Correva l’anno 1627 allorché Vincenzo Gonzaga rese l’anima a Dio. S’apri così una guerra di successione per il dominio del Monferrato e di Mantova. Gli schieramenti nella contesa: da una parte, la Francia supporter dei diritti dei Gonzaga-Nevers e dall’altra, la Spagna propensa a sostenere le mire di Carlo Emanuele di Savoia che oltre al Monferrato, avrebbe ‘gradito’ fortemente anche la riviera ligure di ponente.
Il governatore di Milano Don Gonzalo di Cordova tentò, con poca fortuna, una mediazione tra i contendenti al fine di evitare un possibile conflitto; ma Il Savoia non ne volle proprio sapere .
Anzi proprio sul finire del marzo 1628 venne alla luce un complotto ordito e finanziato da Carlo Emanuele a danno della Repubblica Genovese.
Dimorava allora in Genova l’ ambiziosa famiglia dei Vachero, ricchi borghesi titolari di proprietà nella zona di Porta dei Vacca fin dal XI secolo.
L’acceso capo della congiura, Giulio Cesare Vachero, originario di Sospello nella contea di Nizza, già soggetto quindi all’autorità dei Savoia, pare fosse noto alle cronache giudiziarie quando nella primavera del 1626, fu accusato di complicità nella congiura genovese di Vincenzo De Marini ma fu scagionato per mancanza di prove. Ci viene tramandato che uno dei giudici istruttori lo definisse: ‘’persona d’inclinazione mala e perversa, dissimulatore e sanguinario, bugiardo e senza fede spinto dal desiderio di sensualità più sfrenate e licenziose’’.
Istigato da un certo Ansaldi, voltrese ma residente a Torino, agente diplomatico e finanziatore per conto di Carlo Emanuele di Savoia, il Vachero ci riprovò assieme al famoso medico Zignago ed altri oppositori: avrebbe dovuto far insorgere la popolazione uccidere i capi del governo oligarchico, sterminare i nobili e chiedere l’intervento armato di Carlo Emanuele già sul piede di guerra con le guarnigioni di Alba e Acqui.
Colpo di scena, ci fu un ripensamento! Uno dei congiurati denunciò i propri compari la sera prima dell’evento. Vachero arrestato, fu sottoposto a orribili torture prima durante e dopo l’inevitabile processo ma restò muto salvo quando, condannato al capestro, chiese a gran voce di essere decapitato. L’accontentarono; nella notte tra il 30 ed il 31 maggio 1628 fu giustiziato assieme ai complici Zignago, Silvano e Fornari. Ancor oggi in piazza Vachero, a metà della via Del Campo tanto cara a Fabrizio De André, fa mostra di se una colonna che al contrario di quella di manzoniana memoria, poi abbattuta nel 1778, continua a ricordare l’infame tradimento. L’iscrizione recita (traduzione):

‘’A memoria dell'infame Giulio Cesare Vachero, uomo scelleratissimo, il quale avendo cospirato contro la Repubblica, mozzatogli il capo, confiscatigli i beni, banditigli i figli, demolitagli la casa, espiò le pene dovute’’.

La famiglia Vachero in seguito, al fine di nascondere l’infame colonna, ottenne il permesso di costruire una fontana che ancora oggi copre, per gran parte, la storica ‘vergogna’.
 

A cura di Vincenzo Graziano - Genova

 

 

 

 

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Piazza Scala - aprile 2013