|
una seconda avventura (questa volta sull'Appennino) di Claudio Santoro
n.b.: cliccare sulle immagini per ingrandirle
Martedì 7 giugno 2011 –
Bardi – Passo di Linguadà – Groppallo – Mareto
Le previsioni meteo erano esatte. Già in nottata un
temporale aveva scaricato acqua e la colazione al b & b si
svolge in una giornata plumbea e acqua battente. Si prende
tempo per organizzare la giornata e, carta alla mano, si
esaminano le varie soluzioni. Alla fine la signora Silvana
ci propone di portarci in auto al passo di Linguadà, dove
finisce la provincia di Parma e inizia quella di Piacenza.
Sono poco meno di 12 km e, seppure con una certa titubanza,
accettiamo l’offerta. La guida della signora sul suo SUZUKI
VITARA ci fa comprendere subito che è certamente più
pericoloso accettare il suo passaggio che procedere sulla
via con la pioggia, ma il passo (938 mt) viene raggiunto e
dotati di mantelle, copri zaino e tutto quanto è necessario
per camminare sotto la pioggia, si inizia il cammino,
ovviamente su asfalto, dato che è impensabile marciare nei
boschi con una simile giornata. Altrettanto impensabile è
utilizzare la “variante alta” del Monte Lama alla quale, due
giorni dopo, rinuncerà anche la batteria da undici che ci
segue a distanza.
Dopo un caffè caldo a Bruzzi si arriva a Groppallo che ci
sembra una piccola metropoli con i suoi negozi di generi
alimentari e ci facciamo un panino, con il pane del giorno
prima, perché quello fresco non è ancora arrivato, all’Hotel
Salini. Quattro chiacchiere con il titolare e si riprende a
camminare sotto la pioggia incessante. Decidiamo di
raggiungere Mareto. In questo modo ci facciamo una “onesta”
tappa di 30 km e l’Hotel dei Cacciatori risulta quanto mai
logisticamente opportuno.
A Farini d’Olmo la titolare del bar ci conferma che non c’è
un posto per pernottare. Date le dimensioni dell’abitato una
locanda o un b & b potrebbero lavorare.
Attacchiamo la salita per San Savino sotto pioggia battente;
sono circa 5 km e quasi 500 metri di dislivello e la fatica
inizia a farsi sentire. Ci viene la ridarola nel vedere un
furgoncino delle Poste italiane che passa e ripassa sulla
strada: ma consegnerà le lettere una alla volta?
Una fermata di rifiatamento al coperto, presso il cantiere
di una casa in costruzione e poi si punta a Mareto. Passano
poche macchine e si vede poca gente in giro. Una donna
trasporta un carriola di letame dalla stalla e si pensa alla
vita dura della campagna e al fatto che sono gli anziani a
condurla. Mario ci confermerà che vi sono paesi appenninici
abitati solo da anziani e che il loro progressivo
spopolamento è una realtà concreta. Si ferma una GOLF e ci
chiede se vogliamo un passaggio, ma tiriamo diritto.
Un ultimo strappo e si giunge a Mareto. Angelo, nonostante
la copertura, scopre di avere lo zaino zuppo e neanche a
parlarne delle condizioni degli scarponi e delle calze. In
queste situazioni non c’è gore-tex che tenga.
Finalmente ci tocca una camera con letti separati in un
albergo che farebbe la felicità di un appassionato di
vintage. Il ristorante si vede che è ben tenuto e rinnovato,
ma la stessa sorte non è toccata all’albergo che il titolare
ci definisce “troppo grande” e adatto più alle
frequentazioni degli anni “60 e “70 che non a quelle
odierne. Ma la doccia calda c’è e gli scarponi vengono
ospitati nei locali della caldaia dove un po’ di calore
dovrebbe agevolarne l’asciugamento.
La cena è semplice e buona e, considerata anche la prima
colazione dell’indomani, i 35 euro a testa ci sembrano
ragionevoli.
Le chiacchiere sul Piacenza calcio che si gioca la
permanenza in Serie B (non ce la farà), sugli Inzaghi
originari di questi posti e sul magico Barcellona, insieme
ad una camomilla calda, costituiscono un buon viatico per
andarsene a letto.
Fine quinta puntata (continua)