Situato
ai “tre confini” al limite cioè delle tre provincie di
Taranto, Bari e Brindisi, è un comune di circa 12.000
abitanti, situato a 394 mt. s.m. sull’ultimo lembo della
Murgia orientale della Puglia e fa parte del prestigioso
club dei Borghi più belli d’Italia. Si affaccia sulla Valle
d’Itria nella cosiddetta Murgia dei Trulli ed è un
territorio già abitato sin dalla preistoria, dal paleolitico
al neolitico, e i reperti di questi insediamenti primitivi
(utensili e armi) sono visibili nella raccolta del locale
Museo Civico.
Il nome deriverebbe da
“Cis-Sturnium” cioè “al di qua di Sturni, antico centro
japigio nei pressi di Ostuni – distante pochi chilometri –
che aveva preso la denominazione da Sturno, compagno
dell’eroe omerico Diomede, scampati alla guerra di Troia.
Fu conquistata dai Romani che
incantati dalla salubrità dei luoghi vi costruirono numerose
ville e fu, probabilmente, sul sito di una di queste che i
monaci basiliani innalzarono nell’VIII secolo la Badia di
San Nicola; sulle fondazioni di questa chiesa bizantina fu
edificata nel XIV secolo, in stile romanico pugliese,
l’attuale chiesa matrice. Qui si possono ammirare una
scultura del 1517 raffigurante la Madonna del cardellino, un
coro del XVII secolo e un crocifisso ligneo del ‘300.
Nella stessa piazzetta della
chiesa matrice sorge la Torre Normanno-Sveva del XIII secolo
che, anticamente, costituiva la porta di accesso al casale e
ancora oggi viene chiamata Porta Grande dai cistranis’ (gli
abitanti in dialetto locale).
Le abitazioni del borgo antico,
molto grande e popolatissimo, sono tutte imbiancate a calce
e sono rimaste pressoché intatte dal ‘400 in poi. Vi sono
anche dei palazzi settecenteschi con ampi portali e giardini
pensili.
Dal “belvedere” si gode uno
stupendo panorama sulla Valle d’Itria o Valle dei trulli
(dal greco “trullos”, cupola) queste caratteristiche
costruzioni a pianta generalmente circolare all’esterno,
quadrata all’interno, su cui si imposta la cupola aggettante
a tholos (derivante dalla civiltà micenea) ottenuta con
pietre calcaree piatte. Come potete osservare dalle immagini
è un “borgo” che alla luce del sole emana un bagliore quasi
abbacinante che si riflette sulle secolari pietre laviche
della pavimentazione stradale dove regna sovrana una pulizia
quasi maniacale! Segno, questo, di grande civiltà.
“Frequento” questo borgo da
almeno cinquant’anni in quanto mia suocera era nativa di
Cisternino e tuttora vive una zia di mia moglie, novantenne
ma con lo spirito e la verve di una ragazzina, che spesso
andiamo a trovare.
Oggi Cisternino è un luogo
visitato e apprezzato anche da moltissimi VIP sia del mondo
dello spettacolo che della cultura e dell’arte. Taluni
addirittura vi risiedono stabilmente. Gli inglesi, in
particolare, sono rimasti affascinati da questo sito e
moltissimi sono ormai diventati proprietari di trulli per i
soggiorni estivi. Con un’accorta e saggia politica di
destagionalizzazione tutto l’anno si svolgono importanti
mostre d’arte ed eventi musicali come il Ghironda Winter &
Spring Festival e la Rassegna annuale di Musica Jazz.
Ma la cucina, eh! la cucina
signori miei, merita un discorso a parte. Qui veramente “la
natura è piena di infinite ragioni”: Cisternino è ricca di
locali dove il mangiar sano e bene è diventato una vera e
propria arte. Dal ristorante alle bracerie tutto è curato in
maniera non dozzinale, dove non ci si abbuffa solo di carne,
ma vengono proposti piatti sfiziosi e curati; la carne
comunque è il “piatto forte” ed è proveniente rigorosamente
da allevamenti locali (agnelli, capretti, maiali, vitelli e
manzi) e i prezzi sono più che modici. En passant, sono
andato a trovare Luano il giovane proprietario dell’Osteria
Bell’Italia (una vera bomboniera) del quale conoscevo il
padre che tanti anni fa aveva avviato questo locale. In
questo tour fotografico mi ha accompagnato mia moglie che si
è prestata a fare da figurante nei vari scorci fotografici.
Le specialità più tipiche sono:
Lianari pinti (dal latino
“laganum” striscia di pasta) conditi con sugo di
pomodoro fresco o al ragù misto di carne (agnello e
manzo).
Fave e cicorie.
Cervellata, salsiccia
sottile, non legata a rocchi, di carne suina insaporita
con pepe nero, vino bianco e finocchio selvatico (nella
cucina milanese è tradizionale un insaccato con uguale
nome in italiano, ma di composizione e impiego diversi).
Gnummaridd (dal latino
“glomu, glomeris”, cioè gomitolo): involtini di
interiora di agnello o capretto (fegato, cuore, polmoni,
milza, rognoni) conditi con prezzemolo e spezie e
stretti all’interno del budello dello stesso ovino.
Bombette: involtini di carne
di manzo ripieni di formaggio pecorino locale, capocollo
e spezie.