Piazza Scala

 

 

Mi trovavo nella vasca da bagno, immerso nell’acqua calda fino al mento, gustando il piacere del calore fino al profondo delle ossa. Vidi sull’orlo della vasca una bottiglia bianca in plastica. La presi e lessi l’etichetta. Diceva: “Latte d’Asina”. Ricordai che una delle mie figlie, la più volitiva, l’aveva regalata a Teresa in occasione di una delle sue ultime visite. Latte d’asina. Lessi anche la descrizione in piccole lettere sull’altro lato della bottiglia e capii che si trattava di vero e proprio latte ricavato dalla mungitura di un asino femmina, forse un po’ allungato o parzialmente scremato per commercializzare separatamente la panna a scopo culinario.

L’etichetta decantava le proprietà benefiche del bagno nel latte di questo animale solitamente così disprezzato, tanto che spesso lo si paragona a certi individui della razza umana, recalcitranti (di qui l’analogìa) all’apprendimento umanistico e ancor più scientifico. Ricordo che a scuola c’era il “banco degli asini” in fondo all’aula, dove la maestra o il maestro confinava temporaneamente chi non voleva seguire le lezioni o disturbava o non faceva i compiti a casa.

Immerso, come ho già detto, nel calore dell’acqua, cominciai a fantasticare: mi vidi mungitore in una stalla puzzolente piena di asine sui due lati e, in fondo, un unico asino maschio dall’aria di play boy, guardato con desiderio da quasi tutte le asine della stalla. Alcune ostentavano indifferenza e freddezza, come avviene anche nella razza umana.

Invidioso di un mio nipote in procinto di brevettare una macchina infernale di sua invenzione, immaginai di costituire una grande impresa per la produzione e la commercializzazione del latte d’asina, i mungitori bergamaschi sostituiti da mungitrici automatiche che convogliassero il prezioso liquido verso alcune grandi botti di acciaio inox che alimentavano imbottigliatrici, poi etichettatrici, poi impacchettatrici, carrelli elevatori, nastri trasportatori, autotreni pronti a partire per tutte le destinazioni dove attendevano con pazienza donne desiderose di rendere più vellutata e degustabile la pelle dei loro corpi avviati ormai, ahimè, ad una graduale putrescenza.

Immaginai vasche da bagno capienti, colme del latte da me prodotto, contenenti donne nude, felici e benedicenti il mio nome e il mio logo.

Il problema, ad un certo momento me ne resi conto, consisteva piuttosto nel reperimento, nell’allevamento, nell’alloggiamento di decine di migliaia di asini. Pensai al costo proibitivo della costruzione di tante stalle e del costo rappresentato dall’assunzione di personale bergamasco per gestirle, di manager di stalla, meccanici, ragionieri, veterinari, donne di pulizia, guardie giurate, seppellitori. Immaginai quindi una diversa organizzazione, basata sul concorso decentrato delle famiglie.

Ecco, in poche parole, il piano. Ogni gruppo familiare dovrebbe adottare una o due asine fornendo il locale dove alloggiarle, ad esempio un box, una terrazza, un ripostiglio, la camera degli ospiti, impegnandosi alla mungitura due volte al giorno. L’organizzazione centralizzata, che potrebbe anche essere in forma di cooperativa, denominata ad esempio “CoopCiucolat”, o fondazione ex bancaria, fornirebbe il fieno o il mangime e, tre o quattro volte all’anno, l’asino maschio per la necessaria fecondazione. Basterebbe un asino ogni venti femmine, a rotazione. Il divertimento delle stesse non dovrebbe eccedere, appunto, un soggiorno del maschio di tre o quattro giorni, ogni trimestre. Sarebbe prevista anche la possibilità per i detentori di inviare le proprie femmine presso appositi centri di accoppiamento gestiti dall’organizzazione centrale, ovviamente dietro corresponsione di una tariffa di mercato, calcolata in base ad apposite tabelle, redatte con la consulenza dell’UNPAC (Unione Nazionale Prostitute di Azione Cattolica) o dell’AIMD (Associazione Italiana Meretrici Democratiche).

Il latte appena munto sarebbe immesso in appositi bidoncini in acciaio inox, raccolti ogni sera porta a porta dall’Organizzazione centralizzata che li imbottiglierebbe durante la notte stessa e li avvierebbe alla grande distribuzione. Ogni famiglia avrebbe diritto ad una quota del latte, confezionato in bottiglie da 2 litri o in taniche da 5 o 10 litri.

Le facoltà rigenerative e vellutanti della pelle da parte del latte d’asina sono note. Bastano un paio di litri mescolati all’acqua calda della vasca da bagno e un paio d’ore d’immersione, ingannando il tempo con la Settimana Enigmistica idrorepellente.

Uscii dalla vasca da bagno e volli provare su me stesso il latte della bottiglia e mi sentii subito più giovane.

 

Giacomo Morandi
marzo 2013

 

 

 

 

 

 

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Piazza Scala - marzo 2013