Arnaldo De Porti e l'agricoltura
AGRICOLTURA - OGGI NE SA PIU’ IL CONTADINO CHE I LUMINARI DEL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI…
Non solo il
mondo agricolo, ma anche coloro che, come lo scrivente,
hanno l’hobby di coltivare qualche verdura o frutto allo
scopo di mangiare un prodotto sano, si sono accorti che oggi
non cresce più niente salvo che non si proceda attraverso
determinate tecniche che andrò poi a spiegare.
Premesso che l’agricoltura biologica, a mio avviso, non
esiste e che, quando i commercianti dicono di vendere
prodotti biologici, dicono cose false, prescindendo dallo
loro eventuale buona fede, vorrei giustificare quanto sto
dicendo con osservazioni sul…campo (è proprio il caso di
dirlo).
Oggi si tengono infiniti convegni nei quali luminari del
settore delle scienze ambientali disquisiscono sulle
diversità biologiche in agricoltura, ma detti luminari, al
contrario di quanto osservano gli umili ed onesti contadini,
non si sono ancora accorti che la terra, l’ambiente e l’aria
sono seriamente ammalati.
Provate – e con l’ esempio che segue mi si capirà meglio – a
mettere a dimora una semplice piantina di pomodoro. Essa
inizierà a crescere un po’, ma poi se non la si copre con un
telo di plastica, il frutto di questa pianta prenderà la
malattia, diventerà nero ed in qualche giorno sarà destinato
a marcire. Nella mia provincia, ma anche in tante altre,
ormai tutti sono soliti coprire queste piante con un telo ad
evitare che le piogge acide, l’aria stessa, le contamino. E
qualcosa, per fortuna, ancora si riesce ad ottenere. Ma fino
a quando ?
Su questo
argomento, nessuno mai apre bocca, tranne i diretti
interessati, costretti ad un sacco di artifizi per ottenere
un qualche risultato. Un altro piccolo esempio. Una volta
bastava mettere a dimora un semplice nocciolo di ciliegia,
magari appena mangiata, e di lì a qualche mese faceva
capolino una piantina di ciliegio. Oggi, questo non succede
più perché, a mio avviso, non esistono più le condizioni
climatiche, ambientali, ma anche del terreno, che possano
consentire un normale processo di crescita: le piantine
crescono solo se innestate in una pianta selvatica. Il
discorso sarebbe lungo e non andrebbe sottaciuto che le
conseguenze, anche se la vita presenta oggi un trend più
lungo rispetto ad una volta, stanno diventando a mio avviso
davvero preoccupanti.
Da queste semplici riflessioni, alla portata di tutti, si
evince che oggi non si può più parlare di colture biologiche
in quanto il terreno incomincia ad essere inquinato non solo
dai fattori atmosferici, ma anche dallo stesso letame, alias
stallatico, che si adopera normalmente per la concimazione.
Perché, lo stallatico presenta già delle alterazioni in
funzione degli alimenti che si danno alle vacche, ai
cavalli, ai maiali: oggi infatti, detto bestiame viene
alimentato con i cosiddetti “pastoni” e non più con le erbe
fresche di una volta che adesso - ahimè – sono pure loro
inquinate. Detti pastoni contengono varie sostanze, a volte
anche antibiotici, ad evitare che il bestiame si ammali. Di
conseguenza, da un processo di questo tipo, diventa
seriamente difficile poter parlare di agricoltura biologica.
Anzi, essa non esiste affatto.
Che fare ? Quali rimedi, prima che il pianeta si ammali,
come successe con la cosiddetta peste di Atene ?
Qualche anno fa scrissi :
....omissis… il tifo della
terra, alias peste di Atene, è un evento che potrebbe fra
non molto manifestarsi per non consentire più al terreno di
produrre frutti dopo la semina, in quanto la terra,
attualmente, si regge sull’equilibrio dei veleni ove, per
debellarne uno, se ne crea un altro e così via (già da
molto, i frutteti non rendono più, chiedetelo al contadino
!); parlavo, con grande anticipo, della mucca pazza tanto da
considerarmi, senza volerlo, quasi un portatore del
malaugurio; parlavo anche dei polli ai quali si sottrae, a
scopi commerciali, una crescita fisiologica secondo le
esigenze di madre natura ecc.ecc. Il tutto con i risultati
che abbiamo e stiamo anche ora esperimentando sulla nostra
pelle, senza che i cosiddetti “luminari” avessero o abbiano
a dire qualcosa in proposito, protetti come sono dalle loro
nicchie ricchissime e dorate…lungi dalle variegate realtà
rispetto al bravo contadino…. ecc.ecc..”
Mi è rimasto impresso un discorso fatto all’ONU da un
esponente del terzo mondo, il quale ha detto:
La Terra ha la febbre, e
la malattia di cui soffre si chiama capitalismo.
Pretendere di curarla con le stesse ricette a base di
crescita illimitata e di «consumismo irrazionale e
diseguale» significa, pertanto, solo aggravare il male.
Meglio invitare al suo capezzale i popoli indigeni, e
«gli abitanti umili e onesti di questo pianeta»,
chiamandoli ad assumere l’avanguardia della difesa della
natura e della vita. Le loro medicine avranno per alcuni
un sapore amaro, ma saranno efficaci: una riduzione tra il
60 e l’80% delle emissioni di anidride carbonica da parte
dei Paesi del Nord, la ristrutturazione dell’Organizzazione
Mondiale del Commercio e la creazione di un’Organizzazione
Mondiale dell’Ambiente, l’adozione di un indicatore che
combini l’Indice di sviluppo umano con l’Impronta ecologica,
l’introduzione di alte imposte sulla «superconcentrazione di
ricchezza».
Cosa ho voluto dire partendo dal semplice…pomodoro che non
cresce più per finire a quel capitalismo che, in un’ottica
globale ed estensiva della produzione agricola, non permette
più di crescere al pomodoro stesso ?
Ho voluto dire,
in maniera sicuramente molto provocatoria, quasi mutuando le
favole di Fedro, che non è affatto escluso che il pianeta,
se si continua di questo passo, possa subire un grosso
contraccolpo e non offrirci più niente. Ma soprattutto ho
inteso dire che i nostri luminari, scendendo dai loro altari
scientifici, forse avrebbero la necessità di consultarsi con
i…popoli indigeni a difesa della natura e della vita.
Arnaldo De Porti - settembre 2011