la vignetta di
Giorgio: clicca sull'immagine per ingrandirla
La crisi colpisce tutto e tutti. Anche la
leggendaria Moka per fare il caffè, nata 80 anni fa e conosciuta in
tutto il mondo, rischia di essere travolta dall’avanzare delle
macchinette che l’espresso lo fanno in cucina con le cialde, come al
bar. Se ne va quindi l’omino coi baffi, disegnato sulla figura del
suo inventore Alfonso Bialetti, diventato una delle star di
Carosello, il programma televisivo che, più di un contenitore di
pubblicità, ha rappresentato per gli italiani il simbolo di un
epoca.
Dopo Carosello tutti a nanna. Una frase divenuta proverbiale che,
noi padri di allora, ricordiamo bene. Alle nove di sera dopo il
telegiornale partiva l’allegra sigla con maschere, trombe e
mandolini che introducevano sullo schermo in bianco nero le
“réclame” di prodotti da lanciare: irresistibile slancio per l’Italietta
in marcia verso il miracolo economico ed ecco che entravano nelle
case gli slogan, le battute, gli sketch, le canzoncine che i bambini
imparavano presto finché diventavano modi dire, parole condivise da
tutti, come forme di omologazione verso la modernità. Come qualcosa
che sostituiva i proverbi di un tempo radicati nella parlata
popolare.
E le aziende della nascente industria italiana si gettavano a pesce
nel settore perché questi
semplici spot erano straordinarie armi di spinta delle vendite:
frigoriferi, televisori, detersivi (l’uomo in ammollo: non esiste lo sporco impossibile”),
cosmetici (“con quella bocca può dire ciò che vuole”),
alimentari (“non è vero che tutto fa brodo”), medicinali
(“Falqui, basta la
parola”), abbigliamento (“ho un debole per l’uomo in Lebole”)
e : “il brandy che crea
un’atmosfera" per Vecchia Romagna e altri per Oro Pilla,
Biancosarti e “dura minga, non dura, non può durare” per
China Martini. Un tipo di pubblicità che funzionava perché fuori
c’era un mondo del lavoro che girava in pieno, con alti ritmi di
produzione conseguenti fatturati (la crescita che oggi manca, ma
che, pare, il nuovo governo farà… ripartire) e poi c’erano le
famiglie che stavano scoprendo il fascino del “uichend”, con le
vacanze, i viaggi in auto, il cinema al sabato sera.
Perfino i grandi nomi dello spettacolo non disdegnavano di
partecipare alla kermesse: registi come Fellini, Sergio Leone,
Ermanno Olmi e attori come Totò, Macario, Gino Bramieri, Virna Lisi,
la Koscina e perfino Eduardo, all’inizio un po’ riluttanti poi con
entusiasmo, la grana si sa… e poi vuoi mettere recitare battute
sublimi, come: “disse l’oste al vino tu mi diventi vecchio, ti
voglio maritare con l’acqua del mio secchio. Rispose il vino
all’oste: fai le pubblicazioni, sposo l’Idrolitina del cavalier
Gazzoni”, o “la pancia non c’è più” oppure “or che
bravo sono stato, posso fare anche il bucato?”, e “anch’io ho
commesso un errore, non ho usato brillantina Linetti”
dell’ispettore Rock, fino alla mitica “contro il logorio della
vita moderna” che pronunciava Calindri sorbendo un Cynar dal
tavolino in mezzo al traffico, battute alle quali Gassmann
contrapponeva, da par suo, i versi dei Baci Perugina.
Tuttavia i veri protagonisti di Carosello, quelli che l’hanno reso
strapopolare, sono stati i personaggi dell’animazione, nati da
cartoonist e pubblicitari di grande creatività come i Gavioli, i
Pagot, Bruno Bozzetto, Armando Testa e umoristi dello stampo di
Marcello Marchesi. Pensate a che razza d’impatto ebbero: Caballero e
Carmencita (“ Carmencita sei già mia, chiudi il gas e vieni via”),
Caio Gregorio (“ far la guardia nun me piace, c’ho du metri de
torace”), gli Antenati ("Wilma dammi la clava!”), Gringo,
Jo Condor (“e che c’ho scritto Jo Condor?”) e Topo Gigio,
Cala Trinchetto, Babbut Mammut e Figliut, Ercolino, per citare solo
quelli che vengono subito alla mente.
Poi, dopo vent’anni, alla fine del 1976, il circo di Carosello ha
levato le tende. Chiuso. Superato dalle nuove tecniche di
comunicazione e dall’incalzare delle (orrende) televendite delle tv
commerciali. Insomma da Gino Bramieri a Vanna Marchi.
Spariti dunque gli eroi dei cartoni e finito nel dimenticatoio
perfino Calimero, l’amatissimo pulcino nero, debole e indifeso, ma
caparbio nel battersi contro le angherie dei prepotenti che, alla
fine delle sue disavventure, pronunciava l’immancabile :“uh, che
maniere, fanno sempre così perché loro sono grandi e io sono piccolo
e nero… è un’ingiustizia però”.
Dalla sua vocina di protesta, ma ancor di più dal suo coraggio,
trovo lo spunto per una (minima) conclusione sui fatti di casa
nostra. Pare che il Fondo si avvii a predisporre il nuovo Piano di
Riparto. Ah, come respiro! diremmo noi con Resoldor. Invece
no. C’è infatti da temere che il riparto si trasformi in un riporto,
ci riporti cioè a scivolare sul piano “ichinato” delle cause, con il
rifiorire di ricorsi e controricorsi, con lo sterile avanti/indré e
il su giù nei tribunali, in quella sorta di onanismo giudiziario che
non ha fatto godere nessuno. Salvo, per ovvie ragioni, i
professionisti del Foro e del Fondo. Tu chiamale se vuoi emozioni,
ma alla nostra età questi tiramolla ti mandano sull’orlo della
crisi. Quindi nervi. Giramento di… Alla notte insonnia (tavor), di
giorno effetti collaterali. Panico.Stress. E ricorsi a gogò.
Adesso diciamo basta. Dai, ragazzi, per davvero. Non scherziamo, non
siamo qui a giocare a ciapanò. Siamo tutti un attimino stufi di
andare per tribunali per niente, cerchiamo di trovare una strada, un
vicolo o un’area di sosta per incontrarci. Amici Liquidatori, in
fondo si tratta solo di riconsegnarci i nostri euri, che sono lì ad
aspettare, con equità, senza figli e figliastri. Fin qui avete
osservato il Rigore, ora guardate alla realtà, con un po’ di
coraggio. Come dice la canzone: “un Liquidatore lo vedi dal
coraggio, dalla fantasia… non deve avere paura di tirare un calcio…
al Rigore”. Basta poco, un’idea, non so, un motu proprio, un
modus in rebus. Pensateci. Perché la vicenda è davvero un rebus, un
sudoku senza soluzioni.
Pensate al piccolo Calimero, il pulcino che osa là dove osano le
aquile. Signori Liquidatori osate dunque, accettate la sfida,
sbloccate i nostri soldi, in maniera di chiudere questa liquidazione
che non può andare avanti in eterno, ormai è chiaro a tutti che
dura minga, non dura, non può durare. Così noi tutti potremo
tornare a casa dopo l’uragano, in santa pace, come Coriolano, con i
nostri milioni (ma poi si sa quanti sono?), comunque sapendo che,
con Famiglia ed Equi-taglia, l’agognato tesoro el dura minga, non
dura, non può durare.