“Mi chiamo Ramy Balawi, vivo a Gaza e insegno storia nelle scuole elementari. Sebbene io abbia già perso la mia casa e parte della mia famiglia, sono davvero molto toccato dalla perdita di Simone Camilli perché avrebbe potuto scegliere, come molti altri giornalisti, di rimanere in un posto tranquillo e non l’ha fatto. La sua umanità lo ha spinto verso Gaza per mostrare i fatti e la tragedia che si sta sviluppando durante questa guerra. Qui, molti amici a Gaza come me sono scossi, raccontano che era un uomo gentile, che amava la nostra città e che ha provato a fare qualcosa mostrando i fatti anche mettendo a rischio la propria vita. Per noi di Gaza, Simone non era una persona semplice ma un eroe, un coraggioso e merita tutto il nostro orgoglio, la gratitudine per aver mostrato le tragedie e le sofferenze avvenute durante la guerra. So benissimo, anche per esperienza, che queste parole sono insufficienti dinanzi a quello che possono provare la sua famiglia, i suoi amici, gli italiani, ma ci tengo a dire che la gente di Gaza non dimenticherà Simone perché ha perso la sua vita per raccontare il nostro dolore durante questa guerra con Israele. Ora la nostra lotta è per rimanere umani. Dite alla famiglia di Simone Camilli che la gente di Gaza gli è accanto con tutto il suo affetto.” Questa è la lettera di un maestro che vive a Gaza e ha inviato il suo testo e il suo grazie al quotidiano La Repubblica, in Italia. La lettera è stata letta durante il funerale che si è svolto a Pitigliano nella cattedrale, per salutare Simone Camilli giornalista dell’ Associated Press.
Il padre Pier Luigi, sindaco del paese toscano ed ex giornalista Rai: “Ho scoperto una nuova immagine di mio figlio. Arrivavano e mi dicevano ‘sono un amico di Simone, Simone era una persona speciale’. Poi sono arrivati i suoi colleghi che mi hanno detto ‘era una persona speciale’. Questo mi ha fatto capire che DI mio figlio non conoscevo fino in fondo la sua vita professionale, non ho avuto il tempo di accorgermi quanto fosse speciale”.
La compagna olandese Ylva Van der Verg, ripercorrendo la loro storia d’ amore dal primo incontro:”Racconterò a nostra figlia che uomo e che padre meraviglioso sei stato. Eri rilassato e felice, mi hai detto che saresti venuto da noi nel weekend, hai chiuso la chiamata dicendo che dovevi andare a cucinare per l’ufficio di Gaza e io ridendo ho detto indovinando: pasta? Cucinavi sempre pasta. Siamo stati in silenzio a guardarci. Ti ricordo nel Sinai che guardavi il mare e stavi a lungo in silenzio. Ho imparato col tempo a capire quei tuoi silenzi, tu assorbivi ogni più piccolo dettaglio di quello che succedeva intorno. Ti prometto che sarò forte per nostra figlia (Nur 3 anni ) e che le parlerò di te, della persona straordinaria che eri, non so come vivrò senza di te, ma sarai nei nostri cuori e io ti amerò per sempre ”
La madre, Maria Daniela Vigna: “Forse non siamo più umani quando consideriamo gli altri oggetti o numeri. Tanti mi dicono che devo farmi coraggio che ho il resto della mia famiglia. Ma non mi basta: io sento che devo tornare lì, devo fare qualcosa. Simone è morto in un luogo che si chiama la valle degli ulivi. Per noi l’ulivo rappresenta qualcosa e io questo ulivo me lo sono messo nel cuore”.
Oggi che scrivo, 16 agosto 2014, si festeggia nel mio paese San Rocco, un instancabile viandante che non aveva paura , non fuggiva il male, anzi se ne fece carico per chi incontrò lungo il suo cammino. Simone raccontava nei suoi viaggi, la vita in Palestina,quella delle persone semplici ed umane. Mi piacerebbe che potesse ascoltare certe bambine di Gaza sotto gli ulivi che cantano per festeggiare la vendemmia. Simone Camilli non è riuscito a superare il mese di agosto ma rimane come una stella accesa in cielo, dall’ amore. Grazie.


Doriana Goracci
 

 

 

 

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Piazza Scala - agosto 2014