Dopo "Papà Alpino e combattente" ( http://www.piazzascala.altervista.org/baj/index.html ), siamo lieti di rendere noto un secondo scritto del collega Bruno Baj che ci racconta la storia di un edificio religioso a lui caro: la chiesetta della Vergine Assunta di Podio, sul piano della Balbiana fra Chieri e Pino Torinese. In questa pagina vi proponiamo la prima parte del volumetto, di carattere autobiografico.
Piazza Scala

 

 

 

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Nei primi anni, dopo la seconda guerra mondiale, la mia famiglia ritornò al punto di partenza, nel luogo cioè dove i miei genitori si erano stabiliti subito dopo il matrimonio. Eravamo nel 1949 e ci sistemammo presso la “Casa Nuova’'’ (abitazione confinante con i giardini di Villa Nardi).
Dal ’49 al ‘52 frequentavo con tutta la famiglia le funzioni celebrate in questa Chiesa: le S. Messe domenicali e dei giorni festivi in genere, la novena dell’Assunta e la Messa di Natale a mezzanotte.
La strada, (duecento metri circa) a volte polverosa, a volte infangata, a quell’età mi pareva lunga e faticosa.
Nel 1952, in famiglia, era arrivata, nel frattempo, nuovamente la cicogna e la vecchia abitazione non pareva più idonea per i suoi sette componenti (la nonna paterna Anna, papà Ignazio, mamma Rina, due fratelli maggiori Romano e Gianfranco, il sottoscritto e una sorellina Anna Maria).
L’anno successivo trovammo nuova sistemazione presso l’abitazione civile nel piccolo complesso di Podio, costituito dalla Chiesetta, da un locale adibito a scuola e da un alloggiamento di tre camere e cucina.
La mamma apriva e chiudeva il cancelletto e la porta principale per le funzioni e curava la pulizia ordinaria dei locali dedicati al culto.
Si potrebbe dire, a questo punto, che fino al 1957 vissi di pane e chiesetta.
Imparai a fare il chierichetto. Tanti anni prima era toccato a mio padre e prima ancora, forse, a mio nonno.
“Servire Messa” era una delle cose che mi divertiva anche se nella liturgia preconciliare, come molti possono ricordare, bisognava trasportare il leggio, unitamente al messale, da un lato dell’altare all’altro, due volte. Ero piccolo di statura e mi sollevavo in punta di piedi per raggiungere la mensa producendo uno sforzo significativo, ma il mio giovane orgoglio mi impediva di rinunciare a quell’incarico.
Al termine della Messa, spente le candele collocate in alto con lo spegnitoio, di nascosto bevevo a garganella il poco vino avanzato nell’ampollina. Durante l’offertorio passavo, quando era il mio turno, a ”sopatè l’taschèt” (scuotere il sacchetto - raccogliere le offerte) e passando tra i banchi, lasciavo qualche livido a chi non era pronto a scansare il bastone, cui era fissato il sacchetto di velluto rosso, nella mossa repentina di ritrarlo per passare al banco successivo.
Chiudendo gli occhi rivedo, con la mente, tra i banchi di allora o al fondo della chiesa, in cantoria, tanti visi di donne e uomini che non ci sono più, ma che allora caratterizzavano, con la loro voce e con le loro risate il breve tempo di socializzazione, all’esterno dell’edificio, al termine della Messa domenicale e che per me e per gli altri ragazzi rappresentavano un rassicurante punto di riferimento.
Di loro, grazie all’iniziativa di Edoardo Doglio, è rimasto il ricordo e una fotografia nell’album dei defunti in fondo alla chiesa.
I rintocchi della campana, la sua voce, sono il ricordo più antico che ho della chiesetta. Quando ho cominciato a suonarla mi aggrappavo alla corda lasciandomi sollevare da terra ad ogni risalita della stessa.
Era un riferimento, un segnale che indicava l’ora, quando gli orologi erano pochi e spesso imprecisi.
Ho imparato a distinguere quel suono che ha scandito le domeniche, le festività infrasettimanali e coccolato di una misteriosa atmosfera ogni notte di Natale. Durante la novena dedicata all’Assunta noi ragazzini raggiungevamo la chiesa attraverso le vigne alla ricerca dei primi acini scuri, o attraverso i frutteti cogliendo qualche pesca matura (naturalmente non di nostra proprietà in quanto la frutta del vicino è sempre la più buona).
Nel giorno della festa, 15 di agosto, la campana pareva suonare più gioiosa mentre la chiesa appariva addobbata a festa con teli di damasco color porpora, ornati di frange dorate che addobbavano il portoncino di ingresso, le lesene, il cornicione e il presbiterio. Sentivo intenso il profumo dei fiori che la abbellivano tutta.
La solennità della S.Messa contagiava tutti e tutti si davano appuntamento per la Benedizione Eucaristica del pomeriggio. Al termine i bambini erano i primi ad uscire e ad accalcarsi attorno al carrettino dei gelati, che sostava all’esterno, con l’intento di sostituire l’odore dell’incenso con il fresco profumo, e il goloso sapore, di un cono cioccolato e crema.
I capi-famiglia si incontravano per degustare un buon bicchiere di vino conservato apposta per l’occasione.
Fin qui i ricordi di bambino.
Priorità della famiglia d’origine mi hanno allontanato nel 57 e altri motivi della mia famiglia mi ci hanno riportato nel 1979, con mia moglie Irene e nostro figlio Gabriele, che si trovò subito a condividere scuola e giochi con i figli dei miei amici di un tempo. La stessa cosa anche per la figlia Elisa, pochi anni dopo.

Mi sembrò di rivivere un po’ della mia fanciullezza all’ombra dei vecchi cipressi.
Il nuovo approccio da adulto verso la chiesetta è stato inevitabilmente diverso e più responsabile.
Ho accettato di collaborare con il parroco, insieme ad Albino Masera, per contribuire a gestire nel miglior modo possibile questo luogo di culto perché potesse essere di utilità non solo per l’attuale popolazione, ma anche per le generazioni future, come lo è stato per il passato.
Albino ed io siamo subentrati al Cav. Giuseppe Berutto (di tetti Ravotto) e a Primo Masera (di Podio) che per molti anni, precedentemente, si erano occupati della cappella.
In realtà, sia pure con modalità diverse, tutte le famiglie del luogo, da sempre si sono dedicate alla chiesetta.
Da tempo immemorabile due capi-famiglia, detti “massari o rettori”, ogni anno, bussavano ad ogni casa per raccogliere qualche offerta necessaria alla conservazione della cappella.
Fu poi stilato un elenco di tutte le famiglie disponibili a ricoprire l’incarico di rettori e la loro alternanza nel servizio.
L’inesorabile trascorrere del tempo e le esigenze della vita attuale hanno fatto sì che i nuclei famigliari che continuano a essere disponibili siano notevolmente ridotti di numero.
Quale incombenze spettano oggi ai rettori?
Principalmente quello di procurare qualche fiore (compatibilmente con le stagioni) per abbellire l’altare durante le funzioni religiose, per la festa dell’Assunta il 15 di agosto e approntare un piccolo rinfresco, da offrire ai presenti, al pomeriggio dello stesso giorno dopo la Benedizione Eucaristica.
Sono tantissime le persone che in tempi diversi, e per periodi più o meno lunghi, ma con eguale spirito di volontariato, si sono susseguite nel portare a compimento gli incarichi più svariati, in particolare quelli legati alla liturgia.
Mi è impossibile ricordarle tutte (mi scuso per questo), ma cercherò di nominare, senza entrare nei dettagli, almeno quelle degli ultimi trent’anni:
Edoardo Doglio, Marinella Pallaro, Irene Baj, coniugi Morelli, Giuseppina Piovano, Antonella Masera, , Beatrice Mares, tutti i lettori vecchi e nuovi, coloro che hanno guidato il rosario della novena di agosto, i chierichetti (tra questi vale la pena ricordare Diego Masera che all’inizio della sua collaborazione gattonava spesso tra i piedi del celebrante per spostarsi da un lato all’altro dell’altare e prendere il campanello da suonare durante la Consacrazione),
Molti hanno donato fiori, secondo le loro possibilità, e in più occasioni (non possiamo dimenticare Maria Grazia Cucco).
Alcune modifiche importanti, in seguito alle novità introdotte dal Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, sono state realizzate con lavoro e donazioni da alcuni artigiani e molti privati con donazioni di materiale di uso liturgico
In pratica, non c’è persona che abbia frequentato o che frequenti questo sito che in qualche modo non abbia dimostrato generosità, sia in denaro, sia in materiali, sia in mano d’opera verso ciò che questa struttura rappresenta.
D’altra parte se nel corso del tredicesimo secolo, o forse ancora prima, una stele, o forse meglio un pilone o una cappelletta dedicata alla “Madonna de roso” è diventata una Chiesa in grado di ospitare un centinaio di persone, un motivo ci deve pur essere.
E il motivo è da individuare nelle forte volontà della popolazione di tutte le epoche ad avere un luogo in cui esprimere il culto verso la Vergine .
Come potrete leggere nello scritto di Riccardo Ghivarello, dal 1824 con alterne vicende, per circa un secolo, era presente a Podio un cappellano che oltre alla liturgia aveva anche l’incarico di estendere l'istruzione elementare ai bambini della zona.
La residenza, attigua alla chiesa, dal 1930 (più o meno) e fino al 1953 è stata occupata ( a fasi alterne) da insegnanti che provvedevano all’istruzione dei bambini per le prime tre classi di scuola elementare. Da quell’anno, fino ai giorni nostri gli occupanti sono stati, nell’ordine, le famiglie: Baj, Parton, Alutto, Doglio, Palamini, Mares.
Le funzioni religiose sono state presiedute dal 1930 al 1966 dai Salesiani di Villa Moglia
A proposito: il nome corretto è: Villa “La Moglia”. Costruita sul sito di una antica e rustica filanda a metà del XVIII secolo dalla famiglia Turinetti di Chieri,venne venduta ai Marchesi Federici e da questi ceduta nel 1925 ai Salesiani che la destinarono a noviziato e, naturalmente, a fiorente e attivo oratorio (ndr) fino al 1966. La Villa passò nel 1970 all’istituto Bonafous ed ora, dal 1987 è proprietà del Comune di Torino. E’ definita di interesse culturale fin dal 1939. (1)
Dalla chiusura di questa struttura e per circa quattro anni la chiesetta è stata praticamente priva di celebrazioni, fatta eccezione per il 15 agosto di ogni anno, festa liturgica dell’Assunta cui è dedicata la chiesa, di certo, fin dal 1677.
Molte notizie sono state confermate dalla “memoria storica” dei fratelli Luigi e Attilio Menzio di
“Terrabianca
Queste brevi note storiche sono scritte nel momento in cui la memoria, appunto, di alcuni (ricchezza che temiamo di perdere) è ancora in grado di passare alle generazioni future ciò che sarebbe destinato a cadere nell’oblìo e mai più recuperato, se non solo parzialmente, attraverso pochi e incompleti, eventuali, documenti ufficiali.

 

Bruno Baj

(1) Da una dichiarazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte del 21 ottobre 2005 a firma Dr. Mario Turetta.

 

 

Galleria fotografica

A. Pedrini, Un quadro e un pò di storia della villa
'La Moglia' a Chieri", Torino, giugno 1959

 

Villa 'La Moglia' oggi (Gabriele Baj - giugno 2012)

Facciata della chiesetta del Podio (foto Martini - 1940)

 


La chiesetta vista dal Piano della Balbiana (foto Martini 1940

La chiesetta del Podio oggi (Gabriele Baj - giugno 2012)

 

Foto di Piero Pelazza (Pino Torinese - 2012)


 

Interno della chiesa e quadro dell'Assunta
(Bruno Baj - giugno 2012)

 

 

 

 

 

 

 

 

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