Piazza Scala


 

Il Marchesato del Carretto: un legame con Finale ligure durato quasi mezzo millennio

 

Ieri
La Torre Giannuzzi venne costruita nel XIII/XIV secolo sull'altura di San Bernardino di Finale Ligure, presumibilmente per ospitare truppe carrettesche che avrebbero dovuto costituire un avamposto di guardia e di avvistamento ad integrazione delle difese della dimora signorile, il maestoso Castel Gavone edificato sin dalla fine del XII secolo sull'altura del Becchignolo, immediatamente al di sopra di  Finalborgo, capitale del Marchesato del Carretto per quasi mezzo millennio.
La torre è legata ad una fosca vicenda: il Marchese Alfonso II del Carretto, signore del Marchesato nella seconda metà del XVI secolo, si sarebbe invaghito di Belenda, avvenente figlia del mugnaio dell'Acquaviva, che avrebbe fatto rapire dai suoi "bravi" e rinchiudere nei sotterranei della torre stessa. Dopo aver fatto uccidere il padre della fanciulla (trovato stritolato negli ingranaggi del suo  mulino) avrebbe lasciato morire di fame Belenda (che non aveva voluto cedergli) nel sotterraneo della torre, ove il fidanzato Medaro la trovò priva di vita dopo la fuga del Marchese. Sicuramente Alfonso II Del Carretto (uno degli ultimi Signori di Finale) fu un vero tiranno, il Don Rodrigo dei Promessi Sposi del Manzoni: i suoi atteggiamenti dispotici avevano provocato a più riprese sommosse e ribellioni tra gli abitanti del Marchesato. Il minuscolo stato finalese cessa praticamente di esistere pochi anni dopo (è il 1598), quando Andrea Sforza Del Carretto (l'ultimo Marchese) vende al Re di Spagna gli Stati del Finale per 104.000 ducati di rendita e si ritira  in una città del Regno di Napoli con il titolo di Principe.
La Torre Giannuzzi viene oggi denominata Torre Belenda a ricordo della triste vicenda di cui fu testimone nella seconda metà del XVI secolo.

 

Oggi

Torre Belenda

La torre è facilmente raggiungibile da San Bernardino (cfr. itinerari).

L'edificio sorge in mezzo ad ulivi secolari (purtroppo in stato di abbandono) che lo nascondono alla vista delle rare persone che transitano per la zona. Un edificio del trecento sembra purtroppo destinato  ad una veloce estinzione: il tetto è completamente crollato come pure il pavimento del piano superiore. L'edificio si estende su tre piani (di cui uno sembrerebbe destinato a cantina: i famosi sotterranei?): al piano terreno spicca un camino (quasi distrutto dal tempo e dai crolli) mentre sul muro del piano superiore si fa notare una cavità rettangolare che contiene una sorta di  sedile in corrispondenza ad una sporgenza esterna (vedere la galleria di fotografie) che fa pensare ad un w.c. dell'epoca che "scaricava" direttamente sul prato sottostante..... L'interno, aggredito  dall'edera che gli conferisce tuttavia un tocco suggestivo, è invaso da calcinacci, travi di legno e rifiuti di poco educati visitatori, che coprono completamente il bel pavimento a mattoni rossi. Portoncino d'ingresso, bifore e finestre ad arco tondo sono inseriti in una struttura rettangolare: su uno dei lati lunghi si intravvede ancora una traccia  triangolare dei sostegni di una tettoia (forse di un porticato o di un loggiato del quale ora non si scorge più traccia).
La torre meriterebbe un ben diverso trattamento da parte delle strutture pubbliche del finalese e delle Belle Arti, che invece colpevolmente la ignorano.

Mulino dell'Acquaviva

Prende il nome dall'omonima sorgente che sgorga dal versante ovest della Rocca di Corno, maestoso sperone di roccia che sovrasta la vicina Val Ponci. Il mulino ha sicuramente origini medioevali (il ponte in pietra che lo collega alla carrozzabile e alcuni ambienti esterni ed interni del fabbricati contengono parti murarie d'epoca). L'edificio è stato per lungo tempo trascurato: solo negli ultimi anni è stato acquistato da una nota famiglia finalese che lo ha completamente ristrutturato nelle strutture murarie e in quelle molitorie. All'interno sono visibili due stanzoni che contengono rispettivamente la ruota orizzontale per la macinazione del grano (che in buona parte doveva provenire dai terreni - coltivati sino agli anni '50 -  della vicina Valle del Vacchè)  e il frantoio (in evidenza la sua macina in pietra) per la produzione dell'olio; intorno ai macchinari fanno bella mostra un vecchio torchio in legno e una serie di utensili minuti destinati a lavori di pertinenza del mondo contadino caratteristico del Finalese.

Ma non basta: i nuovi proprietari hanno pazientemente rimesso a nuovo anche l'imponente ruota metallica esterna, che, attivata dal robusto getto d'acqua della sorgente Acquaviva, è tuttora perfettamente funzionante ed in grado di muovere gli ingranaggi che danno vita agli impianti di macinazione.
Il mulino viene periodicamente visitato dalle scolaresche alle quali viene mostrato per rinverdire una tradizione contadina troppo spesso dimenticata della Liguria.
Contrariamente a quanto sta succedendo per la torre Belenda qui le cose hanno funzionato: la buona volontà e l'amore per il passato di coloro che abitano il mulino ha permesso di salvarlo da speculazioni edilizie o destinazioni ad uso commerciale.

 

Alfredo Izeta - agosto 2011

 

 

 

La torre Belenda - galleria di fotografie
Cliccare sulle miniature per ingrandirle.
Leggere le didascalie in calce alle fotografie ingrandite.

 

 

Il mulino dell'Acquaviva - galleria di fotografie
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Leggere le didascalie in calce alle fotografie ingrandite.
 


 

 

 

Itinerari

1) Torre Belenda
R
aggiungibile facilmente dall'anello stradale della collina di San Bernardino. Superata la deviazione per la chiesetta in cima alla collina e subito dopo gli stabili dell'ex discoteca prendere un ripido viottolo che scende verso la frazione di Calvisio, inizialmente curato e successivamente ridotto a sentiero; dopo poche centinaia di metri deviare sulla sinistra e raggiungere l'edificio seminascosto da ulivi secolari.

2) Mulino Acquaviva

Superata la frazione di Calvisio prendere la strada che conduce alla frazione di Vezzi (comune di Vezzi Portio) e segue il corso del torrente Sciusa ("Sciumera" in dialetto ligure). Dopo il Castello Locella (ristrutturato da poco)sulla sinistra proseguire per circa mezzo chilometro sino ad incontrare, poco prima dell'incrocio con il ponte della Val Cornei, il mulino, collegato all'altra sponda del fiume da un ponte medioevale restaurato solo in parte. Stabile caratterizzato dalla grande ruota metallica marrone. 

 

 

 

 

 

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Piazza Scala - agosto 2011