Pensieri su una Banca che non c'è più

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Franzo Grande Stevens lasciando l’IFIL, chiudendo una carriera di collaboratore tra i più preparati ed apprezzati dalla famiglia Agnelli ha affermato che doveva ringraziare tre eventi importanti che hanno segnato la sua vita: gli studi universitari, l’incontro con l’Avvocato e l’esperienza che aveva maturato alla Banca Commerciale Italiana.
Non fu l’ultimo, né il primo dei grandi uomini, politici, imprenditori, professionisti e giornalisti, che hanno trascorso una parte della loro vita alla Comit. Scalfari, Malagodi, La Malfa sono i primi nomi che mi vengono in mente. Eh si: perché quella banca così autonoma, laica, la più importante tra quelle d’interesse nazionale, formava, investiva denari in cultura, studi, analisi e su persone che riteneva potessero porre al servizio dell’Istituto, ma anche del Paese, i propri talenti, alcuni dei quali nascosti e che dovevano essere valorizzati.
Molti avranno già scritto quanto manchi a chi ne ha fatto parte.
La Commerciale: quella Banca, definita da coloro i quali la distrussero e umiliarono i suoi amministratori, dirigenti e funzionari, come un manipolo di incapaci che avrebbero compiuto errori imperdonabili. Vedremo fra dieci, quindici anni che ruolo occuperanno.
La verità è meno complicata di quanto appare: un’intervista della scorsa estate, pubblicata su alcuni tra i più importanti quotidiani italiani, rilasciata dal professor Giovanni Bazoli, rivela un astio senza ritorno, nei confronti della Comit che una volta venne chiamata da Cuccia per salvare il Banco Ambrosiano, e che, quando non ce ne fu più la necessità, pochi anni dopo tentò di acquisire il Nuovo Banco Ambrosiano, lanciando un’OPA, considerata ostile. (Così viene chiamata un’OPA o OPS lanciata per scalare una S.p.A.).
Evidentemente il Polo Bancario Cattolico che creò il Moloch Intesa, doveva difendere i propri segreti e mal si conciliava tutto l’affare con l’acquisizione da parte di Comit.
Così la nostra Banca è stata distrutta, cancellata: quella Banca che all’estero era ammirata; quella che a Tokyo, come a Brasilia, accompagnava sempre una delegazione italiana a capo della quale ci fosse il Presidente della Repubblica o quello del Consiglio dei Ministri. I nostri rappresentanti erano sempre presenti. Le nostre Sedi erano tra le più accoglienti che esistessero; la preparazione in materia economica e finanziaria dei nostri uomini di punta era riconosciuta ovunque.
Tranne che in Italia, in un certo periodo, orribile per l’Istituto, per i suoi uomini, fossero ai vertici o semplici commessi.
Perché com’è banalmente noto, un portiere d’albergo, con tutto il rispetto, se svolge la sua attività in una pensione di Riccione, dopo anni e anni, non può avere la stessa esperienza, l’apertura mentale, il comportamento e l’educazione di chi la svolge all’Hilton di New York. All’estero, ed io viaggio molto, me lo chiedono personaggi che occupano ruoli non banali:” Com’è stato possibile?”.
E chi tra noi è a due passi dalla pensione, ma ha vissuto la maggior parte della propria esperienza, all’Hilton, si deve adattare, faticosamente, con qualche rancore, a sentirsi dire in dialetto come si deve rispondere al telefono alla famiglia che prenota una settimana di vacanza sull’Adriatico.
Il portiere d’albergo lo sa benissimo: eppure deve subire giornate di corsi, affidati a società esterne, frutto dell’organizzazione di virtuose Università, che pur preparatissime, non inventano nulla di nuovo. Lo sanno solo raccontare bene, anche perché ben remunerati. Ci mancherebbe!
Il mio pensiero è opinabile solo se qualche nuovo soggetto bancario dimostra di saper valorizzare anche le capacità del presunto “nemico”; solo se, dopo che sarà finita la festa dei facili guadagni speculativi, quelle che oggi appaiono in difficoltà, cioè le banche commerciali, torneranno ad essere i motori dell’economia perché i loro funzionari e dirigenti, preparati, sapranno valutare il rischio, anche in base alle persone che intraprendono ed ai progetti che desiderano realizzare.
Mi è stato chiesto di scrivere un “pezzo” che non trattasse di politica; che accarezzasse l’argomento culturale relativo ad Asti, dove ancora vive mio padre, Venezia, dove lavora in qualità di insegnante universitaria, la mia compagna giapponese; oppure di Tokyo, di musica operistica, del mondo che ho visitato grazie alla musica: lo farò se lo vorrete, con molto piacere, ma prima dovevo togliermi il sassolino dalla scarpa, il quale è un macigno che pesa sul mio cuore ed infastidisce la mia intelligenza, per poca, normale o molta che sia.
I traguardi si raggiungono con il tempo; costano fatica; pretendono che sia pagato un prezzo: ma quando ti spostano la linea dell’arrivo prestabilita, quando sai che non è stata colpa tua, che tu hai proprio dato tutto quel che avevi, allora nessuno può pretendere più nulla da te, se non il tuo perdono. Che non arriverà mai perché tutti i movimenti del cuore, sono dettati dai movimenti dell’amor proprio.
(Schopenhauer) 

Maurizio Dania - giugno 2010

 

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Commenti:
09 marzo 2011: Caro Maurizio, leggo solo oggi il tuo contributo e, nel condividere riga per riga, ti saluto con affetto da amico e da antico collega. Vincenzino Barone

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