Abbiamo il piacere di presentare Aliti d'Autunno (ottobre 2014), l'ultima silloge poetica del collega Giovanni Lorè.

Questa nuova e nutrita raccolta di poesie silloge presenta un Lorè inconfondibile e, nello stesso momento, nuovo, imprevisto, oltremodo scavante, ulteriormente rafforzato nella marcatura del verso, mai stanco d’essere incline a intrigare, e adesso pure ad avvolgere di insospettate luci i suoi crepuscoli.
Il libro presenta inoltre una serie di acquerelli (tanto complementari ai testi da risultare irrinunciabili, dato proprio il loro carattere di ‘monologhi interiori visivi’) e filastrocche rimate, gustose e penetranti interpretazioni / variazioni su temi di Gianni Rodari.

Dice di lui il giornalista e scrittore Rodolfo Tommasi ("La coscienza in versi di Giovanni Lorè"):

"""Se Lorè, invece di orientare la sua espressione nell’ambito della poesia e della pittura (i suoi acquerelli, tecnicamente sapienti, sono anche ineffabili frasi, intonazioni evocative proiettate oltre i limiti della parola scritta) fosse stato musicista, avrebbe sicuramente percorso i territori della grande tradizione melodica italiana, ma attraverso una cifra stilistica e sostanziale di tale profondo intimismo da risultare inedita per grado e carattere. Preparazione indicativa a ogni silloge, per esempio, è già il titolo, il quale, appunto, reca in sé un nucleo fonico di imprescindibile suggestione contenutistica e nel medesimo tempo si forma come la sintesi - o il fuoco centrale - di un possibile verso (un virtuale frammento del libro fuori dalle pagine del libro). Ricordiamoli, questi titoli: Ali di pietra (quella p, seguita da t e r, implicativa pesantezza e frana, sembra far precipitare il lirismo nella scabrosità del vero); Nebbie (la doppia b, che rafforza nella parola-immagine un senso di irreversibile isolamento); Echi di silenzi (un esplicito e deciso invito ad accedere alla dimensione metafisica del suono).
E come se Lorè andasse a individuare sin dal titolo il vertice dell’allusività e la sua sostanza quintessenziale nei reconditi anfratti dei più ombrosi - e insieme illuminanti - approdi della percezione. E cosa fa di diverso, fondamentalmente, il musicista?
Lorè ha sempre dimostrato, e in particolare dimostra in questa nuova raccolta, che l’innegabile parentela tra la musica e la poesia non sta nella tendenza (o volontà) della parola e del verso ad essere di per sé fluidamente musicali, ma sta nella consanguinea area di analoga comunicazione sovrarazionale che le unisce, dove non esiste o niente vale la logica dei rapporti quotidiani con il linguaggio, poiché fatalmente si instaura un codice comunicativo che richiede una disposizione alla lettura e all’ascolto aperta ai sovvertimenti dell’ordine e delle certezze. E giusto qui, infatti, risiede il canto di questi versi, un canto da identificarsi con la modulazione dei sentimenti da cui essi nascono, tutta tesa a far comprendere, nel suo incedere significante, che mai la parola è soltanto l’inquilina di un comune vocabolario, e quanta linfa pulsi nella sua verità umana fatta di respiro interiore, pensiero, luce, ombra, emozione e rivelazione. L’intima personalità dello scrivente si paleserà allora al lettore da un territorio di necessaria espressione esistenziale in cui non sono ammesse la mera convenzione e l’interpretazione univoca, unilaterale, del testo; un territorio che da Ali di pietra è la selva degli enigmi e degli incanti di Lorè.
Se insisto a scrivere di enigmi e di incanti (e talvolta verrebbe da dire di sortilegi), dopo aver frequentato a lungo la poesia di questa ‘voce ligure’ del nostro tempo, capace di mantenere alto il livello della tradizione poetica timbrata dal Novecento su tale sottile, arcuata e inquieta regione, se, insomma, trovo giusto ancora insistere su certe peculiarità di scrittura, naturalmente si deve al fatto che la nuova e nutrita silloge presenta un Lorè inconfondibile e, nello stesso momento, nuovo, imprevisto, oltremodo scavante, ulteriormente rafforzato nella marcatura del verso, mai stanco d’essere incline a intrigare, e adesso pure ad avvolgere di insospettate luci i suoi crepuscoli, a maturare nella visione pacificante il caldo sussulto del pensiero mosso tra panneggi nostalgici......."

Alcune poesie tratte dal volumetto
Clicca sui links per visualizzarle
Rime senza tempo (filastrocche per i bambini)
Favole di Gianni Rodari, liberamente interpretate

Clicca sui links per visualizzarle

 

 

 

 

Giovanni Lorè è anche un eccellente pittore: arricchiscono la silloge "Aliti d'autunno" alcuni suoi acquerelli. 
Ne presentiamo dieci: cliccate sulle miniature per visualizzarli

 

 

 

GIOVANNI LORÈ, nato nel 1941 a La Spezia

(e ex Comit doc), è figura di rilievo nell’ambito di importanti manifestazioni culturali e certami letterari, nei quali ha ottenuto lusinghieri riconoscimenti di critica e di pubblico. Presente in molte qualificate antologie, compare anche nel volume di saggistica letteraria Solchi di scritture di Giorgio Luti e Rodolfo Tommasi (Ed. Helicon) dove viene definito “poeta delle espressioni raschianti” e “una delle voci più nuove ed interessanti nell’ambito della scrittura poetica italiana”. Citato pure in Letteratura italiana del XXI secolo: primo dizionario orientativo degli scrittori a cura di Francesco De Napoli e Rodolfo Tommasi (ibid., 2010) e in Letteratura italiana contemporanea: figure e orientamenti di Andrea Pellegrini e Cristiana Vettori (ibid., 2013). Sempre con la casa editrice Helicon ha dato alle stampe tre florilegi poetici: Ali di pietra (2007), Nebbie (2009) ed Echi di silenzi (2012). In corso di pubblicazione Letteratura Italiana contemporanea - Antologia del nuovo millennio (Ed. Helicon) che conterrà ulteriori indagini sulla produzione dell’autore.

 

 

 

 

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Piazza Scala - settembre 2015