Pubblichiamo una nota di Mario Auterio ed Emilio Rosso sulla recentissima sentenza di Cassazione che ha purtroppo gelato le attese dei pensionati 98/99: ricordiamo tuttavia che l'unico merito dell'iniziativa va attribuito esclusivamente al collega Giorgio Cozzi (Milano), che una decina di anni fa aveva coinvolto l'Anpecomit (ma non solo...) al fine di procurare un  sostegno alle rivendicazioni di chi era stato ingiustamente penalizzato due volte dall'accordo del 1999.
Ricordiamo che i colleghi ricorrenti erano rappresentati e difesi dai legali Manfredo Lavizzari, Vittorio Lofiego e Antonio Pileggi (quest'ultimo nella veste di ultimo relatore ed anche di domiciliatario come risulta dalla sentenza): del collegio difensivo non faceva infatti parte Michele Iacoviello.
Piazza Scala

 

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Avendo seguito assiduamente la causa in oggetto, anche con qualche “collaborazione”, ci permettiamo di svolgere alcune considerazioni sul recente giudizio.

 

Un sintetico richiamo ai precedenti

 

Tribunale di Milano

Si ricorda  che nel novembre 2006 è stata avviata una causa da parte di 144 Pensionati 98/99 per il riconoscimento dei “diritti quesiti” e dell’art. 27 del vigente Statuto.

La vertenza si basava, per il primo punto,  sul fatto che la riduzione (al 74,3%,) delle pensioni dall’1/01/98 dei  “Pensionati 98/99”, “ratificata” dalle Fonti Istitutive con la Riforma del Fondo del 16/12/99  decorrente dall’1/01/2000, trovava i citati beneficiari  con il diritto alla pensione piena già acquisito, come quello dei “Pensionati ante 98”,  in quanto le delibere del CdA del “Fondo” in data 23/12/97 (acconto del 75%, con appostazione al Passivo del Bilancio 1998 sub “Creditori Diversi”, pag. 21, del residuo 25%), e in data 28/06/99 (riduzione al 74,3%)  erano nulle per carenza di poteri (spettavano inequivocabilmente alle Fonti Istitutive, come da art. 18 co. 7 del D.Lgs. 21/04/1993 n. 124).

Con sentenza del Giudice Di Leo del 6/06/2007 la domanda sui “diritti quesiti” è stata accolta con motivazioni lucide e puntuali, mentre la domanda sull’applicazione dell’art. 27  è stata dichiarata nulla, “non avendo allegato i ricorrenti alcun elemento concreto a supporto dell’istanza” (in realtà a questo caposaldo dei Pensionati 98/99 erano state dedicate inspiegabilmente poche  righe. Perché ?).

 

Corte d’appello di Milano

Il 19/07/2007 il “Fondo” ha presentato ricorso alla Corte di Appello di Milano – Sezione Lavoro e successivamente  il Giudice De Angelis, con sentenza del 18/03/2008,  ha respinto la domanda dei Pensionati 98/99 sui “diritti quesiti”: le delibere nulle sono state considerate, con disinvoltura,  come “aventi carattere sostanzialmente unitario e negoziale dell’iter….” che ha portato alla Riforma del Fondo !.

Nel contempo ha dichiarato “non proposta la domanda degli attori dichiarata nulla” (si tratta dell’art. 27, la cui domanda – nonostante specifica richiesta di alcuni P. 98/99 ricorrenti -  non era stata incomprensibilmente riproposta).

 

Corte di Cassazione

E’ seguito, il 25/09/2008, il nostro   ricorso in Cassazione e, dopo oltre 5 anni di silenzio e soltanto a seguito di specifica istanza nel c.a. (anche dietro nostro sollecito),  la discussione  è stata fissata, con “biglietto di Cancelleria” del  3/03/14,  all’udienza dell’8/04/2014.

 

 

La sentenza della Corte di Cassazione dell’8/04/2014, depositata il 19/06/2014

 

Si tratta di un giudizio severo per i ricorrenti Pensionati 98/99, giudizio che però si caratterizza anche per la mancanza di qualsiasi rilievo all’operato del Fondo, e questo può apparire obiettivamente troppo !

In ogni caso la sentenza è, a nostro sommesso avviso, sostanzialmente ingiusta.

 

La Corte ha preliminarmente dichiarato l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità avanzata dal Fondo, che avrebbe voluto la concentrazione delle azioni davanti all’organo della procedura concorsuale, anziché al giudice del lavoro (cfr. punto 1)

Ha inoltre ignorato l’affermazione del Fondo per cui sull’art. 27 si sarebbe determinato il   “giudicato”.

 

Ha quindi affrontato i motivi del ricorso dei Pensionati 98/99 sui “diritti quesiti”, giudicandoli inammissibili o infondati, con il conseguente rigetto del ricorso stesso.

Quello che colpisce di questa sentenza  è la forte censura rivolta ai ricorrenti per il fatto  di non aver  provveduto a produrre o a trascrivere, per intero o quanto meno nelle parti salienti, gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda (cfr. da  punto 2.3.4 a 2.4.2).

Così come, quando “La Corte milanese ha ritenuto che l’accordo sindacale del 16 dicembre 1999 è intervenuto a conclusione di un complesso iter avviatosi con gli incontri 15-22 dicembre 1997 facendo propri (id est: recependo) i provvedimenti adottati in precedenza dal Consiglio di Amministrazione del Fondo, visti quindi come attuazione di un’intesa o di un progetto…”   i ricorrenti non avrebbero adeguatamente censurato le argomentazioni della Corte di Appello  (cfr. punto 2.4.4).

E’ evidente la gravità di queste circostanze, che hanno minato  l’intera azione di contrasto degli attori a quelle che erano apparse da sùbito  subdole e sovente distorsive , se non addirittura mistificatorie,  motivazioni del Fondo.

Tant’è che i Giudici di legittimità  hanno finito per   condividere la tesi del Fondo e quindi della Corte di Appello, tesi per la quale un fantomatico “accordo sindacale tra le Fonti istitutive” del 22/12/1997   (l'inesistenza di tale accordo è stata ribadita con fermezza anche con nota scritta dal nostro Rappresentante/domiciliatario in udienza!, n.d.r. )  nonché  due delibere consiliari nulle (23/12/1997 e 28/06/1999) costituiscono “i dati fattuali … di un iter faticoso..” che si è concluso con la Riforma del Fondo/Accordo sindacale del 16/12/1999  (cfr. pagg. varie sentenza).

Ma, clamorosamente,  è proprio il Fondo a confermare il nostro punto di vista, quando nel suo controricorso in Cassazione (pagg. 16/17) si lascia andare a queste ineccepibili asserzioni:

 

è certo che la legge autorizza le Fonti Istitutive (e non il CdA del Fondo !, n.d.r.), ossia l’autonomia collettiva, in presenza di squilibri finanziari delle gestioni dei fondi preesistenti, a rideterminare la disciplina delle prestazioni per gli iscritti che alla data del 28/04/1993 non abbiano maturato i requisiti pensionistici: il che equivale ad ammettere che la <reformatio in peius> possa operare anche in danno di coloro che abbiano maturato i requisiti pensionistici, purché tale maturazione sia avvenuta dopo il 28 aprile 1993 (quindi per tutti i pensionati dal 29 aprile 1993 in poi, n.d.r.)

Il caso che ci occupa è esattamente questo. E questo consente di affermare con sicurezza che, quand’anche (è proprio così, n.d.r. !) potessero ritenersi nulle o inefficaci le delibere del C.d.A. del dicembre 1997 e del giugno 1999, l’accordo collettivo 16 dicembre 1999 avrebbe avuto l’effetto di ridurre i trattamenti pensionistici attivati nel biennio 1998/1999, quanto meno dal dicembre 1999 (l’accordo come noto ha decorrenza 1/01/2000 n.d.r.) in poi” (il grassetto è originale, n.d.r.)

 

 

Si cita infine un altro elemento critico per i ricorrenti:

“…la Corte (milanese, n.d.r.) attribuisce rilievo al notevole lasso di tempo (silenzio, n.d.r.) intercorso tra la percezione della pensione complementare (1998/1999) e l’azione giudiziaria proposta (risalente a fine 2006/inizi 2007), anch’esso significativo di una volontà comune, come espressa nella deliberazione del dicembre 1997. (cfr. p.4.4)

 

Per questo, come per  gli altri  aspetti suindicati, ai sottoscritti ricorrenti spiace rilevare che essi si erano adoperati – nell’ambito delle loro possibilità – per  formulare puntigliosamente apposite motivazioni per il loro comportamento nel periodo del c.d.  silenzio e per le  censure all’operato del Fondo (cfr. allegate note critiche del 16/10/2007 sui motivi di appello del Fondo e 19/03/2014 sui motivi del controricorso del Fondo  in Cassazione), ma il tutto purtroppo senza seguito da parte dei nostri Rappresentanti nella causa.

 

Concludendo, sempre a nostro sommesso parere, riteniamo che con maggiore implicazione/determinazione e concertazione si sarebbero potute contrastare efficacemente, con ampia documentazione,  tutte quelle che apparivano artefatte  argomentazioni del Fondo, senz’altro con esito diverso  della causa.

 

Dopo aver esposto quanto sopra, riteniamo opportuno segnalare i legali che hanno assistito le due parti nella causa.

 

Per i Pensionati 98/99:

Per il Fondo:

S.E. & O.
A questo punto non possiamo non ringraziare l’Anpec, come, peraltro, già fatto a pag. 5 della Nota dell’ottobre 2007 allegata, che ha promosso e sostenuto finanziariamente la causa.


Allegati (clicca sui links sottostanti per visualizzarli in formato pdf)

14 agosto 2014
Mario Auterio - Emilio Rosso
(Pensionati 98/99)

P.S. Con ricorso depositato il 4/10/2013 presso il Tribunale di Milano, FIBA/CISL,SINFUB, DIRCREDITO
e UGL CREDITO hanno chiesto di accertare la validità, efficacia ed applicabilità dell’art. 27.
Seguiranno precisazioni.

 

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Piazza Scala - agosto 2014