lo strano virus che spinge a Santiago di Compostela:   
    una nuova avventura del collega Claudio Santoro   

 

Stiamo pubblicando a puntate l'avventura di Claudio Santoro sulla Via Aragonese (clicca qui per visualizzare la pagina indice) nella quale si è cimentato dopo il "Camino Frances" e la "Via degli Abati". Siamo quindi lieti di farvi leggere un articolo scritto dal collega sul Bollettino del CAI di Lecco (notiziario quadrimestrale della Sezione di Lecco  intitolata a Riccardo Cassin): è il numero 1 del 2013, distribuito in questi giorni.
Piazza Scala
 


Partenza dal Somport


Un socio del CAI è abituato a parlare di dislivelli. di salite e relative discese, e, forse. non lo è altrettanto a ragionare in termini di chilometri percorsi su sterrati, carrarecce e, quando capita, anche su asfalto come fa un camminatore. Un classico di questo genere è il Cammino di Santiago che, partendo dai Pirenei, ha come meta la città di Santiago de Compostela, dove si trova la tomba di San Giacomo. uno dei dodici apostoli. Se la meta è unica. i punti di partenza. invece. sono due; Saint jean Pied de Port. nei Pirenei francesi per il così detto 'camino frances' e il Col de Somport (Summus Portus per gli antichi Romani) fino alla città di Puente de la Reina (Ponte della Regina) per il 'cammino aragonese', tratto così chiamato perché costeggia il fiume Aragon che dà il nome alla regione spagnola dell'Aragona.
Il sottoscritto, socio del Gruppo Seniores del CAI Lecco, ha percorso per intero il "camino frances nella'prile 2010, macinando i quasi ottocento chilometri in 31 tappe. Un altro socio del GEO, Mario Stoppini, ha percorso il medesimo itinerario nel maggio 2012. Non è un caso, perché, già nel 1999, il GEO, allora capitanato dall'indimenticata Anna Clozza, aveva percorso per lunghi tratti il cammino di Santiago, sino alla meta finale di Praza Obradoiro.
Ma fare il cammino può risultare pericoloso Si può infatti contrarre uno strano virus che porta a ritornare su quelle strade. E' così che, nel settembre dello scorso anno, sono ritornato per compiere anche i 170 chilometri del tratto aragonese. Dopo aver raggiunto Saragozza in aereo ho raggiunto il Col de Somport e , in compagnia dei dodici chili del mio zaino, sono partito da lì e sono arrivato a Puente de la Reina.


Compagna solitudine


Il tratto aragonese si è confermato meno battuto dai pellegrini che prediligono il più classico "camino frances".  All'inizio la solitudine si fa sentire e sui sentieri si incontrano davvero ben poche persone. Può essere un'occasione per rimanere soli con se stessi e per apprezzare le bellezze naturali che ti circondano. Occorre un pizzico di attenzione nel programmare la tappa della giornata perché la rete di ostelli (albergues, in spagnolo) non è così fitta come nel tratto "frances". Si passa per villaggi davvero microscopici che ospitano 40 abitanti e l'ostello diventa un punto di riferimento per simili realtà.
Alla fine arrivare a Puente de la Reina può risultare quasi traumatico, con il numero dei viandanti che lievita notevolmente. Si conferma in pieno il fatto che essi provengano da tutto il mondo.
Come al solito occorre un certo spirito di adattamento e di flessibilità nell'accettare l'ostello, con i suoi letti a castello (a Viana addirittura a tre pianil), i bagni e le docce in comune. In cambio si può dormire con 5/7 euro per notte.
Terminato il tratto aragonese ho proseguito in direzione ovest per altri 150 chilometri, raggiungendo Belorado, a non molti chilometri da Burgos. Ho attraversato così l'Aragona, la Navarra e parte della Castilla y Léon in quindici giorni da ricordare per sempre, per poi fare ritorno a Lecco. Magari a progettare nuovi percorsi che facciano da anticorpi per contrastare lo strano virus contratto.

 

Claudio Santoro - Lecco

 

 

 

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Piazza Scala - giugno 2013