispensabile matrimonio tra la tradizione ed il futuro.
Mi piace ricordare l'ultimo periodo che su Wikipedia conclude la presentazione di Giuseppe Verdi. E' un'utile lezione per tutti:  Verdi fu per tutta la sua vita uno sperimentatore, proteso verso traguardi sempre più alti e dotato di un senso critico fuori del comune, che gli permise di andare incontro ai gusti di un pubblico sempre più esigente pur senza mai rinunciare ai propri convincimenti di uomo ed artista. L'enorme epistolario che ci ha lasciato, oltre a rappresentare un affascinante affresco di quasi settant'anni di storia italiana (dalla metà degli anni trenta dell'Ottocento sino alla fine del secolo), è uno strumento per conoscere un Verdi "inedito", orgoglioso della propria estrazione contadina, ma allo stesso tempo uomo fondamentalmente colto e osservatore fine della realtà e dell'ambiente che lo circondavano, personaggio inquieto e protagonista carismatico di un'epoca memorabile. Stimato e amato da un ampio pubblico internazionale è, con Giacomo Puccini, l'operista più rappresentato al mondo, occupando un posto privilegiato nell'olimpo dei più grandi creatori musicali di tutti i tempi. Coraggio amici dell'opera. Nonostante tutto, c'è speranza. Vero signor Ministro?

Maurizio Dania - giugno 2010

 

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