un racconto breve di Giovanni Noera
Per Gabriele l’adolescenza era ormai lontanissima. Eppure quella
mattina mentre terminava la toilette dinanzi allo specchio, gli si
presentò nitido un ricordo di quel tempo .Forse trainato dalle
piacevoli sensazioni della stagione messasi finalmente al bello dopo
un duro inverno. Come un quadro
restaurato dalle mani esperte di un artigiano, gli apparve un
giardino in estate con i colori e l’incanto delle luci e delle ombre
e si rinverdì la memoria dei sogni: i suoi e dei coetanei.
Ragazzi e ragazze di sedici anni o poco più, come liberati da un
sortilegio che li aveva tenuti come pietrificati nell’ultimo
fotogramma , ripresero a giocare nel giardino adiacente alla casa in
cui abitavano. Un giardino non molto grande ma ricco di cespugli.
Quella sera si erano trovati pur senza preventive intese tutti
insieme nelle stesse ore e cominciò il gioco al quale i cespugli li
invitavano. Nascondersi, trovarsi e urlare di gioia e tornare a
nascondersi .A quel tempo le serate erano rese ancor più misteriose
dalle lucine vaganti delle lucciole ora scomparse e l’aria era
intrisa del profumo dei tigli e della loro stessa giovinezza.
Non mancava un pizzico di malizia in quei giochi. Dietro quei
cespugli avvenivano incontri non preventivati eppure desiderati col
paravento della causalità. Anche per Gabriele e Sonia l’incontro con
quella “ipocrita” copertura avvenne in fondo in fondo nell’angolo un
poco buio vicino al muro di cinta.
Da tempo si incontravano soprattutto a scuola. Stesso edificio,
classi diverse. Fra i due si era ingaggiato un non dichiarato
duello. A Gabriele dava sui nervi l’espressione altera a volte
canzonatoria di Sonia . L’atteggiamento di Gabriele era incerto
spesso disorientato quando Sonia improvvisamente cambiando registro
gli trasmetteva l’impressione di essere attratta da lui. Quando si
accorgeva di non essersi controllata a sufficienza reagiva
servendosi di tutta la sua capacità per confonderlo.
Ma quella sera vicino al roseto abbarbicato al muro, entrambi
gettarono la maschera quasi con un senso reciproco di liberazione e
scoccò un bacio. Il primo e l’ultimo.
Quel bacio non ebbe repliche come se una cattiva maga avesse fatto
un sortilegio . La guerra già in atto era divenuta improvvisamente
ancor più tremenda con i primi bombardamenti aerei condizionando la
loro vita. Di quella magica serata rimase solo un fotogramma nella
memoria come un addio alla giovinezza.
Alla fine della guerra le famiglie si erano trovate tutte disperse .
Anche Gabriele cambiò la città di residenza per inseguire il lavoro
e la “ricostruzione” della sua vita dopo il ritorno dal fronte.
Per motivi di lavoro la settimana seguente avrebbe dovuto dopo tanto
tempo ritornare nella città ove aveva trascorso la giovinezza quando
la guerra ancora non aveva disperso gli amici o addirittura seminato
lutti o distrutto luoghi cari alla memoria.
Si propose di andare a far visita a Sonia. L’unica di cui aveva
frammentarie notizie per lo più ricevute in occasione delle feste
natalizie .Da lei avrebbe avuto probabilmente notizie degli altri.
Fatto quel proponimento fu preso da una sorta di ansia fatta di
speranza di ritrovare qualche traccia di quel passato. Fu tale “la
scossa” che cominciò a chiedersi “come non ci ho pensato prima, come
ho potuto lasciare passare nell’oblio tanti anni?
Domande senza risposta ma dalle quali sortì una decisione:
anticipare di un giorno. Cioè partire l’indomani.
Quando giunse scendendo dal treno , notò subito qualche cambiamento
nel salone della stazione ma poi una volta uscito con sollievo si
accorse che gli edifici intorno, i viali adiacenti, finanche
l’albergo di fronte erano immutati . Si sentì incoraggiato, come
invitato ad andare incontro ai luoghi amati. Fu del tutto naturale
dirigersi a passo svelto verso la vicina via ove sorgeva la sua casa
e quel favoloso giardino.
Là era in agguato la delusione.
La casa non esisteva più. Come seppe informandosi, era stata
distrutta da un bombardamento. Al suo posto era sorto un anonimo
condominio. Il giardino? Stabilì girando e rigirando lì intorno
l’area ove sorgeva. L’impressione avuta all’arrivo era sparita.
Sarebbe stato troppo bello. Allora si sentì vecchio perfettamente in
sintonia con i suoi capelli bianchi.
Riuscì, grazie alla caparbietà nelle ricerche, subentrata come
reazione alla delusione subita ad avere il nuovo indirizzo di Sonia.
Vi si recò. Dalla vista della villetta gli giunse un segnale di
abbandono e così pure dalla vista del giardinetto. Allora dubitò
fortemente della sensatezza di quel viaggio ma considerò che a quel
punto non poteva fermarsi.
Suonò il campanello della villetta adiacente. Dal gentile
proprietario apprese che la signora si era trasferita in una casa di
riposo e gli fornì il numero del cellulare della figlia.
“casa per anziani”?
“Di bene in meglio” pensò, ma ora più che mai non si sarebbe tirato
indietro.
Ricordò la Sonia del passato con i capelli biondi e gli occhi
chiari.” Quali segni le avrà impresso il tempo?”.
Presi accordi telefonici con la figlia si recò alla casa di riposo.
Quando imboccò il corridoio sul quale si affacciava la sua camera
vide Sonia a braccetto con la figlia venirgli incontro. La vide
ancora eretta con un’espressione dolcissima ed una cascata di
capelli bianchi.
Superò l’impatto al quale del resto si era abbondantemente preparato
.Tuttavia le si avvicinò con timidezza chiedendosi se mai anche lei
ricordasse qualcosa di quella lontana sera d’estate.
Lo seppe subito. Appena furono vicini Sonia, a sua volta
scrutandolo, con voce ancora la stessa di allora gli disse come
preambolo “il primo amore non si scorda mai”.
Ormai liberati dalle incertezze e dalle schermaglie giovanili si
abbracciarono con le lacrime agli occhi.
Giovanni Noera