Acqua, allarme arsenico in provincia di Viterbo
Una premessa: nessuno mi paga ma anzi pago quotidianamente l’essere
partecipe ai fatti che accadono nel territorio in cui risiedo:
Capranica in provincia di Viterbo. Riuscite ad immaginare cosa
significa approvvigionarsi di acqua per qualunque uso alimentare e
igiene personale? Portarsi a casa
litri di acqua presa a una fonte che viene indicata come sicura da
arsenico e altri veleni? E ora andiamo avanti. Questa mattina mi è
stato segnalato un articolo da varie persone amiche, pubblicato su
Il Fatto online e spero anche prima o poi sul cartaceo: Acqua,
allarme arsenico in provincia di Viterbo.
“…In alcune zone la concentrazione di arsenico va oltre anche
l’ultima deroga concessa a marzo dalla Commissione Europea su
pressione del governo italiano (limite massimo 20
microgrammi/litro), raggiungendo punte di concentrazione fino a
cinque volte i limiti massimi di legge. E’ il caso di alcune zone
dei comuni di Capranica, Civita Castellana, Fabrica di Roma e
Vetralla. Zone dove nessuno dovrebbe usare l’acqua che esce dal
rubinetto, neanche per cucinare la pasta. Zone dove ancora non è
stato realizzato nessun impianto di potabilizzazione, nonostante i
poteri straordinari concessi dal governo…”
Si da il caso che abito a Capranica, paese che votò in massa SI agli
ultimi Referendum e comune tristemente menzionato, da cui scrivo in
maniera continuativa on line, malgrado non sia una giornalista e/o
una simpatizzante di nessun Ordine. Sul Tema Arsenico e Acqua,
troverete alla fine tutti i riferimenti, come l’ articolo in
questione con relativo video. Nella stessa giornata ho appreso anche
Talete, stipendi a rischio: “ …Rappresentando le istanze dei
lavoratori di Talete Spa, le scriventi Rsa aziendali di Talete Spa e
le segreterie territoriali di categoria dichiarano lo stato di
agitazione di tutto il personale e convocano un’assemblea dei
dipendenti di Talete Spa presso la sede dell’amministrazione
provinciale in via Saffi 49 alle 10 di lunedì 21 novembre, in
corrispondenza dell’assemblea dei soci. Per troppo tempo abbiamo
dimostrato pazienza e comprensione a fronte di precise
responsabilità e colpevoli ritardi, garantendo comunque il corretto
andamento del servizio a fronte di difficoltà operative sempre
crescenti e al tentativo di fare del personale dipendente un comodo
capro espiatorio della drammatica situazione societaria. Oggi,
accanto al rischio del fallimento di un’esperienza gestionale
all’avanguardia come la gestione pubblica dell’acqua, che a parole
tutti vogliono ma nei fatti non assecondano, siamo arrivati alla
concreta possibilità che non vengano erogati gli stipendi dei
lavoratori. E’ una situazione inaccettabile che 160 famiglie possano
venir private della fonte di sostentamento in periodi particolari e
duri come quello che stiamo attraversando, tale da far presagire una
vera e propria crisi sociale, l’ennesima, per il nostro territorio.
Per questo i lavoratori potranno guardare negli occhi e verificare
in diretta quello che i principali artefici di tale situazione
potranno e dovranno fare per invertire la rotta e rilanciare questa
società. In alternativa lo stato di agitazione sfocerà in azioni
concrete di lotta e sensibilizzazione a tutela dei lavoratori e dei
cittadini tutti. Rsa Talete Spa Segreterie territoriali Filctem-Cgil,
Femca-Cisl, Ugl-Energia, Uilcem-Uil, Cisal-Federenergia 16 novembre,
2011 – 17.40″
Riguardo alla Talete, un concittadino, Memmo Buttinelli, amico
peraltro di Capranica ha scritto recentemente su On Tuscia: Talete,
Buttinelli: “I sindaci della Tuscia non conoscono nemmeno il
significato di gestione partecipata”.
Pensate che sia possibile fare qualcosa? Denunciare ad esempio
questa attività freneticamente omertosa e dove anche l’informazione
fa “acqua avvelenata” da tutte le parti? Grazie a nome mio e dell’
Associazione Culturale Portodorida. Perchè anche l’Acqua è Cultura,
oltre che bene primario, di tutte e tutti. E non mi rispondete
“L’arsenico nell’acqua viterbese c’è sempre stato, e abbiamo bevuto
senza problemi nonni e nipoti…” Datelo a bere alle vostre famiglie
con 4 salti in padella. Io non lo bevo. Con l’acqua.
Doriana Goracci
Capranica 17 novembre 2011
In molti acquedotti dei comuni del Viterbese è stata rilevata una
concentrazione d’arsenico oltre i 10 milligrammi/litro consentiti. Una
situazione giudicata a rischio dalla stessa Organizzazione mondiale della
sanità.
Un anno fa nel Lazio scoppiava l’emergenza arsenico nell’acqua potabile, per
una contaminazione che rimane grave ancora oggi, nonostante le promesse
fatte dalla Regione alle autorità di Bruxelles.
Il 28 ottobre 2010 la Commissione Europea aveva comunicato alle autorità
italiane che non avrebbe accettato l’ennesima richiesta di deroga, che
avrebbe consentito di innalzare di cinque volte i limiti di legge, come è
avvenuto dal 2001 ad oggi. Tra le istituzioni – Regione, ministero della
Salute, comuni – scoppiò il panico e per diversi mesi nessuno sapeva bene
cosa fare, nonostante la politica della deroga (ovvero l’innalzamento solo
formale dei limiti di legge) proseguiva da una decina di anni. Il 17
dicembre il governo decretò lo stato di emergenza, dando pieni poteri al
governatore Renata Polverini. Poi il silenzio è calato lentamente
sull’intera vicenda, mentre tra dodici mesi finirà per sempre ogni
possibilità di ottenere nuove deroghe dalle autorità europee.
Nel Lazio la provincia di Viterbo è stata la più colpita, con concentrazioni
di arsenico nell’acqua che esce dai rubinetti altissima. Una presenza
naturale che si va ad aggiungere agli inquinanti, creando una situazione
giudicata a rischio dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità.
A distanza di un anno in questa zona del Lazio del nord poco o nulla è
cambiato. Sul sito della Asl di Viterbo sono stati pubblicati i risultati
delle analisi dell’acqua per uso umano realizzate nel mese di ottobre. La
situazione è decisamente grave: il superamento del limite di legge (10
microgrammi/litro di arsenico) colpisce molti comuni. In alcune zone la
concentrazione di arsenico va oltre anche l’ultima deroga concessa a marzo
dalla Commissione Europea su pressione del governo italiano (limite massimo
20 microgrammi/litro), raggiungendo punte di concentrazione fino a cinque
volte i limiti massimi di legge. E’ il caso di alcune zone dei comuni di
Capranica, Civita Castellana, Fabrica di Roma e Vetralla. Zone dove nessuno
dovrebbe usare l’acqua che esce dal rubinetto, neanche per cucinare la
pasta. Zone dove ancora non è stato realizzato nessun impianto di
potabilizzazione, nonostante i poteri straordinari concessi dal governo.
La Regione Lazio nel dicembre dello scorso anno aveva assicurato la C.E. che
la situazione era sotto controllo, e che gli impianti di potabilizzazione
erano in sostanza quasi pronti. Nella richiesta di una nuova deroga – che in
ogni caso sarà l’ultima, secondo la direttiva acque dell’Unione Europea –
presentata dalla Direzione regionale ambiente della Regione Lazio il 14
dicembre 2010, i funzionari parlavano di “interventi realizzati ed in fase
di finalizzazione con avanzamenti rispetto al piano di rientro programmato.
In particolare in corso di accelerazione – si legge nel documento inviato a
Bruxelles - le opere di esecuzione relative al riassetto di
approvvigionamenti, rete e trattamenti”. In sostanza per la direzione
ambiente mancava poco all’inaugurazione dei nuovi sistemi idrici che
avrebbero portato finalmente acqua potabile nelle case dei viterbesi.
Dopo un anno solo due impianti sono stati aperti, con due storie differenti
e significative. La buona notizia riguarda il piccolo comune di Vitorchiano,
dove il sindaco Nicola Olivieri si è rifiutato di consegnare gli impianti al
gestore dell’acqua designato dalla Regione, la Talete Spa. Qui la scorsa
estate è entrato in funzione un impianto nato da una collaborazione con il
Cnr, finanziato dalle casse comunali, che poi cercheranno di rivalersi sulla
Regione Lazio. Il tasso di arsenico è sceso stabilmente sotto il limite di
legge, con una media nella centrale piazza Roma di 7 microgrammi/litro. Il
piccolo comune del viterbese fu il primo a dichiarare ufficialmente la non
potabilità dell’acqua dopo la decisione della Commissione europea di non
accettare un’ulteriore deroga; subito dopo l’amministrazione comunale
organizzò un’assemblea cittadina, per decidere insieme alla popolazione come
reagire.
Lo stesso miracolo non è avvenuto a Nepi, dove la concentrazione di arsenico
continua ad essere su livelli considerati pericolosi per la salute umana,
nonostante l’inaugurazione in pompa magna di un impianto di
dearsenificazione sull’antico acquedotto che dal 1500 porta l’acqua in
città. Il sindaco di Nepi – che ha finanziato l’opera, costata 863 mila euro
– era sicuro nel giorno dell’inaugurazione, avvenuta davanti allo stato
maggiore della Regione: “Queste macchine abbatteranno l’arsenico ad 1 mg per
litro, contro i dieci ancora consentiti dalla legge europea in materia, in
questi giorni alzati a 20”. Secondo gli ultimi dati della Asl nella sua
città la situazione è ben differente: dopo il trattamento l’acqua esce
ancora con un contenuto di arsenico superiore ai limiti di legge, con una
concentrazione di 15 microgrammi/litro, mentre in città la situazione è
ancora più grave.
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