C'era
una volta la Comit!
Particolare del
"Presepe 1960" allestito dal collega R.
Tagliati,
2° premio E N A L Provinciale
Del poeta T.S. Eliot, mi ha colpito in modo
particolare una lirica che pone l’accento su
quella tale solitudine dell’uomo d’oggi il
quale, a dispetto di tutto il gioco di
suggestioni e di incontri in cui vive,
difficilmente riesce a trovare occasioni di
sorpresa, pretesti di immaginazione, motivi di
intimità. La lirica è intitolata : «Gli alberi
di Natale» ed inizia così :
«
Vari atti si dànno nei confronti del Natale dei
quali alcuni è lecito sdegnare: il mondano,
l’indolente, quello patentemente mercantile,
il canagliesco (bettole aperte fino a
mezzanotte) e l’infantile
—
che non è quello del bambino per il quale la
candela è una stella...
».
Versi abbastanza crudi e
severi, mi sembra. E mi andavo ridicendo l'intera
poesia, lo scorso anno, di questi tempi, intanto che
salivo le scale di casa del collega Tagliati il
quale mi aveva invitato a vedere il suo presepe.
Tagliati è un presepista
ed appartiene all’Associazione dei presepisti
d’Italia i quali, senza ansie intellettuali e
controriformistiche, coltivano ed illustrano con
affettuosa devozione la tradizione di poesia e di
pietà (e di arte, anche) che, dal « miracolo » di
Greccio in poi, propone alla nostra attenzione e
meraviglia la figurazione della Natività tanto negli
aspetti più ortodossi quanto nelle modulazioni più
estrose. Era la prima volta che andavo alla scoperta
di un presepista nel suo ambiente fisico e
familiare, e devo dire che sono rimasto
profondamente colpito e commosso.
Quello dello scorso anno
(ogni Natale il presepista compone un presepe
totalmente diverso da quello degli anni precedenti,
quasi ad offrirci una interpretazione inattesa ed
estemporanea della mistica rapsodia che, del resto,
nemmeno
i Vangeli hanno perfettamente puntualizzato), quello
dello scorso anno dunque era un presepe di almeno
dieci metri cubi di volume, fatto a grotta, con
poche statuine genuine e proporzionate, di acuta
caratterizzazione (opera di un maestro ceramista di
Dragoni di Lequille, il Mazzeo), due o tre
architetture che parevano venute diritte dalla
Palestina, e soavi effetti di luce e di prospettiva.
Non c’era nulla di arbitrario nella composizione :
la ciotola, il mantello, il volto, la finestra, la
guglia, la palma, il gesto, il colore, eccetera,
tutto era proposto secondo rigorosi rapporti
ambientali, cromatici e psicologici... L’intonazione
oleografica, comunque, era soltanto apparente, chè
il presepe offriva qualcosa di compiuto, di lirico e
di intenso che nasceva dagli effetti di luce, dal
gusto della regìa, dalla stessa scenografia, dal
colore del cielo, dalla narrazione paesaggistica
dello sfondo, da infinite altre suggestioni non
facilmente identificabili. Che dire di più? Tagliati
si prende ogni anno giorni di ferie per comporre con
calma, con pazienza, con abilità, con sapienza
artigianale, con devozione, con evidente felicità,
il suo presepe.
Mi ha fatto poi vedere le diapositive dei presepi
degli anni precedenti, per uno dei quali ha
costruito anche le statuine, di cartapesta e
terracotta, e intanto parlava di un viaggio fatto
l’anno prima, alla vigilia di Natale, in compagnia
del presidente dei presepisti e di un altro
presepista ligure: da Genova andarono a Milano
(anch’io ho visto i presepi dell'« Angelicum », lo
scorso anno : ebbene, questo di Tagliati era sullo
stesso livello estetico e suasivo dei presepi
spagnoli, tanto per indicare una parentela d’arte e
di poesia), e da Milano a Bologna, che ospitava la
rassegna del presepe romagnolo-marchigiano, e da
Bologna a Genova, dove arrivarono appena in tempo
per assistere all’apertura del presepe dei
Cappuccini: un viaggio così, oggi come oggi, chi se
lo sogna di fare, in pieno inverno, sotto Natale,
con i treni carichi di gente e di bagagli? Erano in
tre, me li vedevo pieni di straordinaria vitalità e
felicità correre attraverso i monti e le pianure
alla scoperta di qualcosa che, ad ascoltare T.S.
Eliot, l’uomo moderno sempre più raramente arriva a
sentire con la tenerezza e la sensibilità di una
volta; erano in tre, e come si poteva non pensare ai
Re Magi che duemila anni fa, proprio in questi
tempi, intraprendevano un viaggio scomodo e lungo
per vivere uno splendido momento di emozione e di
bellezza?
Felice Ballerò - Genova
da: "La settimana Corta" - pubblicazione edita dal
Circolo Ricreativo della
Banca Commerciale Italiana , Genova - numero unico,
Natale 1961
articolo ottenuto grazie a Cesare Fasolato (Genova)
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