Agosto 2010: vacanze in Val di Fassa
Mi sono innamorato della Val di Fassa dopo aver “scollinato” per oltre 20
anni le Alte Vie delle Alpi Valdostane, immense, maestose, superbe, ma –
giudizio molto personale - non “affascinanti” come le Dolomiti. Ho percorso
sentieri stupendi e mozzafiato, ma il più suggestivo resta per me il Giro
del Catinaccio. L’ho percorso non so quante volte tanto da conoscerlo ormai
a memoria e ogni volta ho provato le stesse emozioni e sensazioni della
prima volta.
Come tutti gli escursionisti-alpinisti sanno, ogni rifugio alpino è dotato
di un timbro di controllo.
Per deformazione personale da bancario, ogni volta ho impresso “la data
certa” della mia visita sulla cartolina di ogni rifugio che poi mi sono auto
spedita a casa. Ve ne presento qualcuna dei rifugi di questo percorso con
date riferite ad anni diversi a testimonianza del mio amore per questa
montagna che mi spinge sempre a rivisitarla.
Mia eccezionale compagna di escursione è stata sempre mia moglie la quale,
pur avendo subito di recente una frattura al femore e due interventi (ora è
perfettamente a posto), quest’anno ha voluto effettuare un “revival”, ma ci
siamo solo “avventurati” dal rifugio Gardeccia al rifugio Vajolet e per chi
conosce il percorso, insomma, è comunque un bell’andare!
Si arriva al rifugio Gardeccia (1949 mt) con circa 15 minuti di bus-navetta
che partono dal piazzale a Pera di Fassa accanto alla partenza della
seggiovia per Ciampedie. Volendo si può utilizzare quest’ultima e percorrere
poi a piedi un facile sentiero nei boschi fino al rifugio Gardeccia.
E' senza dubbio la più bella attraversata, anche se impegnativa e da
affrontare con certezza di bel tempo, del gruppo del Rosengarten
(Catinaccio) per la selvaggia bellezza dei luoghi.
Ci si avvia sul sentiero n. 583 presso il ponticello in legno che è situato
sulla strada poco prima del rifugio Gardeccia.
Un consiglio per i meno esperti: Occorre essere innanzitutto “allenati” in
quanto la “camminata” si aggira intorno alle 6,50/7,00 h. Senza tener conto
delle eventuali soste nei rifugi. Munirsi di casco e di cordino per il
tratto ferrato al Passo delle Scalette: Direi che sarebbero quasi
obbligatori. E, naturalmente, non deve mancare nel vostro zaino una cartina
dei sentieri. Suggerirei la mitica Tabacco scala 1:25.000 che tutti gli
escursionisti conoscono.
Salita dolce per circa 60’ Seguendo l'andamento sinuoso delle pendici del
Larsech, ricoperte da un'inestricabile vegetazione a pino mugo, ci si porta
alla base delle cime i cui nomi richiamano le antiche leggende del Re
Laurino. Qualche difficoltà inizia allo scivolo roccioso di accesso al
Larsech ed è consigliabile indossare il casco visto il percorso ripido e su
detriti. Si aggira la propaggine sud orientale del Gran Cront, in
corrispondenza di un tetto di rocce finemente stratificate. Si continua
salendo senza difficoltà in un rado bosco di abeti e larici per uscirne
infine e attraversare un largo canalone rovinoso. Il sentiero si svolge
nella gola stretta tra massi e rocce, in forte pendenza e molto spesso si
devono usare anche le mani per la salita. Non sempre i segni bianco/rosso
che indicano la via migliore sono visibili e suggerisco vivamente di
cercarli con cura (guardare gli “ometti” piccole piramidi di pietra). In
questa parte del percorso (come sempre, del resto, in montagna) fare molta
attenzione nei movimenti: anche se non si è esposti su strapiombi, il
canalone alle spalle è molto ripido e con rocce friabili. Si passa un nero
filone di roccia vulcanica, si entra nel greto di un torrente seguendone per
un tratto il corso, si supera un pendio detritico oltre il quale iniziano le
roccette, che si superano con l'ausilio di paletti e fune metallica. Per
zolle erbose si esce sulla sommità della gola del Passo delle Scalette, m
2.348 (ore 2.00). Ci si avvia a destra e contornando la costa orientale
della vasta piana del Lago Secco, si entra nella spoglia valle di Lausa. Si
supera con una lunga diagonale un risalto roccioso, si sfiora una piccola
conca sabbiosa dalla quale si sale con marcata pendenza verso il Passo di
Lausa a m 2.700 (ore 1.30; 3.30) nel cuore del Gruppo del Larsech dove si
gode un panorama mozzafiato. La salita verso il Passo di Lausa, che avviene
in uno “scenario lunare”, tutto roccia, guglie e cielo dove regna un
silenzio irreale, presenta ancora un breve tratto attrezzato ma è comunque
molto più agevole di quello delle Scalette (anche se in qualche tratto è
comunque necessario aiutarsi con le mani). Si attraversano in direzione nord
e poi est un susseguirsi di avvallamenti, lastroni rocciosi e modeste
elevazioni. Si costeggia dall'alto il Lago di Antermoia per scendere quindi
rapidamente verso il rifugio omonimo (ore 0.30; 4.00) ove termina il
sentiero segnavia n. 583. Qui occorre fare una sosta e bere un tè bollente
(con una correzione di grappa che non guasta!), quindi si lascia il rifugio
seguendo il sentiero sulla sinistra con segnavia 584 per passo di Antermoia
/ rifugio Passo Principe. Si costeggia il piccolo lago di Antermoia sul
fondo della piccola conca pianeggiante per una ventina di minuti, poi si
risale decisamente verso il passo (2770 mt, la quota più alta di tutto il
percorso). La salita (sul lato sinistro di un torrentello) non presenta
difficoltà e conduce sul passo in 60' dalla partenza dal rifugio. Sul passo
di Antermoia non ci sono, purtroppo, cartelli indicatori per il rifugio
Passo Principe che è la prossima meta. Si deve tenere la destra e scendere
lungo il ghiaione ai piedi del Catinaccio di Antermoia (particolare
attenzione per la friabilità del fondo, anche se il percorso non è
particolarmente difficile). In 30’ si arriva al rifugio Passo Principe,
letteralmente abbarbicato su uno sperone di roccia. Da qui il percorso
(sempre segnavia 584) si allarga e non presenta più difficoltà, lasciando
anche la possibilità di guardarsi intorno mentre si scende a valle. In 40’
si giunge ai rifugi (affiancati) Vajolet e Preuss (2243 mt) e in altri 30’
al rifugio Gardeccia alla partenza del bus navetta per il ritorno a Pera di
Fassa.