I
Wiener hanno un suono particolare grazie al modo diverso rispetto ai
Berliner di usare gli archi. Sono una famiglia che ha raggiunto da decenni i
vertici mondiali delle esecuzioni, soprattutto sinfoniche, specie se a
condurli si presentano i direttori migliori. Ho ascoltato da Vienna una
delle più intime, straordinarie, emozionanti esecuzioni della IX sinfonia di
Beethoven, diretta da Christian Thielemann.
Nato a Berlino nel 1959 lo considero il continuatore della tradizione
romantica che offre il terzo grande interprete dell'asse che unisce
Furtwangler e Karajan.
Thielemann cominciò la sua carriera musicale all'età di 19 anni come
Korrepetitor alla Deutsche Oper Berlin e come assistente di Herbert von
Karajan. Nel 1985 diventò primo maestro di cappella della Rheinoper di
Düsseldorf, per poi trasferirsi a Norimberga come direttore musicale del
Teatro Statale nel 1988.
Nel 1997 fu chiamato alla Deutsche Oper Berlin come direttore musicale fino
al 2004, anno in cui rinunciò al suo impiego a causa delle differenze con la
nuova direzione, diventando direttore della Orchestra filarmonica di Monaco
dal settembre dello stesso anno. Inoltre dirige annualmente il festival di
Bayreuth e il festival di Salisburgo dal 2000 e ha diretto orchestre anche
in altri paesi come Spagna, Francia, Italia, Giappone, Portogallo, Regno
Unito e Stati Uniti. Oggi Dresda è la sua patria.
La sua maturità l'ha raggiunta a Bayreuth quando due anni fa diresse la
tetralogia wagneriana lasciando stupefatti gli ascoltatori, i
tradizionalisti, i critici, i difensori del Verbo wagneriano, il mondo che
si occupa di musica classica e lirica a livello professionale.
Questa esecuzione ha una delicatezza che unisce i vari temi del lavoro di
Beethoven senza una sbavatura. Tutta l'emozione che si prova nell'ascoltare
questo capolavoro, viene trasmessa con una semplicità dinamica che non
ammette errori. Il 1° movimento, allegro ma non troppo, è colto dai Wiener e
da Thielemann come se si trattasse dell'alba di un nuovo mondo: il crescendo
è sublime e tocca subito le corde più intime del cuore, ne scopre i
sentimenti, immerge lo spirito in un nido rigeneratore. Il secondo movimento
o tema è uno sviluppo con variazioni, del primo: q uesto è il punto. La IX
ha varie arie tematiche e non si può parlare di movimenti senza soffermarsi
a pensare che il primo tema si amplia ed esplode in forma sonata; suona
tutta l'orchestra e il finale di questo tratto della sinfonia si chiude con
la fusione di quanto prodotto in precedenza, in questo caso con un'omogeneità,
un calore, un coinvolgimento straordinario. Non mi dilungo perchè dovrei
affrontare il 2° movimento e il 3° spendendo parole di massimo elogio, oltre
che offrire particolari tecnici che annoierebbero quanti avessero la bontà
di leggere quanto scrivo. Una sola eccezione: l'adagio, molto e cantabile,
andante moderato è, grazie a Thielemann una perla incastonata in un gioiello
che è un capolavoro assoluto; altri direttori lo rendono noioso, troppo
lento, meno suggestivo.
Il 4° movimento è un presto – allegro – adagio – maestoso – allegro –
moderato – stringendo - presto – maestoso – presto. Viole e violoncelli in
controcanto danno l'incipit, dopo un inizio con i timpani, allo sviluppo di
quello che viene chiamato per chiarezza l'Inno alla gioia. Bravissimi i
cantanti, splendido il coro, ed il tutto è fuso da Thielemann con la
chiarezza di idee che ne ha sempre caratterizzato ogni esecuzione. In questo
caso 4 movimenti, variatissimi, complessi, più temi, uniti con armonia che
già fu colta da Karajan soprattutto, ma anche da altri importanti direttori
tra cui ricordiamo Mahler.
A mio parere Thielemann è uno tra i più importanti direttori d'orchestra
tedeschi, straordinario continuatore di una tradizione che come ho scritto
all'inizio, lo lega a Furthwangler e Karajan.
Piazza Scala - gennaio 2013