Piazza Scala

 

 

Bocciato l'accertamento sintetico

Maurizio Villani e Paola Rizzelli

 

Il redditometro priva in via definitiva il contribuente e la sua famiglia ''del diritto di avere una vita privata, di poter gestire autonomamente il proprio denaro e le proprie risorse, di essere quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto all'invadenza del potere esecutivo e senza dover dare spiegazioni dell'utilizzo della propria autonomia e senza dover subire intrusioni anche su aspetti delicatissimi della vita privata''.

Il Tribunale di Napoli e, nella specie, la sezione civile distaccata di Pozzuoli, si è contraddistinta con un’ordinanza destinata a fare giurisprudenza su quello che è uno dei principali strumenti di lotta all’evasione fiscale messi in campo dal governo, ovvero il redditometro. 

Tale strumento permette all'Agenzia delle Entrate di determinare in modo sintetico il reddito complessivo attribuibile al contribuente persona fisica residente (soggetto IRPEF), in base ad alcuni beni e servizi indicativi di capacità contributiva (immobili, automobili, barche, etc.).

Di recente, poi, tale mezzo accertativo, è stato rinnovato dal D.M. 24 dicembre 2012 (nella G.U. n. 3 del 4 gennaio 2013), attraverso il quale è stato determinato il contenuto induttivo degli elementi indicativi della capacità contributiva in base al quale il fisco potrà fondare la ricostruzione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche.

Ebbene, questo nuovo strumento, caratterizzato dalla presenza di oltre 100 voci di spesa, che entrerà in funzione a partire da marzo 2013 e verrà utilizzato per verificare i redditi contenuti nelle dichiarazioni presentate nel 2010 (periodo d’imposta 2009), è stato bocciato dal Tribunale di Napoli con l’ordinanza 21 febbraio 2013, sulla base della seguente motivazione: “il decreto ministeriale è non solo illegittimo, ma radicalmente nullo ai sensi dell'art. 21-septies legge n. 241/1990 per carenza di potere e difetto assoluto di attribuzione in quanto emanato del tutto al di fuori del perimetro disegnato dalla normativa primaria e dei suoi presupposti e al di fuori della legalità costituzionale e comunitaria, atteso che il c.d. redditometro utilizza categorie concettuali ed elaborazioni non previste dalla norma attributiva, che richiede la identificazione di categorie di contribuenti, laddove […] il d.m. non individua tali categorie ma altro, sottoponendo indirettamente - visto l'ampiezza dei controlli e il riferimento ai nuclei familiari - a controllo anche le spese riferibili a soggetti diversi dal contribuente e per il solo fatto di essere appartenenti al medesimo nucleo familiare (si pensi all'acquisto di un medicinale per il congiunto malato oppure del libro di lettura)”.

L’ordinanza, sulla base di tale assunto, di fatto, inibisce all’Agenzia delle Entrate di intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati relativi a quanto previsto dall'art. 38, comma 4 e 5, D.P.R. n. 600/1973, e di cessare, ove iniziata, ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione del ricorrente, un pensionato residente nella cittadina flegrea.

Ciò in quanto, il pensionato, che ha dato impulso a tale iter giudiziario, ha lamentato che attraverso tale mezzo accertativo, che implica il monitoraggio delle spese, si possono conoscere anche gli aspetti più privati della vita del singolo cittadino, includendo anche le spese per cure mediche, in totale violazione dei diritti fondamentali della personalità.

Ebbene, secondo l’adito giudice, in effetti, in questo modo, il cittadino verrebbe privato "del diritto ad avere una vita privata" e non sarebbe "quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto all'invadenza del potere esecutivo e senza dover dare spiegazioni dell'utilizzo della propria autonomia e senza dover subire intrusioni anche su aspetti delicatissimi della vita privata".

Ciò in palese violazione degli articoli 2 e 13 della Costituzione e 1, 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali della UE.

Oltretutto, il redditometro finirebbe per passare al setaccio anche le spese di soggetti diversi dal contribuente, senza peraltro fare alcuna differenziazione tra 'cluster' di contribuenti, ma operando, del tutto autonomamente, una differenziazione di tipologie familiari suddivise per cinque aree geografiche che finisce per accomunare "situazioni territoriali differenti in quanto altro è la grande metropoli altro è il piccolo centro e altro ancora è vivere in questo o quel quartiere".

Del resto, è innegabile che all'interno "della medesima Regione e, anzi, della medesima Provincia vi sono fortissime oscillazioni del costo concreto della vita, così come altrettanto forti oscillazioni vi possono essere all'interno di un'area metropolitana".

Peraltro, l’uso dell’attività dell’ISTAT "nulla ha a che vedere con la specificità della materia tributaria che deve indirizzare la sua indagine alla ricostruzione specifica di individualizzati profili di contribuenti e non già alla ricostruzione di macro_categorie funzionali ad analisi macroeconomiche e sociologiche che proprio per questo sono del tutto eterogenee rispetto al concetto di contribuente".

Tale strumento, infine, così come riformato, violerebbe anche il diritto di difesa perché "rende impossibile fornire la prova di aver speso meno di quanto risultante dalla media ISTAT" e tutto ciò porterebbe il contribuente a dover affrontare un procedimento "inquisitorio e sanzionatorio".

Ebbene, è sulla base di tutte queste argomentazioni, qui sinteticamente riprese, che l’adito giudice ha accolto il proposto ricorso del pensionato e con ciò bocciato il nuovo redditometro, suscitando non poche polemiche alla vigilia della sua applicazione.

 

27/02/2013   -   Questo articolo è tratto da: Il Quotidiano Ipsoa

 

 

 

 

 

Cosenza - Monumento a Bernardino Telesio, Filosofo e naturalista.

 

<<<<<

 

 

 

Clicca qui per andare alla pagina indice


Segnala questa pagina ad un amico:



 

 

 

Piazza Scala - marzo 2013