In difesa della Cultura
di Maurizio Dania - Ven. 11 Giu, 2010

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Io non so quale sia la verità. Anche nei processi, ai quali molti si sottraggono, si sentenzia la verità processuale, che si avvina a quella assoluita, ma non la è. Figuriamoci quando si scontrano ideologie e personalità, professionalità così diverse tra loro, sul tema della cultura. E quanti parlano o scrivono, non solo qui su Facebook o su altri giornali telematici come OC, senza saper bene la materia, forse solo per averne sentito parlare, (sull'Almanacco Topolino)!
Queta parola, cultura, continua appassionatamente a riempire la bocca, ma con poco senno, delle persone che con questo semplice sostantivo pensano di crescere di un gradino, nella considerazione di chi si potrebbe domandare, che cosa sia e di che cosa si stia parlando.
Problema: le cose affermate da chi lavora in teatro, quello musicale in particolare sono assolutamente verificabili; non si raccontano bugie, nè storie; chi vive di teatro, ma anche di ricerca, chi impiega la propria intelligenza ed il proprio sapere con scrupolo, per vivere, per scelta, per attitudine, come molti amici bolognesi, milanesi o tedeschi, qui nel nostro Paese, si sente un emarginato, quasi come se rubasse lo stipendio. Purtroppo il sindacalista che protesta oggi si limita al contingente: al periodo storico-politico che viviamo. (Però è un'iniziativa che deve svolgere, con altri: è suo dovere è il suo sentire).
Le cose affermate da chi è un esperto e gode di credibilità o di autorevolezza, sono incontestabili.
Troppi sprechi, troppe analogie ci sono tra chi è vissuto con la cultura, senza produrre nulla di essenziale o di utile, nei conservatori, all'università, nei teatri. Queste tragedie hanno radici lontane; radici innaffiate dall'acqua delle sovvenzioni statali, sovente a pareggio, solo presentando la nota spese, sia che provenisse dalla DC, sia dal Centro-sinistra, che dal Pentapartito o dal Centro-Destra.
Avveniva per le amministrazioni locali, Comuni e Province.
La questione grave, inaccettabile è quella esposta da molti professori universitari e Rettori, non ultimo quello della Normale di Pisa, su radio Rai 3, il 7 o l'otto giugno: oggi più che in altre epoche, non solo mancano i denari; mancano le idee e l'idea stessa di cultura. Tutti i Paesi democratici, in periodi di crisi profonda, hanno investito nella scuola, nella ricerca, nella musica; hanno perciò finanziato iniziative ponendo l'accento sulle peculiarità proprie. In Italia si sono costruite strade senza sbocchi, ospedali solo inaugurati, teatri che sono stati ricostruiti dopo decenni e si stanno per inaugurare musei bellissimi sul modello Guggenheim Museum, che richiuderanno dopo pochi giorni per mancanza di fondi e di opere da esporre. Si sono moltiplicate le cattedre e corsi universitari inutili hanno garantito stipendi ad insegnanti esperti in materie senza rilevanza, come quella che regala una laurea in "Scienza dei movimenti femminili nell'America del Sud a cavallo dei due secoli". A che serve la "Storia e filosofia"?
Io non parlerei nè discuterei più di qualità: ma di possibilità di usufruire delle ricchezze italiane, anche e soprattutto in campo musicale operistico e sinfonico; in quella direzione si poneva anche il mio ragionamento sullo studio delle revisioni critiche e la produzione di autori quali Verdi, Donizetti, Bellini. Invece rilevo che si discute e ci si avvita su piccoli problemi, quali quello relativo allo stipendio degli orchestrali italiani, misero in confronto agli stessi che sono garantiti ai colleghi tedeschi, a parità di rango e di bravura, dimenticando che altri come Tutino ad esempio e Bondi cenano sul Titanic che affonda e neppure troppo lentamente. Si continua a recitare sul palcoscenico della politica, arraffando ciò che è possibile. A volte ci si indigna ma nonostante che tutto intorno sia in rovina o si stia trasformando in macerie, i signori delle varie caste continuano ad affamare il popolo.
Bondi parla di cultura, come se non sapesse di mentire e di dover compiere uno sforzo per dimostrare l'indimostrabile, che è anche dimostrabile, perchè pochi lo conoscono e quei pochi non parlano o non ne hanno la convenienza. Lui deve difendere con aria curiale una scelta che è un suicidio. Non può non saperlo.
Chi ne parla, come Ronconi o Zeffirelli, spera di far dimenticare i miliardi di lire che hanno incassato anche per regie non passate alla storia e che non sono altro che messe in scena, a volte bizzarre. (Che siano dei geni non discuto). Per non parlare delle follie che si compiono in campo cinematografico. Roma contro Venezia, addirittura; poche storie, il Festival di Venezia è ben altra cosa rispetto alla Festa romana, voluta dal centro sinistra per conquistare voti, consensi e denari e che la destra non si è certo sognata di abolire.
Sprechi: qualcuno mi spiega perchè la Regione Lombardia ha 7000 dipendenti, e la Regione Sicilia 27000?.
Poi si vogliono i ponti sullo stretto, ma non quelli tra ricerca, università ed industria e progetti già in atto, marciano al ritmo di quella funebre di Chopin. (Dalla sonata per piano nr 2, in si bemolle).
Smettiamola di prenderci in giro. Questi sono i grandi problemi. Come quelli relativi alla lotta all'evasione. Basterebbe che si potessero detrarre le spese per la casa di proprietà, magari solo la prima e quelle mediche e specialistiche: idraulici e professionisti dovrebbero emettere fatture. Altro che tracciabiltà dei pagamenti in contanti.
Altre cose si dovrebbero fare; altre azioni di protesta, più dure e più incisive.
Altrimenti i fazzoletti bianchi, le lenzuola, le pagine senza articoli, non avranno senso: meri esempi di un modo di protestare antico, come lo sciopero del pubblico impiego, o generale, o di settore.
Perchè di venerdì? Per allungare il weekend? Forse sarebbe più clamoroso occupare la Camera ed il Senato, quando i signori sono assenti e silenziosamente, senza violenza, con le televisioni del mondo presenti, indicare quanto poco seria sia la politica: ci penseranno dall'Inghilterra alla Germania, ci penserà l'Europa ad indicare al mondo di quale pasta siano fatti i governanti della "loro" Repubblica. Nel senso della Repubblica dei signori delle caste italiche.

 

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